PIETAS
La P. significava originariamente il rapporto affettuoso e doveroso che univa gli uomini. Con esatto intuito della sua importanza per lo Stato, i Romani la elevarono al rango di divinità, consacrandole dei templi, il primo dei quali risaliva all'anno 181 a. C.; un altro si ergeva nelle vicinanze del circo Flaminio.
L'animale sacro alla P. pare fosse la cicogna, che nella sua qualità di ‛ciconia pietati cultrix' (Petron., Büchler, p. 347) appare quasi regolarmente sulle monete repubblicane accanto ai numerosi busti della Pietas. Il suo nome appare per la prima volta su conî del figlio di Pompeo Magno, che si definisce pio nella sua qualità di vendicatore del padre. L'immagine del ‛pio Enea', che porta sulle spalle il padre per sottrarlo all'incendio di Troia, rappresenta chiaramente il carattere di questa P. e si ritrova su molte monete posteriori. Una decisa trasformazione dell'accezione di P. si rispecchia nelle monete del triumviro Antonio: P., ormai in piena figura, tiene nella destra una cassetta di incenso e una cornucopia, decorata con due cicogne. Questa P. divenne la pietas erga deos e la stella conduttrice della politica imperiale e religiosa di Augusto. Tiberio pone, come già per Iustitia (v.), il titolo di pietas accanto al ritratto di sua madre, il suo successore, Gaio, presenta sul dritto di una delle sue monete la P. velata con la coppa dei sacrifici, e sul retro se stesso, mentre compie il sacrificio. Galba chiama la P. in atto di compiere il sacrificio pietas Augusti; sull'altare si vede il pio Enea con il padre e il figlio. Il Senato onora la P. di Vespasiano in confronto al suo divinizzato predecessore Galba, con l'iscrizione senatus pietati Augusti. Traiano mette in mano alla P. la coppa dei sacrifici e lo scettro. Ma è Adriano il primo a creare nuove forme per la rappresentazione della P. che diventeranno tipiche per le età successive: la P. alza, dinanzi ad un altare, una o due mani pregando verso il cielo oppure sparge sul fuoco dell'altare grani di incenso, che toglie da una cassetta. La P. raggiunge sotto Pio il culmine della evoluzione iconografica. Nelle sue numerose monete, coniate particolarmente in onore della consorte deceduta, Faustina I, il rinnovatore di vecchi culti e fondatore di nuovi, ci dà il mezzo per intuire cosa fosse la religiosità romana; anche le copiose riproduzioni di suppellettili destinate ai sacrifici sulle sue monete attestano la sua Pietas. In età successiva P. indica nuovamente i rapporti affettuosi, per esempio, entro l'ambito della famiglia imperiale, o quando le imperatrici si atteggiavano a mater castrorum e a ma(ter) Aug(usti), mat(er) sen(atus), mat(er) patr(iae), documentando in tal modo la pia assistenza praticata dalle donne imperiali durante le guerre. Due imperatori, che regnarono contemporaneamente (Balbino e Pupieno) definirono la loro reciproca simpatia con l'espressione pietas mutua. Concludendo l'espressione di pietas saeculi che accompagna la rappresentazione di Giove fanciullo sul dorso di Amaltea sulle monete dell'imperatore Gallieno, conservator pietatis, sta a indicare la generalizzazione di un concetto, già tanto preciso.
Bibl.: G. Wissowa, Religion und Kult der Römer2, Monaco 1912, 2, p. 341 ss.; Strack (Traiano), p. 75 ss. (Adriano), pp. 51, 169; III (Antonino Pio), pp. 131 ss., 148; M. Grant, Roman Imperial Money, Londra 1954, pp. 30, 131, 149 ss., 167, 173, 203, 264.