MATTIOLI, Pietro Andrea
MATTIOLI (Matthioli), Pietro Andrea. – Nacque a Siena il 12 marzo 1501, da Francesco, medico, e da Lucrezia Buoninsegna.
La famiglia non era di condizioni economiche agiate, anche a causa dell’alto numero di figli, tredici. Eppure, a giudicare dal documento di battesimo del M., essa avrebbe fatto parte dell’élite culturale cittadina. Padrino del M. fu, infatti, Alessandro d’Agnolo Piccolomini, che era stato maestro di casa di papa Pio II Piccolomini (cfr. P.A. M. nobile dell’Impero…, p. 5).
Non vi sono indicazioni univoche su dove il M. abbia condotto i suoi primi studi. Secondo la biografia settecentesca dell’abate G. Fagiani, il M. avrebbe trascorso l’infanzia a Venezia, e tra questa città e la vicina Padova avrebbe ricevuto la sua formazione di base, studiando latino, greco antico, retorica e filosofia. Secondo una più antica biografia, quella di G.N. Bandiera (ibid., p. 7), il M. si dedicò ai primi studi a Siena, in una scuola che seguiva il nuovo modello didattico proposto da Erasmo da Rotterdam. Un documento, di recente rinvenuto nell’Archivio della Balia di Siena e datato 11 luglio 1516 (ibid., p. 8), sembrerebbe avvalorare questa seconda ipotesi.
Si tratta di un’esenzione da tutte le tasse in favore della famiglia di Francesco Mattioli, «attenta paupertate et calamitate», che quindi nell’estate del 1516 non era ancora a Venezia (cfr. Lenzi).
Negli anni successivi il M. frequentò a Padova la facoltà di medicina, raggiungendo i gradi accademici nel 1523. Rientrato a Siena, vi soggiornò per un breve periodo, forse ricoprendo un incarico come lettore presso lo Studio locale. A causa del clima di insicurezza nella città, teatro di sanguinosi scontri tra fazioni rivali, si trasferì a Perugia, dove si dedicò allo studio della chirurgia sotto la guida di Gregorio Caravita. Fu quindi a Roma, praticante di medicina prima presso l’ospedale di S. Spirito e poi presso quello di S. Giacomo.
Nel 1527, dopo il sacco di Roma, riparò nel più sicuro territorio del Principato vescovile di Trento. Posta la residenza in Val di Non, acquisì in breve tempo una grande reputazione grazie all’esercizio dell’arte medica. La sua fama arrivò all’orecchio del principe-vescovo, futuro cardinale, Bernardo Cles, che nel 1528 lo volle alla sua corte. Dell’autorevole Cles il M. divenne, oltre che medico, anche botanico, con il compito di curare lo splendido giardino che ornava la residenza signorile, e consigliere personale; partecipò così alla sua amicizia con Erasmo da Rotterdam e con altri umanisti, italiani ed europei. Sempre nel 1528 sposò Elisabetta, una donna trentina di cui non è noto il cognome, che gli diede un figlio.
La prima opera del M. risale al 1534 – ma, secondo alcuni, al 1530 (Moretti, 1843, p. 32; De Toni, 1901, p. 12) – con la pubblicazione a Bologna, presso gli eredi di G. Benedetti, del Morbi Gallici novum ac utilissimum opusculum, ristampato l’anno successivo in un’antologia, dedicata al suo mecenate trentino (Liber de morbo Gallico in quo diversi celeberrimi in tale materia scribentes medicine contine[n]tur auctores, Venezia, G. Padovano - V. Ruffinelli), che raccoglieva i più avanzati contributi sulla materia. In seguito il lavoro del M. fu inserito nel Morbi Gallici curandi ratio exquisitissima a variis iisdemque peritissimis medicis conscripta (Lione, S. Gabiano e fratelli, 1536), testo di ampia diffusione tra gli specialisti che si occupavano della sifilide.
Nell’opuscolo il M. proponeva come rimedio alla sifilide una cura a base di mercurio, che ben presto divenne quella più diffusa in tutto il continente, ma che aveva la controindicazione di provocare spesso una non meno grave intossicazione.
Nel 1536 il M. accompagnò il cardinale Cles che si recava a Napoli per incontrare l’imperatore Carlo V. Quando, in seguito, il cardinale si fece promotore di un notevole ampliamento in stile rinascimentale (il cosiddetto magno palazzo) del castello del Buonconsiglio, sede della corte vescovile a Trento, il M. compose il poema Il magno palazzo del cardinale di Trento (Venezia, F. Marcolini, 1539).
