COPPOLA, Pietro Antonio
Nato a Castrogiovanni (l'attuale Enna) l'11 dic. 1793 da Giuseppe, maestro di cappella e compositore, e da Felicia Castro da Leonforte, sua seconda moglie, crebbe in un ambiente che avrebbe dovuto favorire le sue naturali inclinazioni musicali. ma il padre, che nel 1795 si era trasferito a Catania per assumervi il posto di maestro concertatore e direttore nel teatro Comunale, si oppose tenacemente a che il giovane intraprendesse lo studio della musica, desiderando per il figlio un avvenire che potesse garantirgli il successo e l'agiatezza che a lui, oscuro maestro al cembalo e autore di modesti lavori teatrali, la musica non aveva saputo dare. Ciò nonostante il C., rivelando una straordinaria precocità, iniziò appena settenne lo studio della musica sotto la guida del fratello maggiore Francesco e lo proseguì per cinque anni all'insaputa del padre, che, sorpreso dai progressi raggiunti dal figlio, autore di brevi pezzi vocali e strumentali, in cui a soli dodici anni aveva dato sufficienti prove del suo talento musicale, consentì a che intraprendesse un serio e regolare corso di studi musicali ed egli stesso gli impartì lezioni di armonia, contrappunto e fuga.
Nello stesso periodo il giovane musicista si fece apprezzare negli ambienti dell'aristocrazia catanese e la tradizione vuole che tra i suoi primi allievi vi sia stato il giovane Bellini. Nel 1810 successe al padre nel posto di maestro concertatore e direttore del teatro Comunale, carica che mantenne fino al 1832. In data non precisata, ma probabilmente intorno al 1815, si recò a Napoli per proseguirvi gli studi e fu ammesso nel conservatorio della Pietà dei Turchini, dove forse divenne allievo di N. Zingarelli.
Dedicatosi alla composizione, il C. intraprese la carriera teatrale con l'opera Il figlio bandito (o Il figlio del bandito), una commedia in due atti su libretto di anonimo, che fu rappresentata al teatro del Fondo di Napoli il 18 gennaio del 1816 e replicata poi nel novembre 1825 al teatro Comunale di Catania. L'opera ebbe un discreto successo pur senza superare i confini di un apprezzabile tentativo, sicché il giovane maestro fu incoraggiato a proseguire e a farsi conoscere da un pubblico più vasto. Seguì la commedia in due atti Artale d'Aragona (libretto d'autore incerto, Catania, teatro Comunale, 1816), che destò scarso interesse, anche per l'ostilità di una parte dell'aristocrazia catanese che, secondo quanto sostenuto dal Cametti, mal tollerò una certa indipendenza di carattere del C., contro il quale si rivolsero l'invidia e la gelosia dell'ambiente musicale locale, inasprito dal successo riportato dal giovane compositore, la cui attività creativa aveva avuto inizio molti anni prima con una ricca produzione religiosa comprendente vespri, inni, messe, compiete, litanie, oltre a varie cantate, sinfonie, ariette, tutte eseguite al teatro Comunale e ora disperse. Dalla biografia del C., dettata al figlio Ugo Pietro, si ha poi notizia di cinque composizioni, denominate dialoghi ma appartenenti al genere della cantata e del componimento drammatico, che furono eseguite tra il 1821 e il 1830 nella piazza del duomo in occasione di festeggiamenti in onore di s. Agata patrona della città (nella collezione Carvalhaes della biblioteca di S. Cecilia in Roma se ne conservano i libretti). Tali opere, in gran parte perdute, furono composte tra il 1821 e il 1830 e preannunciarono nella linea melodica e nella struttura drammatica certi aspetti stilistici dei lavori teatrali della maturità.
