BARILOTTI (Barilotto, Barlotti), Pietro
Nacque a Faenza, dallo scultore Drudo e da Pentesilea di ser Paolo da Udine, quasi certamente nel 1481. Il Grigioni (1962) afferma che quando nacque il B. il padre doveva trovarsi a Roma ad esercitarvi l'arte.
Sono documentate le frequenti e talora prolungate assenze da casa di Drudo, tanto è vero che, essendo rimasto vedovo quando il figlio doveva essere appena tredicenne, quest'ultimo fu affidato alle cure di un suo cugino assai più anziano. È anche certo che Drudo in gioventù esercitò col fratello maggiore Domenico l'arte del figulo o vasaio e, a stare col Valgimigli, anche il padre di Drudo avrebbe esercitata l'arte del figulo conducendo una fornace posta nell'attuale vicolo Gottardi di fronte a S. Agostino. Questa affermazione del Valgimigli, relativa a Rinaldo nonno del B., è credibile, ma non si conoscono i documenti che possano suffragarla. I documenti relativi al padre del B. invece ci dicono che costui, nel 1484, era attivo a Roma come scultore, dove si pensa fosse giunto al principio del 1481, e, lavorando in società con il maestro Primo lombardo, aveva eseguito due sepolcri in S. Maria sopra Minerva; altri documenti lo fanno presente a Cesena nel 1490 associato a Marco di Laino. L'ultitna data in vita di Drudo, quella del 14 sett. 1497, è relativa a un testamento che egli fece predisponendosi a partire ancora una volta da Faenza per recarsi a Roma e di là proseguire per Napoli. Non si sa se egli iniziasse il viaggio, ma è certo che, in un documento relativo al figlio, Drudo risulta già morto alla data del 6 ag. 1500.
Il B. era cresciuto dunque nella casa che fu anche del nonno, sotto la vigile cura di un cugino barbiere, Alessandro figlio di Domenico, che lo sopravanzava in età di almeno tre lustri. Non conosciamo il tirocinio artistico del giovane B., ma è lecito pensare che sia stato iniziato all'arte dal padre. Verso i ventitré anni il B. parve stesse per entrare nell'Ordine domenicano, ma, dimessa questa idea, si dedicò alla sua arte e a una vita operosa e tranquilla. Risulta assente da Faenza dal 1505 al I 509, anni in cui il Grigioni ritiene che, per perfezionare l'arte, egli si sia recato a Roma.
Non siamo a conoscenza delle primissime opere del B., ma lo sviluppo stilistico di quelle note ci fa credere che su un substrato di decorativismo lombardesco, diffuso nella Romagna alla fine del Quattrocento, e da cui non sarà stato certo immune il padre, si siano sovrapposte, dopo il ritorno in patria nel 1509, forme più complesse ed architettoniche di estrazione tosco-romana, con particolare interesse per i tipi che Andrea Sansovino veniva elaborando in Roma. Il B. ebbe vari allievi, ma di scarso valore; di essi il più noto è quel Pietro Marafini che collaborò col maestro nelle sue ultime opere ed anzi ne completò l'ultima: il monumento sepolcrale (1552-54) del giureconsulto Bartolomeo Pasi, già nella chiesa dei Servi, oggi murato alla testata d'arrivo dello scalone d'accesso alla Pinacoteca comunale di Faenza.
Il B. si sposò due volte: la prima nel 1519 con Mattea di Giacomo Galloppi dalla quale ebbe due figlie e un figlio, la seconda volta nel 1547, a sessantasei anni di età, con Giulia Marchetti dalla quale ebbe una terza figlia. Il B. risulta morto fra il 15 nov. 1552 e il 24 marzo 1553.
Delle opere documentate o sicuramente attribuibili al B. ricordiamo: monumento sepolcrale del medico forlivese Bartolomeo Lombardini (1516-18) per la chiesa di S. Francesco di Forli (demolita questa, il monumento fu smembrato e si conserva solo il sarcofago con la figura distesa al Museo jacquemart-André di Parigi); monumento sepolcrale di Lodovico Sassatelli di Imola (1520-21), disperso o distrutto; monumento sepolcrale di Africano Severoli (1523-25), Faenza, duomo, cappella di S. Terenzio; monumento sepolcrale del vescovo Giacomo Pasi (1529-31), eseguito per la chiesa dei Servi e poi trasferito nel Cappellone del Cimitero comunale di Faenza; monumento sepolcrale del vescovo Rinaldo Graziani nella chiesa collegiata di Cotignola (1531-32); sepolcro di Giuliano Camerario (1533), già nel Chiostro dei Morti di S. Andrea in Vineis (S. Domenico) di Faenza (fu trasferito e smembrato: oggi rimane il solo sarcofago con la targa inscritta nella Pinacoteca comunale di Faenza); pila dell'acqua santa (1536), Faenza, duomo; monumento sepolcrale del giureconsulto Gio. Battista Bosi (1538-1542), Faenza, duomo, prima cappella a destra; fonte battesimale, in collaborazione con P. Marafini (1545-46), Faenza, duomo, prima cappella a sinistra; lapide funeraria di Anna Quarantini (1545 circa), Faenza, duomo, quarta cappella a destra. Gli si attribuisce inoltre il monumento sepolcrale del medico Mengolino Sali, già nel Chiostro dei Morti di S. Andrea in Vineis, poi al Cimitero comunale e infine fatto ricomporre, sul finire del secolo scorso, dal prof. F. Argnani sulla prima rampa dello scalone che porta alla Pinacoteca comunale di Faenza; lo stile dell'opera di gusto ancora quattrocentesco, tosco-lombardo, denota la maggiore esperienza ornatistica dell'autore rispetto a quella figurativa e ha i caratteri di un lavoro (sarebbe il primo a noi noto) del B. poco più che ventenne, ancora sotto l'influenza stilistica del padre, prima del tirocinio a Roma. Infatti il monumento venne fatto eseguire da Venerio Sali in onore del padre, che era morto nel 1485, nel 1502, come risulta dall'iscrizione incisa sotto il sarcofago. Tutta la parte inferiore, sotto il sarcofago, è un'integrazione ideata dallo stesso Argnani, si dice, in base a frammenti superstiti. La parte originale comprende il sarcofago, su cui giace supino il corpo del defunto, e la lunetta sovrastante.
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