BIRAGO, Pietro
Figlio di Antonio Marcello e di Elena Sovico, nacque, probabilmente nel primo ventennio del sec. XV, a Milano. Favorito dalla notorietà del padre - autorevole esponente del partito sforzesco negli ultimi tempi del ducato di Filippo Maria Visconti, e poi di nuovo durante i tempestosi giorni della Repubblica ambrosiana -, ma ancor più grazie all'influenza dello zio, Andrea, consigliere e procuratore di Francesco I, fu ammesso per tempo a corte, entrando come "camerarius camerae" al servizio del maggiore dei figli di Bianca Maria e dello Sforza, Galeazzo Maria Sforza Visconti, erede presuntivo al trono di Milano.
Poco sappiamo delle vicende della vita del B. in questo periodo, così come non ci è nota la posizione da lui assunta nel corso della crisi per il trapasso dei poteri e del titolo ducale apertasi immediatamente dopo la scomparsa di Francesco I (8 marzo 1466). È lecito tuttavia pensare che egli si sia mantenuto - come suo fratello Francesco, del resto - su di una linea di assoluto lealismo nei confronti della duchessa madre sino al giorno dell'ingresso solenne del nuovo duca in Milano (20 marzo), e che da questo momento abbia rinnovato al giovane principe il giuramento di fedeltà: nemmeno un anno più tardi, infatti, Galeazzo Maria confermava a lui e al fratello Francesco i feudi di Frascarolo, Tor de' Beretti, Cascina dei Bossi nella Lomellina pavese, feudi che erano stati dati in beneficio ad Andrea nell'ottobre 1441 e che due anni dopo lo stesso Sforza aveva dichiarato ereditari nella famiglia Birago. Ad essi Galeazzo Maria aggiungeva inoltre (13 febbr. 1467) l'investitura dei feudi di Tortorello e di Castellazzo, sempre nella Lomellina pavese, che erano stati già assegnati a Francesco nel 1456.
A parte il servizio di corte, sembra che il B., piuttosto che alla vita politica attiva, abbia preferito dedicarsi soprattutto all'amministrazione ed alla valorizzazione dei suoi beni patrimoniali. Nel 1468, allo scopo di rendere più omogeneo - e quindi meglio amministrabile - il complesso delle proprietà, si fece cedere dai Beretti alcuni terreni in località Isolana e Tor de' Beretti nella Lomellina pavese (18 giugno). Nel 1471, inoltre, in occasione della ricognizione per la conferma dei feudi di cui era stato investito nel 1441 Andrea da Birago, Galeazzo Maria investì il B. dei feudi di Frascarolo, Tor de' Beretti e Cascina dei Bossi (2 dicembre). Nello stesso anno egli fu compreso anche nell'investitura di Tortorello e Castellazzo, insieme con i fratelli Gianpaolo, Francesco e Daniele (i cui diritti e le cui ragioni ereditarie sui due feudi acquistò successivamente).A corte il B. godeva del particolare favore del giovane duca, e questo si prendeva a più riprese (nel 1472 e nel 1474) la cura di raccomandare che egli comparisse negli affreschi dei castelli di Porta Giovia e di Pavia.
Ma l'attività politica del B. assume maggior rilievo nel periodo di crisi che colpì il ducato in seguito all'uccisione di Galeazzo Maria (26 dic. 1476). In questo difficile momento il B. venne creato consigliere segreto del duca di Milano, "cum mensuali provisione flor. 50" (3 genn. 1477); con lui entrarono a far parte del massimo organo amministrativo del ducato Pietro Pusterla, Pietro Gallarate, Guarnerio Castiglioni, Guido Visconti e Gian Giacomo Trivulzio - il futuro maresciallo di Francia. Erano rappresentanti tra i più influenti dell'aristocrazia milanese: insieme con essi, e in rappresentanza delle cinquantacinque famiglie nobili milanesi, il B. aveva prestato alcuni anni prima il giuramento di fedeltà nelle mani di Galeazzo Maria, da poco salito al trono (26 dic. 1468). Con ogni probabilità il B. prese parte alla seduta del 9 genn. 1477, in cui i "Signori del Consiglio segreto" affidarono alla duchessa madre la tutela e la cura di Giovanni Galeazzo e, con esse, il governo e la responsabilità dello Stato. Pochi giorni dopo, mentre nelle città e nei domini del ducato cominciavano a serpeggiare fermenti di rivolta, il B. venne inviato ad Alessandria, dove la situazione era tale da destare gravi preoccupazioni, in qualità di governatore.
