NOVELLI, Pietro Antonio (Pier Antonio)
– Nacque a Venezia il 7 settembre 1729 da Francesco, figlio di Giambattista, nobile trevigiano, e da Caterina Pedrini.
Le Memorie della vita di Pietro Antonio Novelli scritte da lui medesimo (Venezia, Biblioteca del Seminario patriarcale, 788.25=877.25), pubblicate da Luigia Rusconi (1834), sono la fonte principale, benché partigiana, per la conoscenza della sua biografia e delle sue opere.
Orfano di padre, ebbe come precettore don Pietro Antonio Toni da Varana di Modena, che lo fece «attendere fortemente al disegno» (ibid., p. 12) e alla copia di dipinti antichi e moderni, nonché allo studio della letteratura e del clavicembalo. Di Toni, morto il 25 luglio 1748, Novelli lasciò uno studio grafico per ritratto (cfr. Favilla - Rugolo, 2006A, pp. 74 s.), primizia per comprenderne gli esordi.
Rusconi (1834, p. 8) indica Gaspare Diziani tra i pittori contemporanei che ne influenzarono gli inizi; resta un’ipotesi «che frequentasse la bottega di Jacopo Amigoni, il quale stava per concludere il suo secondo soggiorno veneziano partendo nel 1747 per la Spagna» (Pallucchini, 1996, pp. 473, 475). Erede della collezione di disegni, stampe e libri del precettore, Novelli declinò l’offerta di formarsi presso un non specificato pittore veneziano, per proseguire da solo «gli studii più profondi dell’arte» (Per le auspicate nozze, 1834, p. 15). L’episodio è sintomatico del suo rifiuto della pratica di bottega, decaduta ormai anche a Venezia, a favore invece della frequentazione, fino al venticinquesimo anno d’età, dell’Accademia istituita dal Senato veneziano nel 1750 e operante «a tutti gli effetti, con regolare statuto e con maggiore autonomia, nel 1756» (Mariuz, 2005, p. 60). Nello stesso 1756 fornì i disegni preparatori per le incisioni di Bartolomeo Crivellari nell’opera In obitu Joannis Conradi Hofmann (Venetiis, apud Marcum Carnioni; Pettoello, 2005) prima attestazione di una nutrita produzione incisoria libraria e d’occasione (cfr. Sponchiado, 2012).
A trent’anni, nel 1759, grazie a due tele raffiguranti la Presentazione di Gesù al tempio e la Vergine del Buonconsiglio, realizzate per S. Francesco a Rovigo e tuttora esistenti, seppur rovinate (Romagnolo, 2011, p. 71), i suoi dipinti ebbero «un qualche distinto e fausto incominciamento» (Per le auspicate nozze, 1834, p. 15). L’anno dopo firmò e datò il quadro con il Cuore di Gesù adorato da s. Giuseppe per un altare posto sulla parete destra della chiesa di S. Fosca a Venezia, «opera di un certo languore sentimentale» (Pallucchini, 1996, p. 475). A quel periodo risale anche il dipinto con S. Marco (Trieste, Civici Musei di storia ed arte) per l’incisore Marco Pitteri, ammirato dal doge Marco Foscarini (Per le auspicate nozze, 1834, pp. 16 s.) e in seguito inciso dal figlio Francesco (Pavanello, 1999, p. 99 n. 88).
Il 3 febbraio 1762, nella chiesa veneziana di S. Lio (Favilla - Rugolo, 2006A, p. 83 n. 7), sposò la diciottenne Francesca Salutini. Nello stesso anno fu ricordato, con un ritratto di Alessandro Longhi, nel Compendio delle vite de’ pittori veneziani istorici. Non è «vanteria» (Fogolari, 1913, p. 269 n. 1) bensì svista la data 1754 indicata nell’autobiografia (Per le auspicate nozze, 1834, p. 18) a proposito della creazione ad «accademico professore»; tale dato biografico, inserito tra il matrimonio e la pala per il duomo di Tolmezzo con la Sacra Famiglia tra i ss. Domenico e Caterina da Siena del 1765, si riferisce infatti all’anno 1764. Fogolari riporta che la nomina formale avvenne l’8 maggio 1768 e che «morceau de réception» fu il dipinto raffigurante Il Disegno, il Colore e l’Invenzione (Venezia, Gallerie dell’Accademia), ritoccato nel 1776. Esso rappresenta una «meditata traduzione visiva di una teoria della pittura, da commentare immagine per immagine a un uditorio di studenti; per quanto concerne lo stile, un temperato classicismo di ascendenza bolognese si combina con la grazia ancora rococò della figura femminile in vesti argentee» (Mariuz, 2005, p. 63).
