BONGO, Pietro
Nato e vissuto a Bergamo, vi morì nel 1601. Proveniva da una famiglia, nobile e abbracciò la carriera ecclesiastica. La sua fama è legata ad un'opera sul significato metafisico e magico dei numeri, che ebbe una grande diffusione in tutta Europa.
Nel 1585 pubblicò a Venezia De mystica quaternarii numeri significatione che verrà a far parte dell'opera maggiore del B.: P.Bungi Numerorum mysteria... opus... hac secunda editione ab auctore ipso diligentissime recognitum et tertia parte locupletatum (pubblicata per la prima volta a Bergamo nel 1583 0 1584 - secondo il Graesse - col titolo di De Mystica numerorum significatione). Finalmente, due anni prima di morire, il B. rifece ancora una volta il libro, che uscì con il titolo: Numerorum mystheria,opusmaximarum rerum doctrina et copia repertum,in quo mirus in primis,idemque perpetuus Arithmeticae Pythagoricae cum Divinae Paginae numeris consensus,multiplici ratione probatur (Bergomi 1599). Un'ultima edizione venne fatta a Parigi nel 1618 (cfr. Vaerini).
Ma la fortuna del libro non è testimoniata soltanto da queste numerose edizioni: nel 1607 un amico del B., Decio Celere, poteva pubblicare con successo a Brescia un riassunto e un'interpretazione spesso personale dei Numerorum mysteria con il titolo Sommaria descrittione dell'Heroe.
Alla base dell'opera è il tentativo di accordare la dottrina pitagorica con quella cristiana. Perciò il B. rivendica alla scienza dei numeri la necessità di valersi della tradizione più che della ragione. Dice infatti nella introduzione: "Cum enim duplex sit probandi modus, unus videlicet ratione, alter auctoritate constans, atque in reliquis disciplinis primum locum teneat ratio, postremum auctoritas; in hoc non tam rationis et garruli syllogismi vis, quam auctoritas sibi locum vindicat. Triumphans in natura et humanis inventionibus atque figmentis, si fas est, syllogismorum artificia, sed in pythagorica disciplina, quae divina scrutatur mysteria, locum sibi minimum sperent aut tenuem". Il passo è particolarmente importante, perché mette in luce la differenza tra la matematica pura, cioè una ricerca sui numeri basata sulla libera ricerca intellettuale, e il tentativo del B. e di molti altri autori suoi contemporanei di riassorbire la "scienza dei numeri" in una metafisica dei numeri. Il passo spiega inoltre perché il B. senta il bisogno di scrivere il suo libro come un grande tessuto di citazioni: sono infatti gli elementi tradizionali ad avere importanza.
Questa particolare impostazione, in un certo senso antimatematica e antiscientifica, fa sì che il B. non si preoccupi di problemi strettamente numerici, e cerchi di trasformare l'interpretazione magica del numero in un'interpretazione religiosa. Egli indica anche una interessante serie di autori su cui si è basato: fra gli altri Conrad di Liechtenau, Francesco Cattani da Diacceto, Guido Bonatti, Ermete Trismegisto, Jacques Lefèvre d'Etaples, John Dee, Niccolò Cusano, Raimondo Lullo, Riccardo di San Vittore. Questi nomi indicano una vasta serie di letture, sfruttate però in modo molto disuguale. Il libro fu approvato dal Sant'Uffizio nel 1591.
Il Morhof giudicava ricca e interessante l'opera del B., ma disordinata e poco diligente. Si preoccupava poi di sottolineare il particolare carattere delle sue fonti: "multa addit non ex pythagoricis fontibus hausta, sed e Cabalistarum et Enthusiasmarum scriptis, qui in hoc argumento valde sunt operosi".
Bibl.:G.M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, sub vocem; D. G.Morhof, Polystor,literarius, philosophicus et practicus, Lubecae 1747, II, pp. 14 ss.; B. Vaerini, Scrittori di Bergamo, I, Bergamo 1788, pp. 229 s.; B. Croce, Nuovi saggi sulla letteratura italiana delSeicento, Bari 1931, pp. 115-123;L. Thorndike, A History of magic and experimental Science, VI, New York 1941, pp. 558 s.; Y. G. T. Graesse, Trésor de livres rares et précieux, I, Berlin 1922, p. 487.