Nel 1825, sempre al teatro Comunale di Catania, in occasione del genetliaco di Francesco I, il C. fece rappresentare l'opera seria Il destino, un lavoro di cui non si hanno altre notizie se non che fu rappresentato anche a Napoli senza particolare successo (G. Carli Ballola). Nello stesso anno egli affrontò l'opera di carattere drammatico con l'Achille in Sciro (libretto di P. Metastasio, Napoli, teatro del Fondo); il lavoro, che il C. diresse poi nel 1832 al teatro S. Carlo di Napoli con grande successo, fu preceduto dalle lodi entusiastiche di P. Raimondi, G. Rossini e G. Donizetti, il quale, presente alle prove, disse: "l'Achille di Coppola è l'Achille della musica" (Zanetti). Il successo riportato anche durante le numerosé repliche indusse D. Barbaia, celebre impresario del S. Carlo, ad affidargli il posto di direttore lasciato vacante dal Raimondi, che era stato chiamato a dirigere il conservatorio di Palermo. Fu così consacrata ufficialmente la fartia del C. che cominciò ad essere richiesto anche da altri teatri; nel gennaio 1833 fece rappresentare al R. Ducal teatro di Milano Il gondoliere di Venezia ossia Gli sdegni amorosi, un intermezzo in due parti su libretto di Carlo Goldoni.
Recatosi nel 1835 a Roma, fu invitato dall'impresario del Valle a scrivere una opera per il celebre teatro romano: gli venne offerto un libretto apprestato per l'occasione da Iacopo Ferretti, che utilizzò un soggetto musicato quarantasei anni prima da G. Paisiello, la Nina pazza per amore. L'opera, un melodramma semiserio in due atti, fu rappresentata il 14 febbraio dello stesso anno e fin dalla prima rappresentazione, cui parteciparono interpreti d'eccezione quali Giovanni David, Adelina Spech ed Agostino Rovere, riportò un successo così entusiastico - senza dubbio tra i maggiori dell'epoca - che nello stesso 1835 apparve sulle scene di ben sedici teatri italiani, tra cui alla Pergola di Firenze (8 settembre), al S. Benedetto di Venezia (7 novembre, con il titolo La pazza per amore) e al Carignano di Torino.
Ammirata unanimemente dalla critica per la fluidità e la bellezza della linea melodica, la coerente e organica successione delle varie parti, tutte caratterizzate da una condotta formale d'ottima fattura e da un profondo e sapiente gusto teatrale, le venne rimproverato uno strumentale troppo rumoroso, influenzato in maniera fin troppo evidente dallo stile rossiniano. Ciò nonostante il successo con cui venne accolta alla sua prima apparizione si protrasse per parecchi anni e superò i confini italiani; fu rappresentata infatti a Lisbona (teatro S. Carlos, primavera 1816), Vienna (Kärtnerthortheater, primavera 1836), Odessa (teatro Imperiale, luglio 1836), Corfù (Nobile teatro di S. Giacomo, 6 dic. 1836), Barcellona (teatro Principale, primavera 1836), Madrid (teatro de la Cruz, dicembre 1836), New York (1847), Buenos Aires (1855) e all'Avana. Modificata e con libretto francese di A. Leuven e L. Brunswick, fu rappresentata il 9 dic. 1839 all'Opéra-Comique di Parigi con il titolo di Eva, poi il 6maggio 1854 al Théâtre-Italien con il titolo originale.
Assai apprezzata fu l'opera successiva, Gli Illinesi, un melodramma in due atti su libretto di F. Romani (Torino, teatro Regio, 26 dic. 1835, poi Lisbona, teatro S. Carlos, 1839); l'opera, che in un primo momento era stata commissionata a G. Donizetti, fu da questo definita "sparsa di non comuni bellezze quanto a stile, a convenienza e a declamazione" (A. Basso, Il teatro Regio..., p. 216). Il crescente successo del C., giunto al vertice della carriera e della popolarità, gli valse una scrittura da parte dell'impresario B. Merelli, che lo invitò a scrivere un'opera per il Kärtnerthortheater di Vienna; il lavoro, melodramma giocoso in due atti su libretto di J. Ferretti, intitolato la Festa della rosa ossia Enrichetta di Baienfeld, furappresentato con successo, nonostante la mediocrità del libretto, il 29 giugno 1836 alla presenza dell'imperatore e replicata poi il 6 settembre dello stesso anno al teatro alla Scala di Milano, protagonista Eugenia Tadolini. Compose poi per il teatro La Canobbiana di Milano La bella Celeste degli Spadari, un melodramma giocoso in due atti su libretto di Calisto Bassi N giugno 1837, quindi replicata alla Scala il 28 marzo 1842 e al teatro S. Carlos di Lisbona nell'autunno 1870).
