LEO, Pietro Antonio
Nacque ad Arbus, villaggio della Sardegna sudoccidentale, il 2 apr. 1766. Della sua giovinezza sappiamo ben poco. Anche le scarne informazioni sulla sua intensa, seppur breve, esperienza di medico, scienziato e docente universitario derivano in buona parte dai cenni autobiografici presenti nella sua Lezione fisico-medica, e soprattutto dalle preziose Notizie biografiche pubblicate nel 1827 dal Giornale di Cagliari di S. Caboni, tratte dal coevo elogio De laudibus Petri Leonis medicinae antecessoris, offerto, a oltre vent'anni dalla scomparsa, da G. Zucca, docente di istituzioni mediche nell'Università di Cagliari, per l'inaugurazione dei corsi dell'anno 1827-28. A queste testimonianze si sono fondamentalmente attenuti i biografi ottocenteschi (Tola, Martini, Siotto Pintor) e a esse ci si deve ancora rifare perfino per la data di nascita, non più verificabile nei Quinque libri di Arbus, che registrano un ampio vuoto per il periodo 1763-96.
Nato in una famiglia contadina di modeste condizioni, il giovane L. fu precocemente avviato al lavoro dei campi da cui riuscì a sottrarsi, in contrasto con i genitori, per proseguire gli studi prima nel suo paese e poi a Cagliari, dove si trasferì dopo aver abbandonato, ancora adolescente, la casa paterna. Qui, ospite di una famiglia benestante presso la quale si era messo a servizio, completò gli studi di grammatica latina, umane lettere e retorica sotto la guida degli scolopi. Successivamente, il sostegno di uno zio ecclesiastico gli permise di intraprendere gli studi universitari: nel 1785-86 frequentò la facoltà di arti e filosofia e dal 1787 al 1789 quella di medicina, dove passò direttamente dal secondo al quarto anno e conseguì brillantemente la laurea meritando l'apprezzamento di tutti i docenti.
Nell'Università di Cagliari, che nella seconda metà degli anni Ottanta del Settecento risentiva ancora dei benefici effetti della riforma degli studi, varata vent'anni prima dal ministro G.B.L. Bogino, il L. si era potuto avvalere di diversi buoni maestri. Tra essi l'ex gesuita, letterato e filosofo G. Gagliardi, professore di fisica sperimentale; G.G. Paglietti, docente di medicina teorico-pratica e protomedico del Regno, autore di un'interessante Pharmacopea Sardoa (Calari 1773); P.F. Degioanni, professore di materia medica, il "valente medico e naturalista", di cui il L. si dichiarava discepolo. Tra i professori vi era inoltre il chirurgo M.A. Plazza, appassionato naturalista, che manteneva un intenso scambio epistolare con il botanico C. Allioni circa la flora e i fossili dell'isola.
Dopo la laurea il L. fece ritorno al paese natale per esercitare la professione medica; ma di lì a poco, presentatosi al concorso per la cattedra di istituzioni mediche nell'Università di Cagliari, prevalse su altri due concorrenti con il voto unanime del Collegio e ne divenne titolare (7 dic. 1794). Nella primavera del 1796, con la prospettiva di poter accedere alla più ambita cattedra di materia medica nella stessa facoltà, ottenne - grazie all'appoggio degli ambienti accademici che lo giudicavano "versatissimo nella teoria medica" - un "sussidio pubblico" per recarsi presso l'Università di Pisa per perfezionare le sue conoscenze di botanica e di anatomia. Nella vita del L. si aprì un periodo particolarmente stimolante, ricco di esperienze scientifiche e sanitarie che gli permisero di affinare le sue competenze professionali e soprattutto di maturare una nuova visione della medicina. A più riprese, tra l'estate del 1796 e l'autunno del 1800, in un periodo cruciale per lo sviluppo delle scienze mediche e l'affermazione della nascente cultura della salute pubblica, soggiornò in diverse città della Toscana e dell'Italia settentrionale, dove poté incontrare colleghi molto esperti nella clinica medica e frequentare i grandi ospedali di S. Chiara a Pisa e S. Maria Novella a Firenze, oltre a quelli di Bologna, Milano, Torino e Genova. In particolare in Toscana, dove fu più a lungo, godette della protezione di F. Vaccà Berlinghieri - padre del chirurgo Andrea e zio del fisiologo F. Chiarenti -, che in Italia fu tra i primi critici delle dottrine mediche di John Brown e che nel 1797, provveditore dell'Università di Pisa, tenne l'orazione per l'inaugurazione dell'albero della libertà a Firenze.