Così, ma con notevole imprecisione, afferma la maggior parte degli studiosi che si sono occupati di questa missione alessandrina del Birago. Non ci è giunta la missiva ducale con cui egli era stato chiamato al delicato incarico; siamo in grado di indicare con la massima esattezza, ciononostante, l'ufficio e i poteri di cui era stato investito nel gennaio 1477 grazie ad una lettera confidenziale, che Bona di Savoia gli aveva, il 28 ag. 1479, indirizzato. Il B. riuniva nella sua persona le dignità e i poteri di commissario ducale, di podestà e di referendario del Comune di Alessandria: era stato incaricato, cioè, non solo di sorvegliare l'attività politica delle magistrature locali, ma gli era stato attribuito anche, come podestà, il controllo dell'amministrazione della giustizia e, come referendario, la responsabilità delle finanze locali.
L'ampiezza delle attribuzioni, se prova la fiducia che la duchessa riponeva in lui, vale a testimoniare altresì la pesantezza della situazione interna della città padana. Il B. si dimostrò all'altezza dei compiti: la prudente e ferma azione di governo da lui svolta in poco più di due anni e mezzo di amministrazione ci viene largamente testimoniata non tanto dalle manifestazioni di affetto e di stima tributategli dal popolo e dalle autorità del Comune di Alessandria allorché fu richiamato a Milano (11 sett. 1479), ma soprattutto dagli importanti privilegi economici concessi a quella comunità dai duchi di Milano con provvedimenti dell'agosto-settembre 1479. In una regione largamente scossa dall'insurrezione di Genova e dai moti di Parma, percorsa da fermenti separatistici e rivoluzionari, la sola comunità di Alessandria si era mantenuta fedele ai sovrani legittimi e aveva validamente concorso, con le armi, a frenare pericolosi ritorni offensivi degli avversari di Milano, contribuendo così al ristabilimento dell'autorità ducale e, con essa, al ritorno alla pace e alla normalità in quella tormentata parte del dominio sforzesco (lettera di Bona del 28 ag. 1479 e diploma Cum omni tempore del 1º settembre dello stesso anno con cui la duchessa stabiliva esenzioni di carattere fiscale per Alessandria).
A differenza del fratello Francesco, che riuscì a mantenersi estraneo al mortale duello, ingaggiatosi sin dall'indomani della tragica scomparsa di Galeazzo Maria, fra Ludovico il Moro, da un lato, e il Simonetta e la reggente dall'altro, il B. fu invece costretto - forse proprio dalla delicatezza dell'ufficio da lui ricoperto - a prendere posizione. Si era allora schierato, sia pure con una certa prudenza come richiedevano i tempi, dalla parte del Moro, dando così la prova di possedere un'indubbia capacità di valutazione circa i reali rapporti di forza intercorrenti fra le diverse fazioni in lotta per il potere e un sicuro tempismo.
Anche se non poté prendere parte di persona all'evolversi della situazione politica milanese fra il gennaio del 1477 e il settembre del 1479, è giuocoforza ammettere che egli non si accontentò di seguire da Alessandria gli sviluppi degli avvenimenti, ma che anzi fu in qualche modo implicato nelle oscure manovre che portarono all'esautoramento del vecchio arcicancelliere. Così come non aveva mancato di far sapere che, a suo giudizio, "mentre Cicho restava libero, non s'avrebbe mai pace nel Ducato", è altrettanto impensabile che abbia poi trascurato di fornire il proprio appoggio a quella fazione - o a quella persona - che gli avesse dato sufficienti garanzie di poter assicurare "pace nel Ducato", eliminando il Simonetta dalla scena politica. Il fatto che non fosse a Milano quando gli avvenimenti precipitarono, non basta, da solo, a provare la tesi di una sua mancata adesione alla congiura di palazzo che rovesciò il Simonetta; così come non vale a contestare le pesanti responsabilità che, stando alle oscure allusioni di scrittori a lui contemporanei, il B. invece ebbe. Non fu certamente soltanto un caso se il richiamo dalla "commissaria" alessandrina raggiunse il B. proprio all'indomani dell'arresto e dell'incarcerazione del vecchio arcicancelliere. Una prova ulteriore - se pure ve n'è bisogno - dei suoi contatti continui con gli ambienti politici di corte in questo periodo e della sua presenza diretta nella città di Milano è la nomina a un posto di altissima responsabilità, quello di "officialis cum cura çeche Mediolani", comunicatagli, con missiva ducale del 20 apr. 1478.