Collaborò poi con Donizetti, G. Pacini, S. Mercadante e N. Vaccai ad una Cantata in morte di Maria Malibran, eseguita alla Scala il 17 marzo 1838 dai più famosi cantanti del momento, tra cui Marietta e Teresa Brambilla, Orazio Cartagenova, Sofia Schoberlechner, B. Colleoni Corti, C. Marcolini; sempre per la Scala scrisse Il postiglione di Longjumeau (libretto di C. Bassi, 6 nov. 1838), che fu accolto con favore dal pubblico, grazie anche all'interpretazione della Tadolini e di Domenico Donzelli. Nel 1839, recatosi a Lisbona per rappresentarvi le sue opere più recenti, compose l'opera seria Giovanna I, regina di Napoli (libretto di A. Pendola, teatro S. Carlos, 11 nov. 1840, poi Torino, teatro Regio, carnevale 1843-44); il caloroso successo riportato gli valse la nomina a membro del conservatorio reale di Lisbona (nomina che ebbe luogo il 4 luglio 1840 con un decreto reale che estendeva lo stesso beneficio a L. Cherubini, A. Manzoni e C. Cantù); lo stesso anno fu nominato direttore a vita dei teatro S. Carlos, per il quale scrisse l'opera seria in due atti Ines de Castro (libretto di A. Gasperini e S. Cammarano, secondo l'Enc. dello Spett., 26 dic. 1842). L'anno seguente rientrò in Italia per un breve soggiorno e, recatosi a Roma, fece rappresentare l'opera comica in due atti Il folletto (teatro Valle, libretto di J. Ferretti, 18 giugno 1843); contemporaneamente fu nominato maestro compositore onorario dell'Accademia di S. Cecilia.
Dividendosi tra la revisione di sue vecchie opere e la composizione di nuove, scrisse per il teatro Carolino di Palermo il dramma lirico in tre atti L'orfana guelfa (libretto di G. Solito, quaresima 1846; poi Lisbona, teatro S. Carlos come Stefanella, 1852), un'opera di cui, tra le molte pagine ammirevoli, fu particolarmente apprezzata, per la complessità della scrittura corale e la grandiosità degli effetti strumentali, la splendida marcia funebre finale. Seguì nella quaresima del 1847, sempre per le scene del teatro Carolino, l'opera seria Fingal (libretto di G. Solito; poi presentata con modifiche al teatro S. Carlos di Lisbona nel 1852 e nel 1864); nello stesso periodo gli fu offerto dal principe di Latriano il posto di direttore del conservatorio di Palenno, carica che tuttavia il C. rifiutò in opposizione al regime borbonico, rimanendo fedele ai suoi principi politici che anni prima gli avevano fatto respingere titoli onorifici offertigli a Vienna dall'imperatore d'Austria e poi da Francesco II. Nel 1865 fece ritorno a Catania, dove frattanto nel 1858 un suo ritratto era stato collocato nell'università insieme a quelli dei cittadini più illustri; per l'occasione venne coniata una moneta d'oro ed egli fu nominato socio onorario dell'Accademia scientifica Gioenia, che diede il suo nome ad una nuova specie malacologica, la Cerithiopsis Coppolae.
