BOTTONI, Pietro (Piero)
Nacque da Vincenzo e da Carolina Levi l'11 luglio 1903 a Milano, città dove abitò sempre e a cui legò gran parte della sua attività.
Conseguito il titolo di professore di disegno architettonico presso l'Accademia di belle arti di Milano, si laureò poi, nel 1926, presso la Scuola superiore di architettura del politecnico. Nell'aprile del 1928 partecipò, con un progetto sull'uso dei colore nelle quinte edilizie delle vie urbane, alla I Esposizione italiana di architettura razionale svoltasi a Roma, annunciando così, sin dagli esordi, la sua convinta e piena adesione alle idee razionaliste (Cromatismi architettonici, in Architettura e arti decorative, VII [1927-1928], pp. 80-85; L. Meneghetti, La città cromatica, in Le Corbusier "Urbanismo", Milano 1983, pp. 23-25). Nel 1930 fu tra i fondatori del Movimento italiano per l'architettura razionale (MIAR); nel dicembre partecipò alla terza edizione dei Congrès internationaux d'architecture moderne (CIAM) svoltosi a Bruxelles e poi, nel 1933, al IV CIAM di Atene, restando membro e delegato CIAM per l'Italia fino al 1951. Dal 1929 fece anche parte del Comité international pour la résolution du. problème architectural contemporain (CIRPAC). Ancora nel 1930 realizzò il funzionale arredamento della cucina nella "casa elettrica" sorta per iniziativa della società Edison alla IV Triennale di Monza (O. Selvafolta, Studi, progetti, modelli e oggetti del razionalismo italiano, in Rassegna, II [1980], n-4, pp.255.; G. Polin, La casa elettrica di Figini e Pollini, Roma 1983, passim). Nel marzo 1931 fu presente con più opere, fra cui un progetto di villa sul mare, alla II Esposizione italiana di architettura razionale tenutasi a Roma. Il tema della villa unifamiliare fu ripreso dal B. negli anni successivi portando a realizzazione, fra l'altro, la villa dello Strologo a Livorno (P. Ma., Villa di un professionista a Livorno, in Architettura, XV [1936], pp. 65-67), la villa Davoli a Reggio Emilia, entrambe del 1934, e una innovativa trasformazione di una villa settecentesca nei pressi di Imola, fra il 1935 ed il 1938 (in collaborazione con M. Pucci): tutti progetti che mostrano una completa adesione ad un linguaggio funzionale, privo di enfasi e teso anzi ad una minimizzazione degli elementi linguistici.
Ma in quegli anni il B. fu soprattutto partecipe, con grande coerenza morale, della battaglia per l'affermazione dei ruolo sociale dell'architettura moderna, facendosi propagandista dei suoi ideali teorici e pratici e riportando nella situazione culturale italiana le esperienze internazionali, in primo luogo di matrice tedesca, da lui direttamente conosciute.
È in questa ottica che vanno viste le collaborazioni a vari periodici (Rassegna di architettura, Quadrante, ecc.) e tante fra le esperienze progettuali di quegli anni: la partecipazione nel 1932 (in collaborazione con E.A. Griffini, E. Faludi e G. Manfredi) al concorso bandito dall'Istituto autonomo case popolari di Milano per un quartiere di abitazioni nella zona di S. Siro, con un progetto connotato da un rigoroso esame degli standard abitativi e dalla socializzazione dei servizi (F. Reggiori, Il concorso per il quartiere "San Siro" dell'Istituto delle case popolari di Milano, in Architettura, XII [1933], pp. 57-58); la realizzazione alla V Triennale di Milano del 1933 di un gruppo di casette per villeggiatura (in collaborazione con E. Faludi e E. A. Griffini) e di alcuni tipi di alloggio popolare (in collaborazione con il Griffini), in cui, come risposta alle carenze abitative del momento, erano introdotti metodi standardizzati di costruzione e arredo (La V Triennale di Milano, ibid., fasc. speciale, pp. 54-57, 66-67); la geometrica casa d'abitazione realizzata nel 1934 in via Mercadante a Milano (B. Moretti, Case d'abitazione in Italia, Milano 1939, pp. 98 s.).
