Pietra
Con tal nome si suole comunemente designare (nei testi danteschi si ha sempre la forma ‛ Petra ') la giovane donna che è oggetto di un tenace e non corrisposto sentimento amoroso di D. in un gruppo di rime ben individuabile per caratteristiche comuni, che comprende quattro canzoni (Io son venuto; Al poco giorno; Amor, tu vedi ben; Così nel mio parlar, Rime C, CI, CII, CIII), di cui la seconda ha la struttura metrica della sestina, e la terza della sestina doppia, e dove ricorre spesso la parola petra assunta a simbolo della durezza e impassibilità della donna amata. Tutte e quattro le canzoni, e con più evidenza le sestine, portano i segni di un magistero di stile appreso alla difficile scuola del trobar clus e delle rimas caras del poeta provenzale Arnaldo Daniello.
Petra ricorre come parola-rima due volte negli ultimi due versi della prima stanza di Io son venuto, sette volte nella sestina, tredici volte nella sestina doppia, una volta (e qui semplicemente in rima) in Così nel mio parlar. Specialmente nella sestina, e in modo ancor più vistoso nella sestina doppia per le esigenze di una tecnica con regole d'obbligo nella disposizione delle parole-rima, D. deve destreggiarsi con abilità per la variazione di significati nell'uso della medesima parola, ma il riferimento alla donna amata come persona è evidente almeno in due casi: nei vv. 56-57 di Amor, tu vedi ben, dove il poeta dice che questa gentil petra lo vedrà disteso nella tomba; nei vv. 2-5 di Così nel mio parlar, dove si dice che questa bella petra... / veste sua persona d'un diaspro, ecc.
Di qui la sollecitazione che alcuni studiosi di D., persuasi che oggetto di questo amore sia una donna reale, hanno avuto per attribuirle il nome proprio di Pietra. Anche questa semplice ipotesi, senza pretesa di appurare qualcosa di più preciso nella realtà storica di questa P., appare poco probabile, se si tiene presente che D. dice esplicitamente nella canzone Così nel mio parlar che ha tanto ritegno di rivelare ad altri il nome della donna amata, che gli trema il cuore di paura quando pensa di lei alla presenza di estranei per tema non traluca / lo mio penser di fuor sì che si scopra (vv. 29-30). L'insistenza di D. sulla parola petra con allusione alla donna non era certamente il modo migliore per tenere celato il suo amore, se davvero ella si chiamava Pietra. Ma c'è stato chi ha creduto che si potesse identificare con una Pietra degli Scrovegni di Padova (A.M. Amadi, erudito padovano del sec. XVI) o, addirittura, con la cognata di D., Piera di Donato di Brunaccio, moglie del fratellastro Francesco (Imbriani). Meno arbitraria potrebbe essere l'identificazione generica della donna P. con la donna del Casentino per la quale D. compose la canzone Amor, da che convien. Con più o meno di variazioni nei particolari, a favore di tale identificazione si pronunziarono il Serafini, il Torraca, il Santi, il Misciattelli, il Ciafardini, il Santangelo, lo Zonta.
Ma la questione cronologica delle canzoni petrose è considerata risolta dalla maggior parte degli studiosi di D. sul fondamento dell'interpretazione astronomica dei primi versi di Io son venuto proposta dall'Angelitti, che ci porta all'ultima decade del mese di dicembre del 1296, e quindi ad alcuni anni prima dell'esilio di D. (considerando Io son venuto come la prima delle canzoni petrose, l'estensione cronologica per le altre tre non dovrebbe andare oltre il 1297, ma si potrebbe includere anche parte del 1298).
Ma se con la collocazione delle canzoni petrose prima dell'esilio si può considerare risolta la questione cronologica, altrettanto non si può dire per la questione della donna Pietra. Nella critica dantesca, contraria all'interpretazione allegorica, si continua a discutere se essa (donna reale, immaginaria o semplice pretesto per il nuovo impegno stilistico) sia da confinare esclusivamente nell'ambito delle quattro canzoni (con più o meno di cautele è l'opinione del Barbi, del Parodi, del Sapegno, del Casella, del Contini, del De Robertis, di Foster e Boyde e di altri); oppure sia la medesima donna cantata da D. in altre rime cronologicamente precedenti, come quelle per la Pargoletta (tesi sostenuta, fra gli altri, da A. Zenatti, dal D'Ancona, dal Di Benedetto, dal Renucci), o addirittura quelle per la Donna gentile (opinione comune, ma con sfumature varie, al Carducci, al De Chiara, al Pietrobono, all'Ortiz). Che D., dopo l'amore per Beatrice, abbia avuto un solo secondo amore al quale sarebbero da ricondurre le rime per la Donna gentile, per la Pargoletta, per la P., lo sostengono anche i critici allegoristi integrali che, a favore della loro opinione (trattarsi cioè non di amore per donne reali, ma di amore allegorico per la Filosofia), possono vantare la diretta testimonianza di Dante (Cv II XV 12). Secondo costoro (citiamo fra i più recenti: Zingarelli, Fletcher, Biondolillo, Vallone e, con proposta più prudente, Mattalia e Battaglia), non bisogna limitare le rime originariamente allegoriche a quel ristretto gruppo (le prime due canzoni del Convivio, la ballata Voi che savete, i due sonetti Parole mie e O dolci rime) per il quale c'è una larga convergenza fra gli studiosi di D., ma comprendervi tutte le rime d'amore posteriori alla morte di Beatrice, incluse le canzoni petrose.
Nell'ambito dell'allegoria si possono far rientrare altre interpretazioni della donna P.: quella del Kraus, seguito in Italia dal Guerri e dal Filippini, secondo cui in essa sarebbe personificata Firenze; quella del Pascoli che, richiamandosi a s. Bernardo che aveva chiamato pietra la Vergine Maria, pensò che D. nella donna P. intendesse rappresentare Maria. Un cenno, per finire, all'interpretazione esoterica di cui era stato promotore nel secolo scorso il Rossetti: tale interpretazione è fondata sul presupposto che il linguaggio delle rime dei Fedeli d'Amore (fra i quali erano D. e i rimatori suoi amici) era comprensibile solo agli affiliati di una setta politico-religiosa costretta al linguaggio segreto nelle comunicazioni fra gli adepti per potersi sottrarre all'inquisizione dell'autorità politico-religiosa del tempo. A rivelare in tal senso gl'intendimenti segreti di D. nelle canzoni petrose provvede uno studio del Ricolfi (I segreti delle rime pietrose).
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