BICCHIERI, Pietro
Appartenente alla nota famiglia vercellese, le prime notizie su di lui risalgono al 1224, quando, presente a Vercelli nel palazzo comunale all'inizio delle trattative di pace tra gli ambasciatori del Comune di Ivrea e del signore di Masino con il Comune di Vercelli, doveva essere almeno maggiorenne. Qualche mese dopo fu investito con il padre Manfredo e il cugino Guala della casa e del palazzo con metà della torre, che lo zio cardinale Guala Bicchieri aveva acquistato e donato al monastero di S. Andrea, da lui fondato e riccamente dotato, con l'obbligo però di investirne i propri parenti. Questi edifici erano adiacenti a due case presso la porta Ursona, già in proprietà di Manfredo. Il cardinale Guala offriva così ai congiunti la possibilità di costituire un consortile per difendersi dalle altre famiglie e tentare di ottenere la supremazia del Comune. Il B. poteva contare anche sull'aiuto dei vassalli del contado, poiché ereditava dal padre compartecipazioni nei feudi di San Germano, Alice, Viverone, Roppolo, Azeglio e Costanzana; le altre erano state donate (e una rinuncia degli eredi naturali, il fratello Manfredo, coi figli Pietro e Ruffino, canonico di S. Eusebio in Vercelli, confermava tale donazione) dal cardinale Guala all'abate di S. Andrea.
Nel nov. 1226 i rettori della lega lombarda, convenuti a Bologna, nel designare i "procuratores" incaricati di trattative con Federico II, nominavano fra gli altri, per Vercelli, il B. insieme con Uguccione de Bondonis (Epistolae saec. XIII e regestis Pontif. Roman. selectae, I, in Mon. Germ. Hist., Berolini 1883, pp. 240 s.).
Lo troviamo consigliere del Comune di Vercelli fin dal 1232, ma esplicò la sua attività politica essenzialmente dal 1243 al 1250. Egli era il capo del partito ghibellino e solo alla sua morte la famiglia Tizzoni poté avere nel partito il sopravvento. Anche il suo matrimonio con Alasia dei conti di Biandrate conferma l'importanza sua nel Comune e la sua fedeltà al partito ghibellino.
Nel gennaio del 1243 il Comune di Vercelli che fino allora era stato fedele alleato di Federico II, pare anche per istigazione del legato papale Gregorio da Montelongo, mutò indirizzo politico, alleandosi con il marchese di Monferrato Bonifacio II, il marchese Manfredo del Carretto e i marchesi di Ceva, Giorgio e Manuele. Allora il B., che in un primo momento si era finto fedele al nuovo ordinamento politico, approfittando di una ambasceria a Milano, di cui era stato incaricato, uscì da Vercelli, fortificò i suoi castelli di San Germano, Alice, Viverone, Roppolo e Azeglio, e si alleò con l'abate di S. Andrea, consignore dei suoi feudi, coi conti del Canavese, con il vicario imperiale Enzo di Svevia ed il marchese Manfredi Lancia, allora podestà di Cremona (il matrimonio della primogenita Agnese con Guglielmo conte di Masino rese più duratura l'alleanza). Il B. resistette nei suoi feudi, ricusando la resa ai rappresentanti del Comune, finché ai primi di luglio del 1243 lo raggiunse Enzo con Tommaso di Savoia, conte di Fiandra. Insieme con loro devastò il territorio del Comune, istigando, a quanto pare, il vicario imperiale a entrare anche nel territorio dipendente dal vescovo. L'assalto non ebbe però successo duraturo e mentre Enzo dovette ritirarsi dal Vercellese, il B. fu bandito dalla città per rappresaglia il 10 luglio dal podestà Guglielmo da Soresina, condannato ad una multa di 10.000 lire pavesi, alla distruzione delle sue case in Vercelli e alla confisca dei feudi. Una seconda scorreria, più vicina alla città, fu ripetuta in agosto.
Dopo la sconfitta di Federico II a Vittoria (1248), i fuorusciti ghibellini, disperando di poter ritornare con l'aiuto dell'imperatore, iniziarono trattative con il Comune di Vercelli, per far revocare il bando e si adoperarono presso lo stesso pontefice, perché si intromettesse a loro favore. Il governo guelfo, che quando il legato papale Gregorio da Montelongo era lontano non era abbastanza forte per opporsi, preferì accordarsi con loro: il B. poté così rientrare a Vercelli nella primavera del 1248 e si adoperò subito per convincere i concittadini a ritornare all'alleanza con l'imperatore. Nell'ottobre successivo riuscì a introdurre in Vercelli il marchese Manfredi Lancia, a capo delle milizie pavesi, e rese più ferma l'alleanza del Comune con Federico II.