Nel quarto decennio il B. si inserì anche nel dibattito in corso sulla caratterizzazione della disciplina urbanistica, attraverso la partecipazione alla redazione di piani urbanistici innovativi, come quelli presentati ai concorsi per il piano regolatore di Verona nel 1932 (L. Piccinato, Il concorso per il piano regolatore di Verona, in Architettura, XII [1933], pp. 512-518, 530), per il piano regolatore di Piacenza nel 1933, o di Como nel 1934. Nel 1936 ebbe l'incarico di organizzare, alla VI Triennale di Milano, la sezione di urbanistica nella mostra internazionale di architettura (in collaborazione con F. Natoli e M. Pucci); in essa si tentò di esemplificare le caratteristiche programmatorie di questa scienza in relazione alle nuove esigenze urbane. Per la stessa Triennale, il B. predispose anche due studi relativi alla casa popolare collettiva e all'uso razionale del suolo nei quartieri residenziali, esposti nella sezione "Il lottizzamento nei quartieri di abitazione", curata dallo stesso B. (in collaborazione con L. Dodi e M. Pucci), all'interno della mostra dell'abitazione.
Nel 1936-37 redasse il piano della Conca Breuil (in collaborazione con L. Belgioioso), che faceva parte del piano regionale della Valle d'Aosta, promosso e diretto da Adriano Olivetti (B. Huet. De la région au quartier. Plan du Val d'Aoste, in L'Architecture d'aujourdhui, 1976, n, 188, pp. 22-23). Sempre per Olivetti, il B. realizzò in seguito, nel 1940, lo stabilimento Olivetti Sintesi ad Apuania, emblematico esempio di fabbrica nel verde.
Nel 1938 il B. (in collaborazione con M. Pucci) elaborò, per conto della provincia di Milano, uno studio sulla abitazione operaia, che indagava la situazione della distribuzione abitativa e dei trasporti, e proponeva la realizzazione di borgate semirurali a nord di Milano, volte a consolidare un'economia a carattere misto, agricolo-industriale (L'abitazione operaia nella provincia di Milano, in collaborazione con M. Pucci, in Casabella/Costruzioni, XIII [1940], n. 155, pp. 4-17). Nel 1939-40 partecipò, insieme con un folto gruppo di architetti milanesi, su incarico dell'Istituto case popolari, alla progettazione di quattro quartieri operai autosufficienti, collocati, in un analogo spirito di decentramento urbano, alla estrema periferia milanese (Quattro città satelliti alla periferia di Milano, ibid., XV [1942], n. 176, pp. 5 s.). A guerra ancora in corso, nel 1944, i componenti del gruppo CIAM del capoluogo lombardo, fra cui era il B., elaborarono il piano AR, un contributo alla formulazione di un nuovo piano regolatore per Milano, basato sulla valorizzazione del centro storico e su una diversa funzionalizzazione della periferia.
Il piano venne anche presentato al concorso di idee bandito dal comune di Milano nel novembre dell'anno successivo e le sue linee generali rimasero presenti nel nuovo piano regolatore generale della città, concluso nel 1947, anche se poi per lo più disattese.
Fra il 1947 e il 1949 il B. realizzò, in corso Buenos Aires a Milano, un edificio polifunzionale con una soluzione volumetrica che interrompeva la cortina delle quinte stradali e nella quale era ampliata la fruibilità del piano terra attraverso la introduzione di gallerie interne. Vennero poi le molte collaborazioni con l'INA Casa milanese: nel 1952 in via Novara, nel nuovo quartiere Harrar, il B. realizzò due rigorosi edifici in linea lunghi oltre 120 metri (in collaborazione con M. Morini e C. Villa; cfr. I quattordici anni del piano INA Casa, a cura di L. Beretta Anguissola, Roma 1963, pp. 218-221); nel 195557 fu la volta del cosiddetto palazzo INA Casa in corso Sempione, un edificio di 19 piani, con cadenze spiccatamente internazionali, che sviluppava il concetto razionalista dell'unità lamellare; nel 1952 progettò due tipologie di edifici (una delle quali in collaborazione con P. Lingeri) per il quartiere Comasina.
Ma l'opera forse più nota del dopoguerra fu il quartiere sperimentale QT8, realizzato in occasione della VIII Triennale del 1947, per la quale il B. era stato nominato commissario straordinario.
