LOTI, Pierre (pseudonimo di Louis-Marie-Julien Viaud)
Scrittore francese, nato a Rochefort (Charente-Inférieure) il 16 gennaio 1850, morto a Hendaye il 10 giugno 1923. Imbarcatosi sulla nave-scuola militare Borda, nel 1867, fece parecchie campagne navali nell'Oceano Pacifico e nell'Atlantico; ebbe il grado di guardiamarina nel 1873 e prese parte alla campagna del Tonchino, e, col grado di capitano di fregata, alla spedizione in Cina contro i boxers. Messo a riposo nel 1910, riprese servizio durante la guerra mondiale. Dal 1891 fece parte dell'Académie française.
In molti romanzi famosi e in alcuni preziosi libri di ricordi e di confessioni, P. L. ha saputo esprimere in modi suoi, straordinariamente semplici e schietti, con una sua voce angosciosa e dolcissima, il sentimento della mortalità di tutte le cose, le più forti, le più leggiadre, le più amate, tutte egualmente promesse al nulla. Per la suggestione profonda e continua di questo sentimento egli passò ben presto dai fervori religiosi della fanciullezza (usciva da una famiglia protestante) a una specie di adorazione tristemente contemplativa di tutta la realtà, condannata a perire; da esso fu sospinto a vagare senza posa in cerca di nuovi aspetti della vita - onde il suo esotismo -; da esso determinato a scrivere, per tentar di prolungare l'attimo e sottrarre alla "finale poussière" qualche cosa del proprio essere.
A favorire il suo esotismo, appassionato e dolente, contribuì il fatto che, ufficiale di marina, aveva cominciato giovanissimo a vedere paesi remoti, costumi diversi, e sotto tutti i cieli e in tutti i climi una stessa e sola passione di vivere, nell'aspettazione della morte. Il viaggiare diventò alla fine per lui il solo modo di esistere; e gli piacque specialmente di visitare i luoghi dove un'antica civiltà agonizzava, un mondo stava per dissolversi sotto la pressione del progresso materiale, livellatore implacabile. Così si spiega il suo fedelissimo attaccamento alla vecchia Turchia. Cogliere gli ultimi guizzi d'una fiamma vicina a spegnersi, e fissarne un bagliore sulla pagina destinata a durare, era la sua nostalgica poesia e la sua amara fede. Questo stato d'animo, complesso e mutevole a contatto con la realtà infinitamente varia, è espresso in tutta l'opera sua con una immediatezza e leggerezza di parola e di frase che incantano. Le sue descrizioni di villaggi e di marine bretoni, di deserte lande dell'Asia Minore, di angoli fioriti dell'Estremo Oriente, si fissano nell'anima del lettore come visioni d'un sogno triste e dolce, anzi d'una magica allucinazione. Effetto prestigioso ottenuto coi minimi mezzi; senza sfoggio di colore, senza bravure tecniche, senza un'appariscente ricerca stilistica. I romanzi non hanno, quasi, intreccio: si tratta quasi sempre, e soltanto, della separazione straziante di due esseri che s'amano. Si vedano: Aziyadé (1879), Rarahu (1880), Mon frère Yves (1883), Pêcheur d'Islande (1886), Madame Chrysanthème (1887), Fantôme d' Orient (1892), Ramuntcho (1897), Les dsenchantées (1906). I libri di viaggi, e quelli in cui son trattate questioni d'attualità politica e morale, raggiungono forse un grado anche superiore d'efficacia, affiancati come sono dalla necessità d'una trama narrativa, più o meno convenzionale. Ricordiamo: Jérusalem, Le Désert (1895), Les derniers jours de Pékin (1901), L'Inde sans les Anglais (1903), Vers Ispahan (1904), La Turquie agonisante (1913), La mort de notre chère France en Orient (1920). Durante la guerra mondiale scrisse violentissimi pamphlets contro il nemico della sua patria: La hyène enragée (1916), L'horreur allemande (1918). Postumo, un Journal intime, in corso di pubblicazione. Importanti le Lettres à Madame Juliette Adam (1924).
Bibl.: N. Serban, P. L., sa vie, son œuvre, Parigi 1920 (e 1924); L. Barthou, Pêcheur d'Islande: étude, Parigi 1929; L. de Robert, De L. à Proust, Parigi 1930; Cl. Farrère, L., ivi 1930; G. de La Rochefoucauld, À Constantinople, avec P. L., Parigi 1930; cfr. anche Mercure de France, gennaio-febbraio 1931.