Ardinghelli, Pietro
Nacque a Firenze il 6 aprile 1470 da Niccolò, di antica famiglia patrizia. Ad avviarlo alla vita politica, sotto la guida, secondo il costume del tempo, di uomini ormai esperti della cosa pubblica, giovò nel giugno del 1498 l’ambasceria con Braccio Martelli: A. lo accompagnò a Genova, ritornando a Firenze nel febbraio del 1499. Nell’agosto del 1502, nel magistrato dei Buonomini, partecipò a numerose consulte, particolarmente a quelle che trattarono la nomina del gonfaloniere a vita, durante le quali s’adoperò per l’elezione di Piero Soderini. Nel settembre dello stesso anno A. fu nominato commissario di Castiglione Aretino, che, come le altre località della Val di Chiana, ribellatasi a Firenze per opera di Vitellozzo Vitelli, era stata resa dal Valentino ai capitani francesi, giunti in soccorso della Repubblica, e da questi ai commissari fiorentini. A. vi rimase fino al febbraio del 1503, quando passò commissario a Borgo San Sepolcro. Tornato a Firenze il 27 giugno successivo, non appare più in uffici importanti per un lungo periodo, forse perché, stando al Guicciardini, compromesso dalla simpatia palesemente espressa ai Medici esuli. Trasferitosi a Roma nel 1514, Leone X lo nominò notaio di curia e suo segretario personale; in tali uffici A. rogò numerosi strumenti pubblici e preparò dal 1514 al 1520 i minutari delle lettere di Leone X che presentano postille e correzioni dello stesso pontefice.
Nel novembre 1515 A. accompagnò Leone X a Firenze e a Bologna, dove furono poste le basi per l’alleanza mediceo-francese e per il concordato tra la Francia e Roma. Nel 1519, divenuto intanto informatore di Alfonso duca di Ferrara con una provvigione annua di mille scudi, avvisò il duca delle mire più o meno precise del papa sullo Stato estense: la scoperta dei rapporti fra A. e la corte ferrarese ne provocò il brusco allontanamento da Roma e il ritorno a Firenze.
Morì a Firenze il 15 giugno 1526.
Bibliografia: Fonti: F. Guicciardini, Storia fiorentina, a cura di A. Montevecchi, Milano 1998, ad indicem; Lettere di G.B. Busini a B. Varchi, a cura di G. Milanesi, Firenze 1861, pp. 88 e segg.; C. Guasti, I manoscritti torrigiani donati al Regio Archivio di Stato di Firenze, «Archivio storico italiano», 1874, 3, 19, pp. 16-76 e 221-53. Per gli studi critici si vedano: P. Villari, Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, Firenze, 1° vol., 1877, pp. 409, 415, 593, 2° vol., 1881, pp. 369, 529, 534, 3° vol., 1882, p. 401; F.T. Perrens, Histoire de Florence, Paris, t. 2, 1889, pp. 408 e segg., t. 3, 1890, p. 53; F. Nitti, Documenti circa la politica di Leone X, «Archivio della Società romana di storia patria», 1893, 16, pp. 218-22; L. von Pastor, Storia dei Papi, vol. 4°, t. 1, Roma 1908, pp. 55, 176, 180, 354; D. Marzi, La cancelleria della Repubblica fiorentina, San Casciano 1910, p. 308.
Nella celebre epistola machiavelliana a F. Vettori del 10 dicembre 1513, comunicando all’amico di aver «composto uno opuscolo de principatibus», M. manifesta preoccupazione circa la presentazione dell’opera a Giuliano de’ Medici e l’eventuale ruolo che A. avrebbe potuto avere: «mi faceva dubitare che da Giuliano e’ non fussi, non ch’altro, letto, e che questo Ardinghelli si facessi onore di questa ultima mia fatica». Non a caso sarà proprio una lettera di A. a dissolvere le speranze di una ripresa dell’attività politica di M. nel nuovo regime mediceo: scrivendo a Giuliano de’ Medici il 14 febbraio 1515, A. trasmetteva il veto del cardinale Giulio ad assumere M. al proprio servizio: «io li ricordo – scrive A. riferendo parole del cardinale – che non è il bisogno suo né il nostro [...]. Scriveteli per mia parte che io lo conforto a non s’impacciare con Niccolò» (cfr. N. Machiavelli, Il Principe, a cura di G. Inglese, 2013, p. xxix).*
*Redazione