PRUD′HON, Pierre-Paul
Pittore e decoratore francese, nato a Cluny il 4 aprile 1758, morto a Parigi il 14 febbraio 1823. Figlio di uno scalpellino, venne mandato a Digione, e, come il Rude, vi lavorò nello studio di François Devosge. I suoi saggi di quel tempo, conservati nel museo di Digione, annunziano già, col loro sentimento del modellato, con la tecnica di avvolgimento, rischiarata da tocchi bianchi, la morbidezza plastica della sua maturità. Dopo un soggiorno di tre anni a Parigi, tornò in Borgogna, dove ottenne una borsa che gli consentì di vivere parecchi anni in Italia. Quivi copiò da Pietro da Cortona, disegnò numerosi rilievi antichi, studiò con entusiasmo Raffaello, Leonardo e sicuramente il Correggio, che era il più vicino alla sua sensibilità. Tornò a Parigi nel 1789 ancora sconosciuto. Uomo della rivoluzione, fece il ritratto di Saint-Just, poi, fuggendo Parigi, andò a stabilirsi nella Franca Contea, dove eseguì una quantità di composizioni: studî dei suoi figli, illustrazioni, vignette (Dafni e Cloe; Paolo e Virginia, ecc.) e soprattutto ammirevoli ritratti: Madame Copia, moglie del suo incisore; La famiglia Anthony Madame Anthony e suoi figli (Lione). La Saggezza e la Verità che discendono sulla terra, esposto nel Salon del 1797, lo rese noto: ottenne uno studio al Louvre. Con un vivo senso dell'antichità e con una grande purezza di stile e d'ispirazione, egli inaugurò il ritorno della pittura decorativa bandita dai seguaci del David (decorazioni dell'Hôtel Saint-Julien, ecc.). L'allegoria della Pace (1800, ora a Lione) gli procurò l'amicizia del Primo Console. Per la corte imperiale disegnò la culla del re di Roma; il sigillo dell'Impero; per il municipio di Parigi, grandi figure allegoriche e un'ammirevole composizione: La Giustizia e la Vendetta divine che perseguitano il Delitto (1808, ora al Louvre). Tra le sue numerosissime opere, si possono citare ancora il ritratto di Giuseppina alla Malmaison; la Psiche (1808, Louvre), e infine la sua ultima composizione: il Crocifisso. Mentre i suoi contemporanei tentavano di ricostruire un'antichità sistematica e scheletrica, il P. sentì tale antichità come cosa viva e piena, impregnata di poesia. Le sue figure, dipinte in una materia armoniosa e soave, sono piene di nobiltà, di grazia e di gravità, hanno forza e fascino da un chiaroscuro vigoroso e delicato. Ma il pittore che prediligeva toni nerastri, grigi e bianchi, seppe anche essere, nell'Allegoria della Pace, un grande colorista.
Bibl.: M. Voïart, Notice historique sur la vie et les œuvres de P., Parigi 1824; E. Delacroix, P., in Revue des Deux Mondes, 1846; Ch. Clément, P., sa vie, ses oeuvres et sa correspondance, Parigi 1868; E. e J. de Goncourt, L'art au XVIIIe siècle, ivi 1875; id., Catalogue raisonné de l'œuvre de P., ivi 1876; J. Guiffrey, L'œuvre de P.-P.P., ivi 1924; C. Martine, Les dessins de P., ivi 1924; H. Focillon, Hist. de la peinture au XIXe siècle, ivi 1927; R. Régamey, P., ivi 1928; R. Graul, in Thieme-Becker, Künstl.-Lex., XXVII, Lipsia 1933.