Tornato a Lisbona per riprendervi l'attività direttoriale al S. Carlos, il C. ritoccò sue opere precedenti apportandovi modifiche nella strumentazione e nella disposizione delle voci nelle parti corali; secondo quanto testimoniato dal figlio Ugo Pietro, scrisse per il teatro privato dei conte do Farrobo "tre opere grandiose in portoghese e una in francese, oltre a molti vaudevilles parte in portoghese e parte in francese"; tra le opere in portoghese si ricorda l'opera comica Oaunel de Salamao (L'anello di Salomone), un lavoro in due atti su libretto di anonimo, rappresentato nel teatro di Larangeiras a Lisbona il 23 giugno 1853; l'opera francese, di cui non si conosce il titolo, restò inedita e andò distrutta nell'incendio del teatro avvenuto nel 1861 (Chilesotti). Nel 1866, abbandonata la composizione di opere teatrali, scrisse l'oratorio Matatia vincitore, che inviò in dono al municipio di Catania.
A settantacinque anni sposò una vedova che gli diede due figli. Nell'ottobre 1871, preso da nostalgia per il suo paese e sollecitato dalle insistenze degli amici e degli estimatori, si decise a lasciare definitivamente il Portogallo. Recatosi dapprima a Novara, fu per tre anni direttore della cappella del duomo per cui compose alcune messe solenni e un Salve Regina; stabilitosi poi definitivamente a Catania nel 1873, abbandonò quasi del tutto il teatro e si rivolse esclusivamente alla produzione religiosa. Nominato direttore onorario di varie istituzioni musicali della sua città, divenne rapidamente l'esponente più autorevole della vita musicale catanese, tanto che un suo busto, opera dello scultore Grimaldi, fu collocato nei giardini Bellini; il 5 febbr. 1874 in occasione della festa di S. Agata compose una messa solenne che venne eseguita nel duomo e due anni dopo, su suggerimento di F. Florimo, gli fu commissionata dal municipio una Messa di requiem per la traslazione in patria delle ceneri di V. Bellini. Il lavoro, per soli, coro e orchestra, che il C. compose in due sole settimane, fu da lui stesso diretto il 24 sett. 1876 e gli valse la nomina di accademico corrispondente dell'Accademia del R. Istituto musicale di Firenze. Concluse la sua carriera di compositore con la cantata Ilvoto sciolto e un inno per duecento voci eseguiti insieme alla Messa di requiem, i cui autografi furono da lui donati al municipio di Catania.
Morì a Catania il 13 nov. 1876.
"Trovatore di novelle forme e non creatore di genio, ottimo contrappuntista e buon melodista", così lo definì Rossini (Florimo, IV), il C. fu compositore minore che conobbe tuttavia un momento di particolare fortuna negli anni in cui trionfavano i Puritani di Bellini e la Lucia di Lammermoor di Donizetti; il suo successo, legato peraltro ad una sola delle sedici opere da lui composte, la Nina pazza per amore, fu di portata internazionale forse senza precedenti, e fece guadagnare nel solo 835 all'editore F. Lucca oltre un milione di lire, una cifra astronomica per quei tempi; un successo che si protrasse negli anni e, secondo A. G. Corrieri, ancora nel 1893 era paragonabile solo a quello della Cavalleria rusticana di P. Mascagni (Gazzetta mus. di Milano, 1893, cit. da E. Zanetti, in Enc. dello Spett., III, col. 1413).