Il 26 agosto 1767 nacque a Venezia l’unico figlio, Francesco. In questi anni si contano le prime commissioni di prestigio: il dipinto da soffitto raffigurante la Nobiltà protegge le Scienze e quattro soprapporte con gli Elementi (Pavanello, 1997, p. 243 n. 19) documentate da disegni (Parigi, Fondation Custodia, Collection Fritz Lugt, inv. 1981 T 12-15), spediti in Ucraina per il «capitano Giorgio Sordikoff»; le decorazioni, in collaborazione con l’ornatista Pietro Visconti, per le residenze di Francesco Pisani a Venezia e a Stra (ibid., pp. 229, 242 n. 3).
Un importante riconoscimento gli arrivò tra il 1771 e il 1772 in occasione del concorso per la realizzazione di dipinti destinati alla Scuola Grande della Carità di Venezia; fu vinto da Giandomenico Tiepolo ma il giudizio sull’operato degli artisti demandato significativamente a professori dell’Accademia di S. Luca (Favilla - Rugolo, 2006B, pp. 208 s.) fu certamente favorevole nei confronti di Novelli; dalla corrispondenza di Francesco Milizia a Tommaso Temanza, si evince che a Roma Anton Raphael Mengs in un primo tempo aveva scelto il modelletto di Novelli non perché lo ritenesse di qualità superiore «ma perché conosceva le capacità dell’artista» (Pavanello, 2001, p. 247).
«La fama di pittore erudito che lo accompagnava fin dalla giovinezza» (Artemieva, 2009) dovette giungere anche a Caterina II di Russia, che gli ordinò il dipinto con La famiglia di Enea eseguito nel 1772 e collocato nella Galleria imperiale dell’Ermitage, accanto a Chirone consegna Achille a Teti di Pompeo Batoni, commissionato nel 1768. Nonostante gli elogi del doge Alvise IV Mocenigo e del principe polacco Taddeo Burzynski (Per le auspicate nozze, 1834, pp. 20, 23), il melodrammatico dipinto di Novelli, considerato troppo scolastico già nel catalogo dell’Ermitage del 1773 (Artemieva, 2009, p. 210), a confronto con la prova di Batoni non dovette riscuotere il successo sperato: suona come giustificazione non richiesta il curioso riferimento autobiografico (Per le auspicate nozze, 1834, p. 20) al clima rigido quale motivo della mancata partenza per la Russia.
I successivi soggiorni bolognesi del 1773-74, in occasione dell’incarico di decorare a tempera la dimora di Fabrizio e Prospero Fontani (ibid.), rientrano negli sforzi di aggiornamento classicistico da parte di Novelli. Ammesso nell’Accademia Clementina presieduta da Vittorio Bigari, nel 1774 fu iscritto anche all’Accademia di belle arti di Firenze.
Dopo aver fornito nel 1777 «l’invenzione per l’antiporta, le testate e i finalini» (Favilla - Rugolo, 2006B, p. 202) per una raccolta di poesie, dedicata a papa Pio VI, dell’erudito udinese Daniele Florio, nel 1778 dipinse, in occasione del matrimonio del figlio di questi, Sebastiano, La continenza di Scipione e Scipione parte per l’esilio (collezione privata): due austeri temi nei quali, come sottolinea Pavanello (1999, p. 98), «l’intento era accordare pittura, poesia e storia». Nello stesso periodo, il principe Sigismondo Chigi gli chiese «un disegno, in cui un pastorello suonasse una zampogna a’ piedi d’un simulacro d’Iside, con intenzione di farlo incidere in Roma» (Per le auspicate nozze, 1834, pp. 23 s.), poi tradotto in acquaforte dallo stesso Novelli.