Prendendo a pretesto la descrizione dell’intervento artistico-architettonico (e fornendo preziose informazioni sul nuovo aspetto assunto dall’edificio), il M. vi fa la sua professione intellettuale celebrando gli ideali della humanitas.
Nel 1539 il cardinale Cles morì e nel Principato di Trento gli succedette il vescovo Cristoforo Madruzzo, che congedò il M., allora forse ospitato a Cles nel castello della famiglia del defunto cardinale, se è vero che l’anno dopo accompagnò la nipote del cardinale, Anna, alle fonti di Bormio per cure termali. La morte del suo protettore lo gettò di nuovo nelle ristrettezze economiche, come si evince da una lettera del 1541 in cui si lamenta delle pessime condizioni finanziarie in cui versava (lettera a Niccolò da Rabatta, cit. in Fagiani, pp. 21 s.). In cerca di miglior fortuna, il M. decise di trasferirsi a Gorizia nel 1542, ma, secondo alcuni, già nel 1541 (Moretti, 1844, p. 59; De Toni, 1901, p. 14). Qui soggiornò fino al 1555, esercitandovi con qualche riluttanza la professione medica (cfr. la lettera a Niccolò da Rabatta del 1545 cit. in Fagiani, p. 23). A Gorizia si dedicò soprattutto a completare la stesura della sua opera principale, i Di Pedacio Dioscoride Anazarbeo libri cinque Della historia et materia medicinale tradotti in lingua volgare italiana…, la cui prima edizione, senza figure, fu pubblicata a Venezia per i tipi di Nicolò de Bascarini nel 1544.
Iniziato prima del 1533, il libro ebbe almeno tredici edizioni in vita (dalla terza edizione ufficiale, Venezia 1550, con indici e figure; poi dall’undicesima ufficiale, ibid. 1568, con le figure grandi e migliorate, disegnate da Giorgio Liberale e incise da W. Meyerpeck), e numerose traduzioni in francese, boemo e tedesco, oltre a quelle in latino, note con il nome di Commentarii e da considerarsi come opera a sé. Il libro rappresenta il più noto testo botanico-farmaceutico del XVI secolo, nel quale il commento alla traduzione del De materia medica di Dioscoride Pedacio, summa delle nozioni di medicina naturale del tempo, era integrato con aneddoti e notizie legati alla tradizione popolare e con l’aggiunta della descrizione delle virtù medicinali di centinaia di nuove piante, una buona parte delle quali sconosciute in quanto importate dall’Oriente e dalle Americhe e altre erborizzate direttamente dal M. nelle sue ricerche condotte nella Val di Non e sul monte Baldo.
La versione dell’opera di Dioscoride non fu l’unica traduzione che il M. diede alle stampe negli anni giuliani. Infatti, nel 1548, oltre alla seconda edizione dei Discorsi (la prima con l’aggiunta della versione dell’apocrifo sesto libro sui rimedi dei veleni), impressa in Venezia per i tipi di V. Valgrisi, pubblicò una traduzione in volgare italiano della Geografia di Tolomeo (La geografia di Claudio Ptolemeo alessandrino, con alcuni comenti et aggiunte fattevi da Sebastiano Munstero alemanno, con tavole non solamente antiche et moderne solite di stamparsi, ma altre nuove aggiuntevi di messer Iacopo Gastaldo piamontese cosmografo…, Venezia, G.B. Pederzano, 1548), pregevole anche per la traduzione del notevole commento del cosmografo tedesco Sebastian Münster. Quest’opera manifesta l’altro interesse coltivato dal M.: la cartografia. È stato infatti sostenuto che egli fu anche pioniere cartografo, tanto da realizzare una grande mappa topografica della Val di Non, oggi perduta, di cui possediamo tracce in due stampe cinque-seicentesche (cfr. Lenzi).
La fama del M. e della sua opera principale aveva ormai varcato i confini della penisola. La traduzione di Dioscoride ebbe un notevole successo editoriale, tanto che fu stampata da tipografi senza scrupoli in edizioni non approvate dal M. e con notevoli errori, come avvenne a Mantova per i tipi di G. Ruffinelli nel 1549. Tale circostanza spinse il M. a fornire un’edizione latina del libro, i Commentarii in libros sex Pedacii Dioscoridis Anazarbei De materia medica… (Venezia, V. Valgrisi, 1554), alla quale seguirono in vita almeno altre dieci edizioni: (dalla terza, Venezia 1558, con la difesa contro le accuse di Amato Lusitano (João Rodrigues de Castelo Branco); dall’ottava, Venezia 1565, con le figure grandi di Liberale e con un saggio sulla distillazione delle acque al posto della difesa contro Amato Lusitano. L’opera fu sottoposta a un attento vaglio critico dai maggiori specialisti europei, suscitando anche dure reprimende. Fu così che Amato Lusitano pubblicò In Dioscoridis Anazarbei De medica materia libros quinque enarrationes eruditissimae (Venezia, G. Scoto, 1553), in cui accusava il M. di plagi, errori e falsi. Ne nacque una polemica, nutrita anche da una successiva risposta del M., l’Apologia adversus Amathum Lusitanum cum censura in eiusdem enarrationes (Venezia, V. Valgrisi - B. Costantini, 1558), che non scalfì il credito ormai acquisito dal Mattioli.