Per quest'opera, ammirevole per abilità contrappuntistica, fluidità della linea melodica e organicità strutturale, il C. fu considerato emulo e successore di Bellini, ma il suo talento non poteva consentirgli di aspirare a tanto e fu in realtà un compositore volto al passato più che proiettato verso il futuro; tentò di adeguarsi al mutare dei gusti, come dimostrano i continui rifacimenti cui sottopose le sue opere, ma non riuscì ad affrontare il processo di rinnovamento che gradualmente andava imponendosi nel melodramma ottocentesco. La sua fortuna rispondeva in pieno alle esigenze richieste dalla sopravvivenza di un gusto conservatore nelle forme e nei contenuti che un pubblico pigro e ritardatario accettava in pieno, incapace di adeguarsi alle innovazioni stilistiche e alle istanze suggerite dal rinnovamento del linguaggio espressivo che compositori di ben altra statura avevano gradualmente introdotto nelle loro opere. Si giustifica, di conseguenza, il favore incontrato dal C. in Portogallo, ove per oltre un trentennio seppe crearsi un piccolo ma ben saldo impero musicale; seppe peraltro scegliere un paese in cui era ancora possibile attuare una colonizzazione culturale e conquistare facilmente un pubblico non smaliziato e aperto alle, esperienze che provenivano da una nazione di antiche tradizioni musicali. Dotato di una sicura padronanza di mestiere, sorretto peraltro da un innegabile talento fatto di sentimento e slancio melodico piuttosto che di geniale fantasia creativa, la sua produzione ben si adattava alle esigenze d'un ambiente culturale ben disposto verso un compositore che proponeva un linguaggio lineare in cui si riconoscevano tratti melodici d'indole belliniana sostenuti da una strumentazione di derivazione rossiniana: elementi che concorrevano a fornire la produzione teatrale del C. di tutti quegli ingredienti che soli potevano garantire un successo immediato e non di rado entusiastico anche se effimero.
Oltre alle opere citate, il C. compose le ariette: Un cor che prova (1815), Fra i sospiri e fra gli affanni (1816), Inesperte donzellette (1818), La colpa commessa (1819), ilcanto pastorale Caro Dafrti e il dialogo Razia (1825);le cantate: Saffo in Leucadia (1826), Il mattino d'un giorno felice (1829), Ecco il fiume Simeto (1831). Autore di numerose composizioni di genere religioso in gran parte perdute, si ricordano in particolare due Compiete (1819-20), due Tantum Ergo per tenore (1819, 1827) e una Messa solenne per tenore e bassi (1810).
Compositore teatrale fu anche il padre Giuseppe nato a Napoli verso la metà del sec. XVIII; di lui si hanno scarse notizie biografiche e si ignora anche ove abbia studiato e quando abbia iniziato la carriera teatrale. Si sa comunque che nel 1772 alcune sue arie furono inserite nello Stravagante di N. Piccinni in una ripresa dell'opera al teatro dei Fiorentini dì Napoli, ove lo spettacolo fu fischiato (Faustini-Fasini). Trasferitosi in Sicilia intorno all'anno 1790., il C. occupò., come si è accennato, il posto di maestro di cappella nella chiesa-madre di Castrogiovanni (Erma), e vi rimase sino al 1795 allorché passò a Catania dove, sino alla morte, avvenuta intorno al 1810, fu direttore e maestro concertatore del teatro Comunale, avendo quale successore il figlio Pietro Antonio. Musicisti furono anche gli altri figli Francesco e Rosario, dei quali non si ha altra notizia.
Autore di opere e intermezzi, si ricordano di lui: L'amor vendicato, intermezzo a 4 voci (Roma, teatro Tordinona, 27 dic. 1779, e Napoli, teatro Nuovo, 1783); L'apparizione di s. Michele Arcangelo nel monte Gargano (libretto di G. Palomba, Napoli, teatro S. Carlino, quaresima 1788); L'assistenza celeste o sia L'angelo custode (libretto di G. Palomba. Napoli, teatrino al Largo del Castello, quaresima 1789, rappresentata da-una compagnia di ragazzi); I due fratelli perseguitati (libretto di G. Palomba, ibid. 1790; poi Milano, teatro La Canobbiana, 7 luglio 1792, e teatro alla Scala, autunno 1793. rappresentata dalla Truppa di giovanetti napoletani diretta da G. Bassi); Le nozze disturbate ossia Il cavaliere d'amore (Napoli, teatro S. Carlino, 1790; Milano, teatro La Canobbiana, luglio 1792); La giornata critica di don Gianpicone (Napoli, teatro S. Carlino, dicembre 1790; Milano, teatro alla Scala, 2 apr. 1794, rappresentata dalla Truppa di giovanetti napoletani diretta da G. Bassi); l'operetta morale Il ravvedimento del figliol prodigo (libretto di G. Palomba, Napoli, teatrino al Largo del Castello, quaresima 1790; Firenze, teatro del Cocomero, Avvento 1792 con il titolo de Il figliol prodigo).