Il 7 ottobre 1779 partì con la famiglia da Venezia alla volta di Roma, «onde appagare il [...] fervido desiderio, da gran tempo nudrito, di vedere e gustare non solo le statue antiche, ma le opere del divino Raffaello, di Michelangelo Bonarotti, e dei più insigni pittori» (ibid., p. 25). Incaricato in quello stesso anno di compiere «il quadro grande pel refettorio» dei monaci del convento veneziano di S. Lazzaro degli Armeni, raffigurante l’Ultima Cena, decise di dipingerlo a Roma per poi spedirlo a Venezia, dopo averlo mostrato ai colleghi e ai possibili mecenati capitolini. L’opera, ancora in situ, «d’un rigore classicistico da neofita, d’una impronta, potremmo dire, neo-poussiniana, nella semplicità dell’ambientazione, nella severità di pose ed effetti di lume» (Pavanello, 2001, p. 251), piacque molto nell’ambiente romano e fu cagione della commissione più prestigiosa ricevuta nell’Urbe: le tele con la Storia di Amore e Psiche per il soffitto di una delle sale al primo piano del casino del principe Marcantonio Borghese; i dipinti di sapore mengsiano (Mariuz, 2005, p. 71), inseriti tra gli ornati di Giovan Battista Marchetti, furono iniziati nel novembre 1780 e saldati il 9 ottobre 1781 (Wiedmann, 2001, p. 265).
Accolto in Arcadia il 26 novembre 1779 con il nome di Aristeno Parradiseo (Per le auspicate nozze, 1834, p. 30), Novelli fece costante riferimento all’ambasciatore Girolamo Zulian e al principe Abbondio Rezzonico, come tutta la nutrita colonia dei veneti, tra i quali si annoveravano Giannantonio Selva, Giacomo Quarenghi, Antonio Canova, Antonio d’Este, Giovanni Volpato e Francesco Piranesi (Pavanello, 2001, p. 250).
Tornato in Veneto, dal 1782 divenne il collaboratore preferito di Selva che lo aveva per primo accolto a Roma (Per le auspicate nozze, 1834, p. 26), in virtù di un tipo di pittura che «bene si accorda a quegli spazi progettati secondo i canoni di un elegante, domestico classicismo, come di un palladianesimo rivisto attraverso la lezione degli Adam» (Mariuz, 2005, p. 72). Gli affreschi dei palazzi Pisani e Zigno a Padova (Ton, 2011) e le decorazioni in alcuni palazzi veneziani realizzate in questo decennio (Pavanello, 1997), si rivelano in felice «equilibrio tra l’infatuazione del gusto neoclassico [...] e la tradizione tardobarocca alla quale era stato educato» (Pallucchini, 1996, p. 477). Esemplari le soprapporte monocrome di palazzo Mangilli a Venezia: simili a «tante testate e finalini dell’editoria veneziana, le esili composizioni ben esprimono la fase di transizione orientata al gusto neoclassico di fine secolo » (Pavanello, 1997, pp. 234-235). Tale indirizzo si ravvisa pure nella sua produzione incisoria, come prova «il confronto tra le illustrazioni che delineò per due diverse edizioni delle Opere di Goldoni, entrambe stampate a Venezia: quella Pasquali del 1761 e quella Zatta, uscita fra il 1788 e il 1795 (Mariuz, 2005, pp. 72 s.).
Nel 1788 fu iscritto all’Accademia degli Etruschi di Cortona (Per le auspicate nozze, 1834, p. 49).
Artista poco ispirato nell’ambito devozionale, trovò committenza ecclesiastica nel Friuli e nelle altre province della Repubblica veneziana (La pittura nel Veneto, 2011). Nel 1789 fu chiamato a Sutrio, in Carnia, per eseguire alcuni affreschi all’interno della parrocchiale; a tali dipinti collaborò anche il figlio, che eseguì per intero S. Odorico salva la città di Augusta, di «misero livello artigianale» (Pallucchini, 1996, p. 481). Spiccano in questa fase gli otto riquadri monocromi con le Storie del patriarcato d’Aquileia, sulle pareti della sacrestia del duomo di Udine, eseguiti nel 1792 con il quadraturista Giuseppe Morelli. Più che «precoce poetica storicistica» (Favilla-Rugolo, 2006, p. 219), gli affreschi, di condotta «arcaizzante, quasi da nazareno ante litteram, non privo di una certa goffaggine, ma certo interessante» (Pallucchini, 1996, p. 482), si riallacciano alla tradizione iconografica, ben nota in ambito romano e sviluppata anche in Veneto, delle rappresentazioni apologetiche di antiche gesta, esaltando, in questo caso, la storia millenaria del Patriarcato aquileiese, e del successivo (dal 1751) Arcivescovado di Udine.