Nel frattempo l'apprezzamento degli ambienti scientifici torinesi e la buona fama che si era conquistato in Toscana valsero al L. l'attesa nomina alla cattedra di materia medica a Cagliari, conferitagli dal sovrano, senza concorso, il 20 febbr. 1798. Inoltre la R. Accademia di agricoltura di Torino lo elesse, il 19 settembre dello stesso anno, "socio libero corrispondente". Dal 1801 al 1804 fu a Cagliari, dove si dedicò all'insegnamento, a una generosa assistenza medica e a sperimentazioni scientifiche. Si prodigò inoltre in una vasta azione di apostolato civile, volta a contrastare la ciarlataneria nelle pratiche terapeutiche di una parte della classe medica e ad affermare i principî delle nuove scienze chimiche e fisiche. Nel settembre del 1801, con sorprendente tempestività rispetto a realtà europee sanitariamente più evolute, quale responsabile pro tempore dell'assistenza medica presso l'ospedale chiese al governo viceregio di potere sperimentare sugli esposti il "nuovo metodo" della "vaccinatura" per la prevenzione del vaiolo, cioè la pratica messa a punto nel 1798 da E. Jenner, che superava la precedente metodica di "variolizzazione" con pus umano. Nello stesso settembre 1801 il Collegio della facoltà medica, di cui il L. era membro particolarmente autorevole, interpellato da Carlo Felice di Savoia, all'epoca viceré di Sardegna, dette parere favorevole all'introduzione della vaccinazione nel Regno.
Sempre nel 1801 la R. Stamperia di Cagliari pubblicò l'unico scritto del L. a noi pervenuto: Di alcuni antichi pregiudizi sulla così detta sarda intemperie.Lezione fisico-medica, un'interessante dissertazione sulla malaria che andava ben oltre la polemica confutazione dei principali pregiudizi sulle cause della malattia e si proponeva, in realtà, come appassionato manifesto di una nuova, illuminata clinica medica.
L'opera, costituita da circa ottanta pagine precedute da una patriottica prefazione indirizzata agli studenti cagliaritani, è divisa in due parti. La prima punta a confutare i principali argomenti sul clima irrimediabilmente malsano della Sardegna attraverso una serrata disquisizione scientifica sulle caratteristiche geografiche, fisiche e ambientali dell'isola e la loro incidenza su flora, fauna e salute delle popolazioni. Per dimostrare, per esempio, l'impossibilità del contagio malarico attraverso l'assunzione di pesci e carni provenienti da ambienti insalubri, il L. richiamò le scoperte di L. Spallanzani sulle proprietà antisettiche dei "sughi gastrici" e gli studi di F. Chiarenti sui processi fisico-chimici della digestione, apparsi a Firenze tra il 1792 e il 1797, e al centro dei dibattiti scientifici durante il suo soggiorno in Toscana. Le considerazioni del L. non solo smentivano che la malaria fosse indissolubilmente connaturata alle caratteristiche ambientali dell'isola, ma miravano a sottolineare la molteplicità delle patologie febbrili spesso confuse con la malaria (o erroneamente ricondotte alla "cattiva temperie dell'aria") per fare emergere l'assoluta necessità di una corretta diagnosi e di una precisa individuazione delle cause della malattia.
Nella seconda parte dell'opera, la critica impietosa dei modi in cui molti medici affrontavano le cosiddette febbri autunnali (l'abuso o l'improprio ricorso a salassi, emetici e purganti) offriva lo spunto per una puntuale contestazione della cosiddetta polifarmacia, che si accompagnava a un'esaltazione delle virtù terapeutiche della china e dell'oppio e a un'argomentata rassegna delle "regole della buona clinica" e delle moderne teorie di diagnosi e terapia delle patologie febbrili.
Nell'estate del 1802, quando a Cagliari fu istituito l'innovativo servizio del "medico dei poveri", il L. fu uno dei quattro medici assegnati ai quartieri della capitale e destinato al popoloso sobborgo di Stampace. Nel novembre dello stesso anno divenne inoltre medico delle carceri. Risale probabilmente a questo periodo di stabile permanenza a Cagliari il matrimonio con Antonica Brundu, dalla quale nel 1802 ebbe un figlio, Pietro, che avrebbe ereditato la biblioteca e le carte paterne (forse anche i tre o quattro scritti inediti di cui riferiscono i primi biografi, ma dei quali si erano già perse le tracce poco dopo il 1840).
