CALCO (Calchi), Pietro Antonio
Nacque a Milano nel 1578 da Sigismondo, feudatario di Pozzolo e Rosate e avvocato del Regio Fisco.
Dedicatosi agli studi di diritto si addottorò a Milano nel 1603 in utroque iure, e seguendo le tradizioni della famiglia decise di iscriversi al Collegio dei notai, in cui venne difatti accolto l'anno seguente. Dalle filze, conservate nell'Archivio di Stato di Milano, figura aver rogato dal 1606 al 1636. Egli, come il padre, ottenne la carica di regio avvocato fiscale, come risulta da vari documenti e da un mandato di comparizione a stampa per l'ammissione del nipote Pietro Antonio nel Collegio dei giureconsulti. Nel 1618 venne nominato cancelliere del Luogo pio della misericordia, di cui fu anche, a più riprese, benefattore. Aveva infatti un ricco patrimonio con numerosi possedimenti a Cassina Cassaglia e al Monte di Brianza, nei pressi del quale, nella chiesa di S. Maria di Sabbioncello, era il sepolcro gentilizio. Si sposò assai giovane con Margherita Scaccabarozia, da cui ebbe almeno tre figli, fra cui Sigismondo, senatore e giurista assai noto e Ludovico Maria, domenicano, professore di teologia a Bologna e, più tardi, prefetto del tribunale della Inquisizione a Como. Morì a Milano nel settembre del 1639.
Uomo assai colto e fornito di grande iniziativa, il C. partecipò attivamente alla vita culturale della sua città. Sensibile ai vari aspetti dell'umana sofferenza, partecipò ai primi tentativi in Milano di assistenza ai sordomuti che presso il Luogo pio della misericordia trovarono una vera e propria assistenza, sia pratica che spirituale. Seguace per un certo periodo del pensiero del Cardano, tentò di metterne più volte in pratica le teorie, che già nel De utilitate in adversis capienda erano tese a mostrare, contro l'opinione comune, che nel sordomuto esisteva una mente esprimibile attraverso la scrittura e la lettura, confortando così i primi tentativi di dare un'istruzione ai sordomuti, sull'esempio di quanto aveva preso a fare lo spagnolo Pedro de Ponce. La larga eco e i consensi che queste suggestioni trovarono a Milano sia tra gli uomini di scuola sia tra i giuristi sono dimostrati dal riconoscimento ai sordomuti della capacità di testare, riconoscimento di cui il primo esempio è proprio dovuto all'opera del Calco. Nel 1622certo Luca Riva, pittore allievo del Procaccini, sordomuto dalla nascita, essendo in pericolo di morte per una febbre maligna, chiese al Senato di poter testare a gesti. Grazie al C. che ne presentò la richiesta nella sua duplice veste di notaio e di cancelliere del Luogo pio della misericordia, il Senato concesse tale facoltà e così il C., col giudice del cavallo, tre interpreti, sette testimoni e due protonotari si recò al letto del malato, interrogandolo con l'aiuto degli interpreti. Dopo che il Riva ebbe mostrato un libretto di circa dieci fogli, su ciascuno dei quali aveva già, con disegno, significato le sue ultime volontà, il C. fece spiegare agli interpreti le varie figure e quindi fece sottoscrivere l'autore con il suo nome e cognome e l'aggiunta della somma lasciata. Nel primo foglio di questo testamento compaiono un uomo e una donna, vestiti alla moda spagnola del tempo (il Riva e la moglie) che si danno la mano, con scritto a fianco "lire 4.000" e la firma.
Spettatore assai curioso degli avvenimenti del suo tempo, il C. ha lasciato un breve diario, una piccola cronaca cittadina degli anni che vanno dal febbraio del 1632 al novembre del 1638. Il perché della scelta di tali anni o il fine che abbia spinto l'autore a registrare questi eventi non sono noti. In particolare gli anni 1635-36 sono quelli che narrano della spedizione dei Francesi, condotti dal duca di Rohan, con l'obiettivo di puntare su Milano. Il diario inizia con la processione di ringraziamento per la fine della peste (febbraio del 1632) e via via registra gli avvenimenti che l'autore giudica più significativi. Vengono così annotate la morte del gran cancelliere Antonio Ferrer, l'11 marzo 1633; l'ingresso in città di vari personaggi, Gian Giacomo Trivulzio, il nuovo governatore Egidio Albornoz, l'arcivescovo Cesare Monti, il cardinal Ferdinando infante di Spagna. Talvolta l'autore dimostra un interesse più vasto o accenna a qualche riflessione critica: a proposito dell'alleanza fra gli Svizzeri e la Spagna o delle lotte, più o meno palesi, tra il potere ecclesiastico e civile, sia che si tratti dell'ordine delle precedenze durante la processione, sia della difesa del ducato contro i Francesi, l'ostilità è sempre manifesta e, conclude melanconicamente l'autore, "a fine perde sempre fra i due il popolo". Il diario, manoscritto, è conservato nell'Archivio Trivulziano, Araldica, b. 103.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Araldica, s. v. Calco; Ibid., Notarile, s. v. Calco, ad annos 1606-1636; Milano, Arch. stor. civico, Famiglie nobili, b. 323; Ibid., Materie, b. 678; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, Mediolani 1745, coll. 423 s.; P. Fornari, Cenni storico-critici sull'istruzione dei sordomuti, in Il R. Ist. naz. per i sordomuti a Milano e la R. Scuola normale G. Cardano, Milano 1900, pp. 5 ss.;A.Giulini, Un diario secentesco inedito d'un notaio milanese, in Arch. stor. lomb., LVII(1930), pp. 476 ss.; M. Bendiscioli, Vita sociale e culturale, in Storia di Milano, X, Milano 1957, p. 478; G. Vismara, Le istituzioni del patriziato, ibid., XI, ibid. 1958, p. 281.