CAMPOREALE, Pietro Beccadelli Bologna e Reggio principe di
Nacque il 13 apr. 1697 a Furci (Messina), da Giuseppe Beccadelli Bologna Ventimiglia e da Francesca Reggio, figlia di Stefano principe di Campofiorito. Il C. era quindi nipote di Luigi Reggio e Branciforte, principe di Campofiorito e Aci e cugino di Stefano Reggio Gravina, successivo principe di Aci e Campofiorito. Sposò, nel 1721, Marianna Gravina Lucchese, figlia del principe di Palagonia Ferdinando, che fu in seguito dama di corte della regina Maria Amalia. Nel 1726 gli nacque il figlio Giuseppe, poi marchese della Sambuca e successore del Tanucci alla guida del governo napoletano. S'investì del titolo di principe di Camporeale il 17 luglio 1735, alla morte del padre.
Protetto dal maggiordomo maggiore, principe d'Aragona, ottenne, alla fine del 1749, la nomina ad ambasciatore straordinario a Vienna, incarico particolarmente rilevante perché era un tentativo di ripresa di normali relazioni diplomatiche tra un più autonomo Regno napoletano e la corte imperiale.
Secondo le istruzioni ricevute, il C. doveva soprattutto indagare le intenzioni e i disegni austriaci circa l'Italia, come anche le "intelligenze" con le altre potenze, e in particolare la Francia, l'Inghilterra e la Russia. Intanto l'arrivo dell'ambasciatore austriaco, principe di Esterházy, aveva determinato a Napoli qualche manifestazione popolare filoaustriaca, sicché era stata ricostituita la giunta degli inconfidenti. Difficoltà erano sorte anche sul piano diplomatico, perché le credenziali dell'Esterházy non davano il titolo di "maestà" a Carlo di Borbone. Su questo punto si concentrò l'attività del C. a Vienna, in lunghe trattative che si svolsero per tutto il 1750 e il 1751, toccando anche altre questioni come le esenzioni e le prerogative doganali.
Ogni difficoltà fu superata soltanto agli inizi del '52, e finalmente il 30 aprile egli poté fare l'entrata solenne a Vienna e avere pubblica udienza a corte. Resse per un altro anno la sede diplomatica austriaca e rimpatriò il 22 apr. 1753.
Appena rientrato nel Regno, il 17 agosto, il C. venne eletto presidente del Consiglio supremo della Reale giunta di Sicilia, istituita da Carlo di Borbone per il governo dell'isola, e per far conoscere al re la volontà dei baroni siciliani.
Si trattava d'una posizione di grande potere politico, ma il C. - d'ingegno modesto, culturalmente sprovveduto, di carattere fiacco e insicuro - se ne servì soltanto per modesti intrighi e per tentare d'accrescere il suo patrimonio personale. Ma nemmeno in questo riuscì visto che - ormai vecchio, nel 1775 - chiedeva al re un'anticipazione di 4.000 ducati, rifiutatagli anche perché non aveva mai pagato le decime dovute per la sua commenda di San Calogero.
Le scarse capacità politiche non ne impedirono però la nomina a membro del Consiglio di reggenza nella minorità del re Ferdinando IV dopo che ebbe ricevuto nel '59 da Carlo, in partenza per la Spagna, il gran collare dell'Ordine di S. Gennaro. Nei primi anni della reggenza si schierò contro il Tanucci, dalla parte del principe di San Nicandro, anche per la decisiva influenza del padre Alasia, emissario del nunzio monsignor Lucatelli e confessore e consigliere dei principi di San Nicandro, di Centola e di Camporeale. Ma dal 1764 mutò posizione, com'è ripetutamente testimoniato dallo stesso Tanucci che lo indicava a Carlo III come uno dei sostenitori più sicuri, tranne che sullo spinoso problema dell'espulsione dei gesuiti.
Caratteristica del C. rimaneva comunque la dedizione all'interesse personale: nel 1767 una giunta dell'annona, eretta dal viceré a Palermo, aveva sospeso le licenze d'esportazione "per la cospirazione dei baroni in mantenere alti li prezzi dei grani, per la quale è universale la querela. Il re lo ha approvato. Intanto Camporeale, che prende malamente tutte le occasioni per profittare, ha domandata la tratta per 3.000 salme..." (Lett. di B. Tanucci a Carlo III…, p. 397). Ma nemmeno il successivo sostegno di una Consulta della Giunta di Sicilia gli fece superare la netta opposizione del Tanucci.In seguito divennero sempre più radi i suoi interventi al Consiglio di Stato, per l'età avanzata e la salute malferma. Nel giugno 1771 ebbe licenza di recarsi a Palermo per un periodo di riposo, e nel febbraio dell'anno seguente fu sostituito dal principe della Cattolica nella carica di presidente della Giunta di Sicilia. Morì a Resina (Napoli) il 17 luglio 1781 e fu sepolto a Sambuca (Agrigento).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Manoscritti L. Serra, vol. V, p. 1562; Lettere di B. Tanucci a F. Galiani, a cura di F. Nicolini, I, Bari 1911, p. 182; Lettere di B. Tanucci a Carlo III di Borbone, a cura di R. Mincuzzi, Roma 1969, ad Indicem;F. M. Villabiana, Della Sicilia nobile, I, Palermo 1754, p. 10; N. Bianchi, L'ambasceria sarda alla corte di Napoli (1759-1768), in Curiosità e ricerche di storia subalpina, IV, Torino 1880, p. 19; M. Schipa, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, Napoli 1904, pp. 496-500; F. Rousseau, Règne de Charles III d'Espagne (1759-1788), II, Paris 1907, p. 98; C. Losurdo, Tanucci e la Reggenza al tempo di Ferdinando IV, Bari 1911, p. 19; M. Vinciguerra, La Reggenza borbonica nella minorità di Ferdinando IV, in Arch. stor. per le prov. napol., n.s., II (1916), p. 343; F. San Martino De Spucches, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia, II, Palermo 1924, p. 194.