Nel 1804 il desiderio di aggiornarsi e di approfondire i suoi studi portò il L. dapprima a Montpellier, sede della prestigiosa Università di Chaptal, e poi a Parigi. Qui però si ammalò gravemente e morì, a soli 39 anni, l'8 maggio del 1805, circondato dall'affetto della piccola pattuglia dei patrioti sardi (G.M. Angioy, M. Obino, M.L. Simon) che avevano abbandonato l'isola dopo il tragico epilogo della "sarda rivoluzione" (1793-96).
Pochi mesi prima della sua scomparsa, il 31 genn. 1805 i soci della neonata R. Società agraria ed economica di Cagliari, posta sotto il patrocinio di Carlo Felice, lo avevano eletto all'unanimità socio ordinario, sottolineandone la notorietà e le benemerenze nella repubblica letteraria (era già membro dell'Accademia dei curiosi della natura di Erlangen, della Botanica di Ratisbona, della Mineralogica di Jena). Non è attendibile la tesi di F. Cherchi Paba, secondo cui il L. giunse in Francia passando per la frontiera spagnola per celare alla polizia sabauda la vera meta del suo viaggio, né quella di G. Madau Diaz, secondo cui dovette abbandonare l'isola e rifugiarsi a Parigi perché perseguitato per le sue idee progressiste. In realtà il L. era stato ampiamente partecipe del clima culturale e della fiammata patriottica che aveva alimentato la "sarda rivoluzione", ma non si era mai lasciato coinvolgere in quelle drammatiche vicende politiche, anche se poi, durante i soggiorni nella penisola, le affinità scientifiche lo avvicinarono quasi naturalmente agli ambienti patriottici e repubblicani sia toscani, sia torinesi.
Fonti e Bibl.: Cagliari, Arch. stor. dell'Università, sez. I (1673-1858), Studenti, Admittatur (per gli studi universitari; archivio in fase di riordinamento); Arch. di Stato di Cagliari, Reale Udienza cl. I 2/1-2, Atti giudiz. cat. I - Regie patenti 1764-1847, cc. n.n.; Intendenza generale, vol. 54, c. 32; Regia Segreteria di Stato e di guerra, 1a serie, vol. 313, cc. 130-131, 182-184, 238-240; 2a serie, vol. 114, cc. 3-9v, 18; vol. 800, cc. 196v, 120-127, 317-320 (per la carriera accademica, i viaggi di studio e gli incarichi sanitari); L. Baille, Discorso pronunziato nella solenne pubblica adunanza della R. Soc. agraria ed economica di Cagliari, Genova 1821, pp. III, VIII; Notizie biografiche del professore P. L. tratte dall'elogio del prof. Zucca, in S. Caboni, Saggi diversi letterari e scientifici. Ritratti poetico-storici d'illustri sardi moderni, Cagliari 1833, pp. 45-50 (sulla figura e l'opera); P. Tola, Diz. biogr. degli uomini illustri di Sardegna, II, Torino 1838, pp. 181-184; P. Martini, Biografia sarda, II, Cagliari 1838, pp. 223-234; G. Siotto Pintor, Storia letteraria di Sardegna, I, Cagliari 1843, pp. 311-320, 325-332, 350 s.; G. Manno, Note sarde e ricordi, Torino 1868, p. 193; F. Cherchi Paba, Don Michele Obino e i moti antifeudali lussurgesi (1796-1803), Cagliari 1969, pp. 222, 234-249, 282-284; G. Madau Diaz, Un capo carismatico. Giovanni Maria Angioy, Cagliari 1979, p. 477; G. Tore, Dalle epidemie alle vaccinazioni di massa, in Sanità e società. Sicilia e Sardegna. Secc. XVI-XX, III, a cura di C. Valenti - G. Tore, Udine 1988, pp. 273 s., 284, 289, 311, 317; M.L. Simon, La Sardegna antica e moderna, a cura di C. Sole - V. Porceddu, Cagliari 1995, pp. 22, 24, 123; L. Sannia Nowé, Dai "lumi" alla patria italiana. Cultura letteraria sarda, Modena 1996, ad ind.; A. Mattone - P. Sanna, La "rivoluzione delle idee": la riforma delle due università sarde e la circolazione della cultura europea (1764-1790), in Riv. stor. italiana, CX (1998), 3, pp. 871 s.; A. Mattone - P. Sanna, Istruire nelle verità patrie. Il "Prospetto dell'isola di Sardegna" di Matteo Luigi Simon, in Dal mondo antico all'età contemporanea. Studi in onore di Manlio Brigaglia offerti dal dipartimento di storia dell'Università di Sassari, Roma 2001, pp. 525 s., 574-576.