L'idea di realizzare non strutture provvisorie ma un vero quartiere modello permanente in occasione della Triennale (in analogia con il Weissenhof di Stoccarda) era già stata avanzata nella circostanza della sua sesta edizione, ma venne concretamente ripresa solo nel dopoguerra. La predisposizione dell'area venne lentamente avviata nel 1946, in una zona a nord-ovest della città, secondo il progetto urbanistico del B. e altri: il QT8 nasceva come uno fra i nuovi quartieri satellite su cui il piano regolatore, di cui era in corso la elaborazione, fondava l'ampliamento della città. Nel 1949-50 seguì un secondo piano redatto dal B. (in collaborazione con E. Cerutti) che aumentava la densità edilizia di alcune parti introducendo nuove tipologie alte; nel 1953 il solo B. studiò il piano definitivo che integrava il quartiere, portato a 20.000 residenti, alle strutture della periferia cittadina e soprattutto ne dava una definitiva connotazione, in cui parchi e giardini costituivano l'elemento organizzante della composizione ed una grande collina artificiale, il monte Stella, creato con le macerie dei bombardamenti, l'elemento morfologico centrale (Metron, agosto-settembre 1948, numero speciale dedicato al QT8; I. Zetti-L. Spreafico-P. Bottoni, Il quartiere sperimentale della Triennale di Milano, Milano 1954; M. Rossi, Il QT8 un esperimento di architettura e urbanistica, tesi di laurea, politecnico di Milano, facoltà di architettura, a.a. 1971-1972).
Negli anni successivi, il B. collaborò alla redazione di molti piani regolatori, tra cui quelli di Siena, Senigallia e Mantova nel 1956, di Verbania nel 1964.
Sue ultime opere di rilievo sono state, nel 1964, la trasformazione in sede universitaria del palazzo di Renata di Francia a Ferrara (M. Cerruti, La nuova università degli studi di Ferrara nel palazzo estense di Renata di Francia, in L'Architettura, cronache e storia, X [1964], n. 106, pp. 248-252), e, nel 1964-1965, il municipio di Sesto San Giovanni, dove il B. spinse lo studio della distribuzione ad una articolazione formale ormai lontana dai rigori razionalisti e sembrò riprendere, nell'attenzione portata al colore, i suoi studi giovanili.
L'impegno del B. verso l'architettura si esplicitò anche nella sua intensa attività didattica e politica. Libero docente in urbanistica dal 1950, fu professore incaricato presso la facoltà di ingegneria di Trieste e la facoltà di architettura di Milano, dove, - ottenuta la cattedra di urbanistica nel 1967, diresse l'Istituto nazionale di urbanistica fino al 1971. Negli anni 19451946 fu membro della Consulta nazionale; fece parte dal 1953 del consiglio nazionale dell'INU e fu consigliere comunale a Milano, per il Partito comunista italiano, dal 1956 al 1964.
Il B. morì a Milano il 9 apr. 1973.
Altre opere del B.: i mobili realizzati fra il 1930 ed il 1936, esposti alla Mostra dell'arredamento della IV, V e VI Triennale (Selvafolta, 1980, pp. 37 s., 73 s.), il progetto presentato al concorso per il nuovo policlinico di Modena (1933, in collaborazione con M. Pucci); il progetto di una casa di abitazione in piazza Fiume a Milano (1934, in collaborazione con G. Prearo); il progetto presentato al concorso per la Fiera di Bologna (1934, in collaborazione con A. Legnani e M. Pucci); il progetto del quartiere Triennale a Milano (1934-1935, in collaborazione con G. Pagano e M. Pucci); i,concorsi per l'Arengario in piazza del Duomo a Milano e per il palazzo delle Forze armate all'E42 (1937, entrambi in collaborazione con G. Mucchi e M. Pucci; per il secondo progetto si veda L'Esposizione universale di Roma 1942, in Architettura, XVII 11938], pp. 901 s.); il concorso per la nuova Fiera di Milano (1937-1938, in collaborazione con P. Lingeri, G. Mucchi, G. Terragni e M. Pucci); il concorso per il piano regolatore di Bologna (1938, in collaborazione con P. L. Giordani e M. Pucci); il circolo ippico a Bologna (1938); lo stabilimento di prodotti alimentari a San Ruffilo nei pressi di Bologna (1939); lo stabilimento Nestlé ad Abbiategrasso (1941); la cascina Canova a Valera Fratta, Milano (1942-1945, in collaborazione con G. Mucchi e M. Pucci; L. Meneghetti, Il progetto per la campagna. 1935-1945, in Caruzzo-Pozzi, 1981, pp. 324-343); il cinema Aosta a Modena (1946); il concorso per il Centro direzionale di Milano (1948, in collaborazione con il gruppo CIAM di Milano); la proposta urbarustica per il quartiere Gallaratese a Milano (1956); il monumento ossario ai partigiani bolOgnesi (1954-1959, architettura del B. che collaborò anche al disegno delle sculture di G. Mucchi, S. Korczynska: E. Ascione, Monumento ai partigiani nella certosa di Bologna, in L'Architettura, cronache e storia, V [1960], n. 12, pp. 802-807); il centro sociale al QT8 (1957); il monumento alla Resistenza a Sesto San Giovanni (1963-1964, architettura del B., scultura di A. Praxmayer); il concorso Inarch per tipologie residenziali, con motto "Diritto al cielo" (1973).
