BADOER, Pietro
Da non confondersi con Pietro di Marino, vissuto nella stessa epoca, nacque da Andrea della contrada di S. Stefano Confessore, a Venezia, forse nel primo ventennio del secolo XIV. La nobiltà delle origini nonché le grandi ricchezze lo portarono ad occupare importanti uffici, come quello di conte di Zara, e gli aprirono la strada, ambizioso com'era, alle cariche più alte dello Stato. Al momento del suo matrimonio - di cui ignoriamo la data - con Filippa, nipote del doge Bartolomeo Gradenigo, era uno degli uomini più potenti della oligarchia veneziana. A metà del secolo, dopo la fallita congiura di Marin Faliero, volta a forzare il "Commune Venetiarum" verso l'esperienza signorile, il B. si giocò incautamente la propria fortuna politica. Nel dicembre 1360 veniva denunciato al Consiglio dei Dieci per certe "parole turpi" pronunziate, forse l'anno prima quand'era duca a Candia, "contro l'onore della Signoria".
Durante una festa data nel suo palazzo di Creta, alla presenza di nobili indigeni (ciò che costituiva una circostanza aggravante dati i pessimi rapporti esistenti allora tra coloni veneti e madrepatria), il B. avrebbe vantato legami di devota amicizia con Marin Faliero, accreditando così il sospetto di una segreta aspirazione a farsi "signore a bacchetta" di Venezia. Un'accusa del genere non poteva (nonostante il tentativo di qualche amico del B.) essere ignorata dal governo veneto, che, ancora impegnato a soffocare tra i membri della nobiltà pericolosi rigurgiti eversivi e a colpire le mire separatistiche dei coloni di Candia, incaricò Marino Grimani, duca in quell'isola, di promuovere i necessari accertamenti, anche se, o per mancanza di prove o per la scarsa fondatezza dell'accusa, decise di non dar luogo al relativo processo.
Ma ormai l'onorabilità del B. era irrimediabilmente compromessa. La delusione subita, il non sapersi rassegnare alla sfortuna lo spinsero forse a compiere qualche gesto gravemente illegale, perché nell'ottobre del 1362 era ricercato a Mestre da un inquisitore dei Dieci come se fosse un delinquente comune; il B., che nel contempo era fuggito, venne allora condannato in contumacia. Mentre il 22 ottobre dello stesso anno la sentenza contro di lui veniva gridata sulle scale di Rialto, un notaio ducale si recava a Padova nella casa di Prosdocimo da Brazolo, in contrada detta "el breo", per notificarla all'imputato ivi dimorante. Egli l'accolse con riverenza, disposto a scontarla: era bandito in perpetuo da ogni terra del ducato, con l'obbligo di lasciare Padova e il suo distretto entro quindici giorni.
Nel 1364 la moglie Filippa chiese e ottenne per il marito una riduzione della pena, ma l'irrequietezza del B. e le sue disavventure politiche avevano già infranto i suoi vincoli familiari al punto che tentò per ben quattro volte di avvelenare Filippa con l'arsenico. Venne per questo bandito una seconda volta, e da allora andò ramingo per l'Italia, nemico alla patria e alla famiglia, unendosi (mentre l'odiata consorte moriva nel monastero di S. Lorenzo di Venezia) con una donna anconitana di nome Simonetta. Ebbe da lei due figlie, Tominasina e Fina; quando morì, negli ultimi mesi del 1371, la lasciava incinta. Precedentemente aveva testato, una prima volta nel novembre del 1369 e una seconda il 14 luglio 1371, mentre già era gravemente ammalato, legando migliaia di ducati a tutte le persone "irregolari" che erano entrate nella sua vita: un figlio naturale, Simonetto, le figlie e il nascituro della sua ultima moglie, un'altra donna, sposata chissà quando, Fioruzza "mia vezza inuier che fo de Daniel Tocho"; non un ricordo per la sua nobile sposa Filippa Gradenigo, né un accenno alle sue traversie e alla patria lontana. Volle solo che il suo corpo fosse portato a Venezia e sepolto nell'arca da lui edificata in S. Maria dei Frari.
Bibl.: V. Lazzarini, Marino Faliero. La con9iura,in Nuovo Arch. veneto,XIII(1897), pp. 307-312 (ora altra ediz, a cura di L. Lazzarini, Firenze 1963, pp. 210-216); O. Jegerlehner, Der Aufstand der kandiotischen Ritterschaft gegen das Mutterland Venedig (1363-65), in Byzantinische Zeitschrift, XII(1903), pp. 78-101; H. Kretschmayr, Geschichte von Venedig,II,Gotha 1920, p. 214; E. Barbaro, Legislazione veneta. I Capitolari di Candia,Venezia 1940, pp. 132 s.; F. Thiriet, Suidissidi sorti tra il Comune di Venezia e i suoi feudatari di Creta nel Trecento,in Arch. stor. ital,CXIV(1956), pp. 706-712 (per la situazione generale immediatamente prima dei processo al Badoer); Id., La Romanie Vénitienne au moyen âge. Le développement et l'exploitation du domaine colonial vénitien (XII-XVI siècles),Paris 1959, p. 174.