Fonti e Bibl.: Critiche e notizie sulle opere teatrali rappresentate in Italia e all'estero, in Allgemeine musikal. Zeitung dal 1832 al 1847, XXXIV-XLIX, cfr. Register zu den letzten Zwanzie Jahrgängen der Allgem. musikal. Zeitung, Leipzig 1849, p. 49; P. Scudo, Les théâtres et les concerts, in Revue des Deux Mondes, 1° giugno 1854, p. 1062; R. Cavellaro, Elogio storico-biografico di P. A. C., Palermo 1857; O. Chilesotti, I nostri maestri del Passato, Milano 1882, pp. 419 ss.; F. Florimo, Traslazione delle ceneri di V. Bellini, Napoli 1877, pp. 134 ss.; Id., La scuola musicale di Napoli, Napoli 1880-82, III, pp. 107 s.; IV. pp. 388 ss.; U. P. Coppola, Biografia di P. A. C., Catania 1898; A. Cametti, Les Rossiniens d'Italie, in A. Lavignac-L. de la Laurencie, Encyclopédie de la musique, I, 2, Paris 1921, pp. 864 s.; A. Loewenberg, Annals of Opera, 1857-1940, I, Genève 1955, coll. 765, 775, 781 ss.; E. Zanetti, P. A. C., in Enc. dello Spett., III, Firenze-Roma 1956, coll. 1412 ss.; F. De Filippis-R. Arnese, Cronache del teatro S. Carlo, I, Napoli 1961, pp. 69, 76, 147; V. Terenzio, La musica ital. nell'800, Milano 1976, p. 300; C. Gatti, Il teatro alla Scala nella storia e nell'arte, II, Milano 1964, pp. 39 s., 43; A. Mondolfi Bossarelli, C. P. A., in Die Musik in Gesch. und Gegenwart, XV, Kassel 1973, coll. 1576 s.; Storia del teatro Regio di Torino, II, A. Basso, Il teatro della città dal 1788 al 1936, Torino 1976, pp. 215 s., 248; Storia dell'opera, Torino 1977, I, 2, pp. 396, 406, 408 s.; III, I, p. 357; 2, pp. 205 s.; C. Carli Ballola, P. A. C., in The New Grove Dict. of Music and Musicians, IV, London 1980, pp. 726 s.; F. Regli, Diz. biogr. dei più celebri poeti ed artisti ... dal 1800 al 1860, Torino 1860, p. 138; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, II, p. 355; F. Clement-P. Larousse, Dict. des Opiéras, Paris 1867-69, pp. 5, 373, 514 ss.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 368; Grove's Dict. of Music and Musicians, II, p. 429; Encyclopédie de la musique Fasquelle, I, p. 588; U. Manferrari, Diz. univ. delle opere melodrammatiche, I, Firenze 1954, pp. 271 s.; La Musica, Diz., I, p. 436; Enc. della musica Rizzoli Ricordi, II, p. 539. Per Giuseppe: E. Faustini-Fasini, Opere teatrali, oratori e cantate di G. Paisiello, Bari 1940; U. Manferrari, Dizionario univers...., p. 271; C. Gatti, Il teatro alla Scala .... II, p. 5; C. Schmidl; Diz. univ. dei musicisti, Suppl., p. 213; Enc. dello Spett., III, coll. 1411 s.