Ferdinando I d’Asburgo, al quale era stata dedicata la prima edizione dei Commentarii, lo chiamò alla corte di Praga come medico personale del suo secondogenito, l’arciduca del Tirolo Ferdinando, governatore della Boemia. La Municipalità di Gorizia, nel tentativo di trattenerlo, lo gratificò con manifestazioni di stima, tra l’altro donandogli una preziosa catena d’oro, che non ebbero l’effetto sperato. Così, nel 1555 il M. si trasferì nella capitale boema, ponendosi al servizio degli Asburgo. Qui svolse il compito affidatogli con molta attenzione, assistendo sia il principe, spesso vittima di crisi depressive acute, sia la moglie di questo, Filippina Welser. D’altronde, il ruolo ricoperto lo obbligava a incombenze non sempre svolte volentieri, come quando, nel 1556, fu costretto a seguire suo malgrado l’arciduca Ferdinando in Ungheria nella guerra contro gli Ottomani. Ma, nel complesso, ciò gli permise di dedicarsi con agio agli studi e di allargare ulteriormente la cerchia dei suoi già numerosi rapporti intellettuali. Nel 1557 si sposò per la seconda volta, con una nobildonna goriziana, Girolama di Varmo, dalla quale ebbe due figli chiamati, in onore della dinastia asburgica, Filippo, nato nel 1562, e Massimiliano, nato nel 1568. Sempre del 1557 è un secondo violento attacco ai Discorsi, questa volta da parte di un illustre botanico prussiano, Melchior Guilandino (Melchior Wieland).
La polemica prese l’avvio dalla pubblicazione di una lettera di Guilandino a Konrad Gesner, seguita dalla risposta, in un opuscolo dal titolo di De stirpium aliquot nominibus vetustis ac novis… Epistolae II…, Basileae, N. Episcopio jr., 1557. La lettera ha come oggetto alcuni errori del M. nell’identificazione di specie botaniche citate dai classici. Il tutto in una forma notevolmente provocatoria e polemica, tanto che Gesner, nella lettera responsiva, sentì il bisogno di prendere le distanze da ciò che affermava Guilandino, concludendo che gli errori del M. erano di ben poco momento, non in grado di inficiare il valore complessivo dell’opera. Coinvolto nella disputa, il M. replicò con una Epistola de bulbocastaneo, oloconitide, mamira, traso môly, doronico, grano zelin, zedoaria…, Pragae, J. Cantor, 1558 (poi a partire dalle pp. 159-172 in Epistolarum medicinalium libri quinque, Pragae, J. Melantrich, 1561, libro che raccoglieva la corrispondenza scientifica del M. e che ebbe subito un notevole successo, con una successiva edizione: Lione, C. Farina, 1564), nella quale non solo rifiutava i rilievi dell’avversario, ma più volte lo apostrofava coloritamente. Guilandino non fece attendere la risposta, e diede alle stampe nel giro di pochi mesi l’opera Apologiae adversus Petr. Andream Matthaeolum, liber primus, qui inscribitur Theon (Padova, G. Percacino, 1558), il primo appunto di un’annunciata triade che non vide mai i torchi, nel quale si diede a contestare cento e più altri errori botanici commessi, a suo dire, dal M. nel commentario dioscorideo. La polemica tra i due non terminò: tre anni dopo, l’ormai annosa disputa si arricchì di un nuovo capitolo, rappresentato dalla pubblicazione, alle pp. 228-234 dell’Epistolarum medicinalium del M. di una lettera consolatoria di G. Cratone contro gli assalti dei detrattori, e di una responsiva del M., nella quale, tra furibondi epiteti all’indirizzo di Guilandino, erano proposti venti problemi botanici, a confutazione degli appunti che gli erano stati mossi nel Theon. Guilandino, dopo aver attentamente studiato ciò che gli era contestato, replicò con una difesa, comparsa a firma di P. Hess ma certamente di sua mano, che porta il titolo di Defensio XX. problematum Melchioris Guilandini adversus quae Petr. Andreas Matthaeolus ex centum scripsit…, Patavii, M. Olmo, 1562. La replica, di tono e di contenuto simile alle precedenti, fu l’ultimo scritto direttamente inscrivibile nei termini della polemica, pur se negli ulteriori lavori dei due contendenti non è raro imbattersi in punzecchiature, più o meno ampie e argomentate, all’indirizzo dell’avversario.