Fonti e Bibl.: L'archivio personale del B. comprendente disegni, fotografie, epistolari e documenti vari è conservato presso l'Istituto milanese per la storia della Resistenza e del movimento operaio con sede a Sesto San Giovanni. Un'ampia documentazione sull'opera del B. e una antologia dei suoi scritti tra il 1926 e il 1968, sono contenute in P. B. Quarant'anni di battaglie per l'architettura, numero monografico di Controspazio, 1973, n.4; schede biografiche sull'architetto sono in: M. Cennamo, Materiali per l'analisi dell'architettura moderna, Napoli 1973, pp. 229-230; Gli Annitrenta (catal.), Milano 1982, pp. 546 s. (scheda a cura di F. Irace). Ma vedi anche: I Esposizione italiana di architettura razionale, Roma 1928, passim; A. Pica, V Triennale di Milano, Catalogo ufficiale, Milano 1933, passim; G. Palanti, Mobili tipici moderni, Milano 1933, pp. 5-7, 61, 82, 118-119, 147-148; P. Bottoni, Arredamento della casa popolare, in Quadrante, I (1933), n. 3, p. 21; R. Aloi, L'arredamento moderno, Milano 1934, passim; A. Sartoris, Gli elementi dell'architettura funzionale, Milano 1935, pp. 350-353; A. Pica, Nuova architettura italiana, Milano 1936, passim; G. Pagano, Tecnica dell'abitazione, Milano 1936, passim; B. Moretti, Ville, Milano 1936, pp. 161, 165; M. Labò, L'architettura e l'arredamento del negozio, Milano 1936, p. 156; P. Bottoni, Urbanistica, Milano 1938 (rist., Milano 1970); Id., Determinare i criteri della casa di oggi, in Domus, XVIII (1940), n. 145, pp. 23-24; A. Pica, Architettura moderna in Italia, Milano 1941, passim; A. Sartoris, Introduzione alla architettura moderna, Milano 1943, passim; P. Bottoni, La casa a chi lavora, Milano 1945; B. Zevi, Storia dell'architettura moderna, Torino 1950, passim; G. Veronesi, Palazzo INA in corso Sempione a Milano, in L'Architettura, cronache e storia, V (1959), n. 7, pp. 443-451; E. Bonfanti-M. Porta, Città, museo e architettura, Firenze 1973, passim; Il razionalismo e l'architettura italiana durante ilfascismo, a cura di S. Danesi,-L. Patetta, Milano 1976, passim; A. Pansera, Storia e cronaca della Triennale, Milano 1976, passim; C. Conforto-G. De Giorgi-A. Muntoni-M. Pazzaglini, Il dibattito architettonico in Italia 1945-1975, Roma 1977, pp. 24, 152, 155, 202, 284, 322; V. Savi, "Costruzioni" nella ideologia della ricostruzione, in Casabella, 1978, n-440-441, pp. 47-54; L. Patetta, Cultura urbanistica e architettura nella Milano degli anni '30, ibid., 1979, n-451-452, pp. 45-50; M. Grandi-A. Pracchi, Milano, Bologna 1980, passim; P.B. (1903-1973), in 1930-1942 La città dimostrativa del razionalismo europeo, a cura di L. Caruzzo-R. Pozzi, Milano 1981, pp. 250-271, 324-343; G. Consonni-G. Tonon, Architetture per la metropoli: 1934-1940, ibid., pp. 272-299; G. Ciucci, Il dibattito sull'architettura e le città fasciste, in Storia dell'arte italiana. Il Novecento, III, 2, Torino 1982, passim; M. Tafuri, Architettura italiana 1944-1981, ibid., pp. 428, 436, 437; E. Mantero, Il razionalismo italiano, Bologna 1984, passim; vedi anche: Enciclopedia dell'architettura moderna, Milano 1967, p. 70; Diz. encicl. di archit. e urbanistica, I, Roma 1968, pp. 404 s.