Rientrato in Milano, nell'ottobre 1479 il B. riprese anche l'antico posto di consigliere segreto, a fianco del duca fanciullo, del Moro e della reggente. Fin d'allora mostra di godere la stima e la fiducia del duca di Bari, come appare del resto chiaramente anche dalla carriera successiva e dal tipo degli incarichi affidatigli. Testimone alle nozze di Galeazzo Sforza Visconti (un figlio illegittimo del Moro) con Margherita Grassi (23 sett. 1480); presente alla firma dei documenti relativi al giuramento di fedeltà prestato dalla guarnigione del castello di Porta Giovia al duca di Milano e a Ludovico il Moro (16 ott. 1480: appunto nel corso di questo mese il duca di Bari metterà la duchessa madre nelle condizioni di rinunziare alle responsabilità di reggente e di tutrice) - membro attivo (almeno dal 1481) del massimo organo politico e amministrativo del ducato, il comitato ristretto ("senato") formatosi per esigenze di governo durantela reggenza di Bona di Savoia: la carriera politica del B. sembra non conoscere ostacoli in questo scorcio del sec. XV. Scoppiata la guerra di Ferrara, egli svolse un'attività determinante nell'elaborazione dei piani per la difesa dell'alleata città estense (1483); quindi, cessate con la pace di Bagnolo (7 ag. 1484) le ostilità, fu inviato a Vigevano per discutere con i rappresentanti del duca di Savoia i termini del rinnovo dei trattati che Galeazzo Maria aveva stipulato, una diecina d'anni prima, con Amedeo IX e con i plenipotenziari dei cantoni svizzeri confederati. Ricopriva ancora il B. il posto di "officialis cum cura çeche Mediolani", cui era stato chiamato, insieme con il figlio Giovanni Antonio, nell'aprile 1478.
Né il reggente lesinò al B. i segni tangibili della sua riconoscente benevolenza (1488, 1496). Fra l'altro, il 5 maggio 1481 lo aveva investito di un feudo - Ottobiano, nella Lomellina pavese - che il duca Filippo Maria, l'ultimo dei Visconti, aveva concesso al grande zio del B., Andrea, nel lontano 1434 (per questo il B. è considerato capostipite della famiglia dei signori di Ottobiano, estintisi nel 1765). Poco o nulla sappiamo degli ultimi suoi anni: ci consta che era ancora consigliere di stato nel 1488 e nel 1496, e che, in questo stesso anno 1496, fu inviato a Novara come luogotenente in nome del duca di Milano (5 giugno), succedendo, a quanto risulta, a Scaramuccia Visconti, "armorum ductor". In questo torno di tempo doveva essere stato insignito anche del titolo di cavaliere: nella missiva ducale relativa alla sua nomina a luogotenente di Novara il B. è definito infatti "Spect. eques dominus Petrus Biragus". Ignoriamo il luogo e l'anno della sua morte.
Aveva sposato in Milano, il 18 sett. 1458, Elisabetta Princivalis; nel corso della cerimonia il grande umanista Francesco Filelfo, con cui il B. era in buoni rapporti d'amicizia, aveva pronunziato una "oratio nuptialis", pubblicata a stampa nel 1492. Non risulta confermata dai documenti la notizia data dal Litta, secondo il quale il B. avrebbe sposato in prime nozze una Caterina Spinola, da cui avrebbe avuto numerosi figlioli.
Fonti e Bibl.: B. Corio,Storia di Milano, a cura di E. Magni, III, Milano 1857, pp. 348 ss., e passim; G. Ghilini,Annali di Alessandria, a cura di A. Bossola, II, Alessandria s. d. (ma 1903), pp. 42 ss., 47 ss.; Chronica gestorum in partibus Lombardiae..., in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXII, 3, a cura di G. Bonazzi, pp. 95 ss. e passim; I Registri dell'Ufficio degli Statuti di Milano, a cura di N. Ferorelli, Milano 1920, p. 334; C. Santoro,Gli Uffici del dominio sforzesco, Milano 1948, pp. 14, 119, 292; I Registri delle lettere ducali nel periodo sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1961, n. 278, p. 353; Cicco Simonetta, I diari, a cura di A. R. Natale, Milano 1962, pp. 48 e 104; G. Sitoni,Theatrum equestris nobilitatis secundae Romae, Milano 1706, pp. 13, 24; Id.,Vicecomitum monumenta, Milano 1714, p. 36; G. Casati,Vicende edil. del Castello di Milano, Milano 1876, p. 91; F. Calvi,IlCastello di Porta Giovia e le sue vicende nella storia di Milano, in Archivio storico lombardo, s. 2, XIII (1886), pp. 241 s.; Id.,IlCastello visconteo-sforzesco, Milano 1894, pp. 39 ss.; L. Beltrami,IlCastello di Milano sotto il dominio dei Visconti e degli Sforza, Milano 1894, pp. 280 s., 366, 411 s.; A. L. Crespi,Del Senato di Milano, Milano 1898, p. 73; A. Calderini, I codici ambrosiani delle opere di F. Filelfo, in Archivio stor. lombardo, s. 5, XLII (1915), p. 392, n. 36; F. Catalano,IlDucato di Milano nella politica dell'equilibrio, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, pp. 227-413,passim; C. Santoro,Gli Sforza, Milano 1968, pp. 110-243,passim; P. Litta,Famiglie celebri italiane, Birago di Milano, tav. III. Numerosi documenti relativi alla biografia ed all'attività del B. sono conservati nell'Archivio di Stato di Milanosotto le seguenti collocazioni: Archivio Sforzesco: Potenze straniere,Carteggio Generale,Registri ducali,Feudi camerali,Ducali missive, per i quali sono auspicabili una sistematica esplorazione ed un'adeguata edizione critica.