Mentre la polemica era in corso il M. pubblicò un opuscolo che descriveva l’ingresso trionfale dell’imperatore Ferdinando I d’Asburgo a Praga l’8 nov. 1558. L’opera (Le solenni pompe, i superbi et gloriosi apparati… fatti alla venuta dell’invittissimo imperadore Ferdinando primo…, Praga, J. Melantrich, 1559) ha un posto nella storia del libro, in quanto sembra essere il primo testo stampato in italiano in terra boema. D’altronde, essa è certamente da leggersi come l’atto dovuto di un cortigiano letterato al suo principe, che non mancò mai di procurare al M. onori e riconoscimenti, come quando, il 13 luglio 1562, ottenne per lui il titolo di consigliere aulico e nobile del Sacro Romano Impero.
Nel 1564, morto Ferdinando I e salito al trono Massimiliano II, il nuovo imperatore offrì al M. l’opportunità di continuare a servire presso la corte imperiale, che il M. accettò, restando a Praga per altri sette anni. Nel 1569 il M. sposò in terze nozze una donna trentina, Susanna Caerubina. In quegli anni si era dedicato a opere riguardanti la medicina e la farmacopea.
Furono pubblicati: Del modo di distillare le acque da tutte le piante et come vi si possino conservare i loro veri odori et sapori (Venezia, V. Valgrisi, s.d., poi stampato in appendice ai Discorsi a partire dall’edizione valgrisiana del 1568 e, in traduzione latina, in appendice ai Commentarii a partire dall’edizione veneziana del 1565); un Opusculum de simplicium medicamentorum facultatibus secundum locos et genera… (ibid., V. Valgrisi, 1569); una lunga lettera a Petrus Sibyllenus contenente alcuni «remedia contra pestem», da quest’ultimo pubblicata nella sua opera De peste liber… (Praga, J. Melantrich, 1564).
Nel 1571, ormai anziano e provato dalle fatiche della professione, il M. decise di ritirasi a vita privata, lasciando Praga e dirigendosi dapprima a Verona, quindi a Trento e infine a Innsbruck, dove passò gli ultimi sei anni della sua vita. Qui si dedicò alla cura per la stampa delle sue opere (una nuova edizione dei Discorsi, Venetia, eredi di V. Valgrisi, 1573; una ulteriore edizione dei Commentarii, Venetiis, ex officina Valgrisiana, 1575; un Compendium de plantis omnibus una cum earum iconibus…, Venetiis, in officina Valgrisiana, 1571), nonché alla sistemazione dei suoi affari, come testimonia la più tarda lettera del M. a noi giunta, datata 2 marzo 1577, che consiste in una procura per la vendita della casa gentilizia di Siena.
Il M. morì di peste a Trento, dove si era recato in visita nei primi mesi del 1578 (1577 ab Incarnatione).
Postuma fu pubblicata l’opera omnia (Opera quae extant omnia…, s.l. [ma Francoforte sul Meno], N. Bassee, 1598), poi più volte ristampata; nel 1617 i suoi due figli fecero erigere, a destra del portale maggiore del duomo di Trento, il monumento funebre al M., opera tuttora esistente, attribuita all’architetto e scultore Mattia Carneri.