Più a suo agio nella decorazione profana, Novelli realizzò ad affresco nel 1794 per il castello di San Salvatore di Collalto, presso Susegana, un ampio ciclo celebrativo, distrutto ma documentato da foto e disegni preparatori (Pavanello, 1999, pp. 92-97), composto da nove grandi comparti da soffitto e da varie decorazioni parietali in parte eseguite su suoi cartoni da Pasquale Canna e Giuseppe Galiazzi (Per le auspicate nozze, 1834, p. 65).
Allo scadere del XVIII secolo lavorò per Ludovico Manin, ultimo doge di Venezia, in una stanza al secondo piano del suo palazzo sul Canal Grande destinata a «sala da musica»: sia il tondo centrale del soffitto con Mercurio porge la cetra ad Apollo, sia le lunette raffiguranti il Centauro Chirone insegna la musica ad Achille e Pan insegna la musica ad Amore presentano pesanti rifacimenti (Pavanello, 1997, pp. 240 s.). Gli ultimi anni di vita furono segnati da una certa stanchezza esecutiva, come notato già da Rusconi (Per le auspicate nozze, 1834, p. 9) nella pala con la Purificazione della Vergine eseguita nel 1802 per S. Geremia a Venezia.
Per quanto riguarda l’attività letteraria e critica, «se di scarso valore è la sua vena poetica, caratterizzata dall’accento arcadico, [...] il Novelli ha il merito di aver rilevato la grandezza di Marco Boschini e l’importanza del suo linguaggio» (Pallucchini, 1996, p. 482). Sono inedite le sue Memorie di Marco Boschini (Venezia, Biblioteca del Seminario patriarcale, ms. 854.7) in cui apprezza le prove dialettali del critico seicentesco elogiandone lo stile poetico: «li versi non paiono versi ma un fluido corrente e naturale discorso» (P. Sohm, Pittoresco. Marco Boschini, his critics, and their critiques of painterly brushwork in seventeenth- and eighteenth century Italy, Cambridge 1991, p. 115 n. 113).
Morì a Venezia 14 gennaio 1804 (Per le auspicate nozze, 1834, p. 80).
Francesco, vicino al padre fin dai tempi del soggiorno romano, ne ereditò la predisposizione per le arti grafiche (Pugliese, 2007). Avendo Dominique Vivant Denon comprato dagli eredi Zanetti tre tomi con incisioni di Rembrandt nel 1789, l’anno seguente Francesco «ne ritagliò fedelmente e con maestrevole franchezza (Per le auspicate nozze, 1834, p. 45) 41 soggetti (Pugliese, 2007, p. 420). Riscosse inoltre successo con le 50 incisioni, in corso d’opera nel 1796 e terminate nel 1799, tratte da disegni di Marco Zoppo, allora creduti di Mantegna, donati al padre dall’udinese Giambattista de Rubeis, testimonianza della fortuna collezionistica dei cosiddetti primitivi alla fine del Settecento (Furlan, 1998). Con la caduta di Venezia e la crescita delle tipografie dell’entroterra, l’attività incisoria di Francesco conobbe una flessione; sopraggiunta la morte del padre, principale punto di riferimento stilistico, si dedicò, seguendo un’inclinazione personale, alle immaginette devozionali. Dal 1815 al 1820 circa, ebbe un nuovo momento di fortuna, anche grazie al trasferimento di Bartolomeo Gamba a Venezia per dirigere Alvisopoli (Pugliese, 2007, pp. 422 s.; per Gamba, amico di vecchia data di Francesco Novelli, cfr. ibid., p. 420 n. 2 e G.G. Fagioli Vercellone, in Dizionario biografico degli Italiani, LVIII, Roma 1998, s. v.); tuttavia il suo talento «inadatto ad illustrare pamphlet satirici e vignette politiche allora di gran moda» (Pugliese, 2007, p. 423) si eclissò ben presto. In qualità di pittore collaborò con il padre in opere in Veneto e in Friuli (Per le auspicate nozze, pp. 50 s., 53).
Morì a Venezia il 6 dicembre 1836.