Lo stesso imperatore, il quale era evidentemente sicuro della sua fedeltà, dimorò a lungo in Vercelli (ottobre 1248-gennaio 1249), impegnato nelle trattative col conte Tommaso e con Amedeo di Savoia per stringere un'alleanza militare e per concludere il matrimonio del figlio naturale Manfredi con Beatrice di Savoia. Allora Federico II ricompensò il B. per i servigi prestatigli, concedendogli alcuni beni confiscati a cittadini vercellesi seguaci del pontefice, cioè due case nella via S. Giuliano, molto vicine a quelle già da lui possedute presso la porta Ursona, e due poderi con tutti i loro diritti e pertinenze e, quando al principio del 1249 si allontanò da Vercelli per ritornare a Cremona, affidò a lui il governo e la difesa della città, insieme con il marchese Lancia e Iacopo del Carretto. In quel periodo il B. svolse anche trattative col Comune di Ivrea per incarico di Federico II: questi aveva concesso a Tommaso di Savoia, conte di Fiandra, l'alta sovranità sui conti del Canavese, che fin dal 1213 avevano formato una lega signorile con il Comune di Ivrea e la nuova investitura creava ostilità nel Comune contro l'imperatore ed il Comune di Vercelli suo alleato. Il B. era particolarmente adatto a questo compito anche per le sue strette relazioni coi conti di Biandrate e i conti del Canavese.
Morì in età ancor valida tra il luglio ed il settembre 1250 dopo aver diretto per due anni la politica del Comune. Assai indicativo per la sua posizione eminente è il fatto che Salimbene nella sua Chronica (a cura di O. Holder-Egger, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XXXIII, Hannoverae et Lipsiae 1905-15) lo ricorda nell'elenco di coloro "qui in Lombardia et Romagnola dominium habuerunt".
Dalla moglie, Alasia, ebbe sette figlie, di cui la prima, Agnese, sposando in seconde nozze Uguccione, signore d'Azeglio, gli portò in dote metà del castello di Azeglio e i diritti giurisdizionali sui luoghi adiacenti, a lei lasciati in eredità dal padre nel testamento dell'11 luglio 1250 (edito da G.-G. Meersseman,La bienheureuse Emilie Bicchieri, in Archivum Fratrum Praedicatorum, XXIV[1954], pp. 217 ss.), in modo che il figlio avuto da Uguccione poté riunire il feudo.
Fonti e Bibl.: J. L. Huillard-Bréholles,Historia diplomatica Friderici II, Parisiis 1861, VI, 2, pp. 637, 655, 683, 693; Annales Placentini Gibellini, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XVIII, Hannoverae 1863, pp. 486 ss., 497; G. B. Adriani,Statuti del Comune di Vercelli dell'anno MCCXLI, Torino 1877, doc. XXV, coll. 212-217; doc. XXVI. coll. 218-227; doc. LIII, coll. 246-248; doc. XCIV, col. 298; Il Libro rosso del Comune di Ivrea, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1914, doc. CXLII, pp. 126-127; doc. CCXLVI, pp. 262-270; doc. CXXII, p. 102; (G. A. Frova),Gualae Bicherii presbyteri cardinalis S. Martini in montibus vita et gesta collecta a Philadelpho Libico, Mediolani 1767, pp. 112, 144; V. Mandelli,Il Comune di Vercelli nel Medio Evo, Vercelli 1857, I, pp. 255-257, 264-267, 270, 276, 289, 304-305, 311-315; II, p. 368; C. MerkeI,Manfredi I e Manfredi II Lancia. Torino 1886, pp. 98-101, 111-112; C. Marchetti Longhi,La legazione di Gregorio da Montelongo in Lombardia, in Archivio della R. Soc. rom. di storia patria, XXXVII (1914), pp. 155-156; XXXVIII (1915), pp. 293, 296, 300; R. Pastè,Il card. Guala B. e l'ospedale di S. Andrea, Vercelli 1935,passim; F. Cognasso,Tommaso I ed Amedeo IV, Torino 1940, II. pp. 243, 249, 293, 297.