Fonti e Bibl.: Lettere scritte dal M. e a lui indirizzate sono pubblicate, oltre che nella raccolta Epistolarum medicinalium libri quinque, in C. Raimondi, Una lettera inedita di P.A. M. a Gabriele Falloppio, in Bull. senese di storia patria, X (1903), pp. 286-289; Id., Lettere di P.A. M. ad Ulisse Aldrovandi, ibid., XIII (1906), pp. 121-185 (altre lettere, inedite, all’Aldrovandi sono in Carteggio Aldrovandiano, Bologna, Biblioteca univ., Mss. Aldrov., 382, tomo I); Epistolario di Gabriele Falloppia, a cura di P. Di Pietro, Ferrara 1970, pp. 37-39, 44-47; E. Stendardo, Ferrante Imperato. Collezionismo e studio della natura a Napoli tra Cinquecento e Seicento, in Quaderni dell’Acc. Pontaniana, XXXI (2001), pp. 134-136. Per le notizie biografiche e sulle opere: G. Moretti, Difesa e illustrazione delle opere botaniche di P.A. M., in Giorn. dell’I.R. Ist. lombardo di scienze, lettere ed arti e Biblioteca italiana, 1843, vol. 6, pp. 10-33; 1844, vol. 9, pp. 54-90; 1845, vol. 11, pp. 257-287; 1846, vol. 14, pp. 36-64; 1847, vol. 16, pp. 341-360; n.s., 1850, vol. 2, pp. 207-221; 1851, vol. 3, pp. 268-286; 1852, vol. 4, pp. 396-416; E.H.F. Meyer, Geschichte der Botanik, IV, Königsberg 1857, pp. 366-378; G. Fagiani, La vita di P.A. M. raccolta dalle sue opere, a cura di L. Banchi, Siena 1872; G.B. De Toni, Commemorazione di P.A. M., Siena 1901; Id., I placiti di Luca Ghini intorno alle piante descritte nei Commentarii al Dioscoride di P.A. M., in Memorie del R. Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, 1907, vol. 27, n. 8, pp. 3-45; P. Piccinini, Il «viscum album» nella storia delle scienze mediche e naturali, in Riv. di storia delle scienze mediche e naturali, XIV (1923), vol. 5, pp. 76-86; H. Leclerc, Un naturaliste irascible: P.A. M. da Sienne, in Ianus, XXXI (1927), pp. 336-345; L. Casotti, Farmacologia stomatologica di P.A. M. (1501-1577), Modena 1935; A. Cetto, A proposito di un manoscritto di P.A. M. esistente nella Biblioteca comunale di Trento, in Studi trentini di scienze storiche, XXXVIII (1959), 3, pp. 76-108; G.E. Ferrari, Le opere a stampa del Guilandino, in Libri e stampatori in Padova. Miscellanea di studi storici in onore di G. Bellini, Padova 1959, pp. 395-417, 422-424, 436 s.; V. Cappelletti, Nota sulla medicina umbra del Rinascimento: P.A. M., in Filosofia e cultura in Umbria tra Medioevo e Rinascimento. Atti del IV Convegno di studi umbri, Gubbio… 1966, Perugia 1967, pp. 513-531; J. Stannard, P.A. M. sixteenth-century commentator on Dioscorides, in Bibliographical Contributions, Lawrence, KS, 1969, pp. 59-81; G. Selmi, P.A. M. medico e botanico del Cinquecento, in Pagine di storia della medicina, XIV (1970), 4, pp. 20-25; D.A. Franchini, Spunti malacologici rilevanti in una poco nota edizione del «Dioscoride» di P.A. M., Paderno Dugnano 1974; F. Barberi, I Discorsi di P.A. M. su Dioscoride, in Id., Per una storia del libro: profili, note, ricerche, Roma 1981, pp. 185-196; A. Bertoluzza, Il magno palazzo del cardinale di Trento: impressioni visive ed emozioni sentimentali nel poema di P.A. M., Calliano 1984; T. Pesenti Marangon, Il Dioscoride di P.A. M. e l’editoria botanica, in Trattati di prospettiva, architettura militare, idraulica e altre discipline, a cura di D. Gioseffi, Vicenza 1985, pp. 61-103; W.P. Watson - S. Raphael - I. Bain, The M. Woodblocks, London 1989; K. Mägdefrau, Geschichte der Botanik, Stuttgart 1992, ad ind.; Saggi su P.A. M., in I giardini dei semplici e gli orti botanici della Toscana, a cura di F. Vannozzi - S. Ferri, Perugia 1993, pp. 347-383; P.A. M. La vita e le opere con identificazione delle piante, a cura di S. Ferri, Perugia 1997; S. Ferri, I rapporti tra i prefetti del giardino di Padova e P.A. M., in Museologia scientifica, XIV (1998), pp. 83-92; C. Cristiani, Il giardino di carta di P.A. M., in C. Cristiani et al., Scienziati a Siena, Siena 1999, pp. 7-18; F. Sboarina, Il lessico medico nel Dioscoride di P.A. M., Frankfurt a.M. 2000; M. Hejnova, P.A. M. (1501-1578), Praga 2001; P.A. M. nobile dell’Impero. I Mattioli di Siena e quelli di Udine. Catalogo della mostra documentaria…, a cura di M.A. Ceppari - P. Turrini, Siena 2005; La complessa scienza dei semplici. Atti delle celebrazioni per il V centenario della nascita di P.A. M.… 2001, a cura di D. Fausti, Siena 2006; M.L. Lenzi, L’umanista P.A. M.: un senese europeo, http://www.storia.unisi.it/index.php?id=335.