Fonti e Bibl.: Per le auspicate nozze del marchese Giovanni Salvatico colla contessa Laura Contarini, a cura di L. Rusconi, Padova 1834; G. Fogolari, L’Accademia veneziana di pittura e scoltura del Settecento, in L’Arte, XVI (1913), pp. 241-272, 364-394; R. Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, II, Milano 1996, pp. 473-483 (con bibl.); G. Pavanello, L’attività di Pier Antonio N. nei palazzi veneziani, in Studi in onore di Elena Bassi, Venezia 1997, pp. 229-246; C. Furlan, Aspetti del collezionismo d'arte nel Friuli del Settecento: l’ambiente udinese, Giambattista de Rubeis e l’album di disegni «mantegneschi» del British Museum, in Arte, storia, cultura e musica in Friuli nell'età del Tiepolo. Atti del Convegno internazionale di studi, Udine… 1996, a cura di C. Furlan - G. Pavanello, Udine 1998, pp. 177-189; G. Pavanello, Schedule settecentesche: da Tiepolo a Canova, in Arte in Friuli Arte a Trieste, XVIII-XIX (1999), pp. 92-99; Id., Rapporti tra Venezia e Roma in età neoclassica, in Roma «Il tempio del vero gusto». Atti del Convegno internazionale di studi, Salerno-Ravello… 1997, a cura di E. Borsellino - V. Casale, Firenze 2001, pp. 245-262; G. Wiedmann, Pier Antonio e Francesco N. tra Venezia e Roma, ibid., pp. 263-276; A. Mariuz, La pittura di storia a Venezia nella seconda metà del Settecento, in Antonio Canova. La cultura figurativa e letteraria dei grandi centri italiani, I, Venezia e Roma, Bassano del Grappa 2005, pp. 59-77; A. Pettoello, Libri illustrati veneziani del Settecento. Le pubblicazioni d’occasione, Venezia 2005, pp. 207 s., n. 272; M. Favilla - R. Rugolo, Ut pictura poesis: appunti su P.A. N., in Bollettino dei Musei civici veneziani, s. 3, I (2006A), pp. 72-85; Id., «Il sommo onor dell’arte»: P.A. N. nella patria del Friuli, in Artisti in viaggio 1750-1900. Presenze foreste in Friuli Venezia Giulia, a cura di M.P. Frattolin, Venezia 2006B, pp. 191-226; G. Pavanello, Altre schedule settecentesche: da Diziani a Canova, in Arte in Friuli Arte a Trieste, XXVII (2008), p. 33; A. Sponchiado, Un disegno e una lettera di P.A. N., in Il cielo o qualcosa di più. Scritti per Adriano Mariuz, a cura di E. Saccomani, Cittadella 2007, pp. 414-418; P. Pugliese, Il contributo di Francesco Novelli (1767-1836) all’illustrazione libraria tra Sette e Ottocento, ibid., pp. 419-423 (con bibl.); M. Vanore, «...pittori valenti quanto rari»: un giudizio di Carlo Gozzi sulla pittura, in Bollettino dei Musei civici veneziani, s. 3, III (2008), pp. 86-91; I. Artemieva, «La famiglia di Enea»: un quadro di P.A. N. riscoperto, in Arte veneta, LXVI (2009), pp. 206-210; G. Bergamini, N. P.A., in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani, II, L’età veneta, a cura di C. Scalon - C. Griggio - U. Rozzo, Udine 2009, 1839-1843 (con bibl.); M. Favilla - R. Rugolo, Le «molto ben architettate apparenze» per l’entrata del cancellier grande Giovanni Girolamo Zuccato, in Studi veneziani, LXI (2011), pp. 199, 208-210; D. Ton, Padova, in La pittura nel Veneto. Il Settecento di Terraferma, a cura di G. Pavanello, Milano 2011, pp. 44 s.; A. Romagnolo, Polesine di Rovigo, ibid., p. 71; A. Craievich, Treviso, ibid., pp. 111 s.; C. Crosera, Friuli, ibid., pp. 382 s.; E. Lucchese, Istria e Dalmazia, ibid., p. 429; A. Sponchiado, P.A. N., in Tiepolo Piazzetta N. L’incanto del libro illustrato nel Settecento veneto (catal.), a cura di D. Ton - V.C. Donvito, Crocetta del Montello 2012, pp. 258-261.