GERBAIX (Gerbais), Pierre
Originario di Belley (nell'odierno dipartimento francese di Ain), non conosciamo la sua data di nascita, da porre presumibilmente nella primo quarto del sec. XIV.
Discussa è la provenienza e la nobiltà della sua famiglia, da alcuni ritenuta un ramo cadetto dell'omonima casata, attestata nella Novalaise agli inizi del secolo XIII e poi decaduta di titoli e beni. La famiglia del G. era in realtà di modesta estrazione borghese insediatasi a Belley, piccola sede vescovile suffraganea di Besançon, nel cuore dei domini sabaudi.
I Gerbaix di Belley compaiono intorno alla metà del secolo XIV come banchieri di casa Savoia: già dal 1347 il G. e suo fratello Amblard prestavano danaro ad Amedeo III, conte del Genevese, e a Ludovico barone del Vaud, tutori di Amedeo VI conte di Savoia, per finanziare una spedizione militare in Piemonte. In seguito il G. compare sempre al servizio di Amedeo VI, nel 1352 era forse consigliere della Zecca a Pont-d'Ain, mentre nel 1354 ne era certamente sovrintendente. Quest'ultimo incarico non era che una prima, importante, tappa nella sua ascesa sociale: quando nell'estate 1358, Nicod François lasciò l'incarico di tesoriere generale, il G. gli successe.
La tesoreria comitale sabauda era stata riorganizzata nella seconda metà del XIII secolo, in particolare a partire dal 1275, quando i conti generali del principato furono nettamente distinti da quelli dell'Hôtel. Già altri titolari avevano detenuto per lungo tempo la carica di tesoriere generale; era, in particolare, Guillaume Bon che l'occupò nel corso del principato di Aimone e all'inizio di quello di Amedeo VI, dal 1330 al 1353. Ma il dinamismo della politica di Amedeo VI, che comportava ingenti spese, conferì al G. un'importanza che i suoi predecessori non avevano conosciuto. Il tesoriere generale non controllava certamente l'insieme delle risorse finanziarie dello Stato perché gli ufficiali locali, in particolare i castellani, i ricevitori delle imposte e i tesorieri avevano un proprio bilancio, di cui il tesoriere generale veniva a conoscenza solo in caso di eccedenze o di deficit. Nonostante questo decentramento finanziario, il tesoriere generale rimaneva l'interlocutore diretto del conte quando questi aveva bisogno di denaro; a lui spettava di trovare le risorse disponibili sia negoziando prestiti, sia rivolgendosi alle singole castellanie. A tale scopo disponeva di un importante margine di manovra e di un personale - massari per incassare gli introiti e garzoni per il trasporto dei fondi - il cui numero aumentava progressivamente.
Si comprende facilmente la scelta del G. come tesoriere generale: rivolgendosi a un banchiere attivo nei suoi Stati, il "conte verde" sapeva di poter contare in modo incisivo sul G. e sui suoi associati, in quanto il G. e la sua famiglia prestavano in misura consistente al conte di Savoia. A titolo d'esempio, in occasione della spedizione compiuta da Amedeo VI contro Galeazzo e Bernabò Visconti nel 1372, per conto del pontefice Gregorio XI che intendeva limitarne lo strapotere, il G. prestò al "conte verde" 52.000 fiorini mentre suo fratello Amblard ne prestò 19.000. Amedeo di Savoia non era del resto il solo debitore dei Gerbaix, i quali nel 1361 avevano prestato anche a Giacomo detto d'Acaia, signore di Pinerolo e di Torino e cugino di Amedeo VI, la somma richiesta da quest'ultimo quale prezzo della loro riconciliazione. L'importanza del tesoriere generale per la politica dei Savoia condusse progressivamente il G. a partecipare in prima persona alla gestione dello Stato, ed è stato per questo paragonato dalla storiografia (Cox) a Jacques Coeur, il celebre banchiere di Carlo VII.
Quando, nel giugno 1366, Amedeo VI lasciò i suoi Stati per recarsi in Terrasanta in aiuto dell'imperatore Giovanni Paleologo, suo cugino, il G. compare fra i membri del Consiglio incaricato di assistere la reggente, Bona di Borbone, del quale facevano parte anche il cancelliere generale Girard d'Estrées, Aimon (II) conte di Challant e Umberto di Savoia, detto il bastardo, signore di Arvillard. La lontananza del conte permise al G. di affermare ancor di più la sua posizione, in un periodo in cui il fabbisogno finanziario era cresciuto. Fu il G. in persona che recò al conte, di ritorno dall'Oriente, una parte della somma che gli permise di saldare i numerosi debiti contratti. Al termine della già ricordata spedizione condotta da Amedeo VI contro i Visconti nel 1372, il G. partecipò direttamente alle trattative per la stipula di una pace durevole tra il pontefice e il casato milanese, con cui nel frattempo il conte di Savoia si era riconciliato: tra il 1374 e il 1376, il G. moltiplicò gli andirivieni tra Chambéry, Pavia e Avignone. Approfittò di questa acquisita importanza per presentare lui stesso al pontefice numerose suppliche, e fu il solo, fra i consiglieri del conte, a depositarne così tante. Nel corso di quegli anni tenne anche l'ufficio di castellano in particolare a Châteauneuf-en-Valromey (1363-66), e in Moriana (1370-71).
I servizi resi al conte di Savoia permisero alla fine al G. di fare accedere la sua famiglia ai ranghi della nobiltà, allo stesso modo, per esempio, dei Bonivard di Chambéry, dei Macet nella Bresse, dei Rigaud a Belley. Egli riunì progressivamente nelle sue mani numerose signorie del Bugey: Virieu le Grand, Bons, Châtillon-en-Michaille, Châteauneuf-en-Valromey: uno status signorile acquisito progressivamente grazie alle sue risorse finanziarie. I Gerbaix contrassero anche alleanze con le principali famiglie della Savoia e, nel 1375, un nipote del G., Nicolas de Bignes, fu eletto vescovo di Belley.
L'importanza acquisita dal G. non poteva non suscitare ostilità. La sua caduta in disgrazia fu brutale. Tra il 1375 e il 1377, oltre a essere incolpato di malversazioni, fu accusato di complicità nell'assassinio di Ugo di Grammont, titolare dell'omonimo castrum il quale, privo di discendenza diretta, aveva nominato suoi eredi i figli del G., in un testamento redatto nell'agosto 1374. L'8 ag. 1377, dovette cedere la tesoreria generale ad Andrea di Belletruche mentre l'anno seguente fu imprigionato a Chillon e i suoi beni furono confiscati e venduti. Se l'origine delle accuse portate contro il G. vanno ricercate fra i piccoli feudatari del Bugey, preoccupati per il suo crescente potere signorile, è probabile che Amedeo VI fosse incline a dar loro ascolto perché ciò gli permetteva di disfarsi di uno dei suoi principali creditori.
Il G. fu discolpato e liberato solo nel 1384 e in quello stesso anno i suoi figli, Gaspare e Antonio, divennero signori di Grammont. È probabile che Bona di Borbone, che nel 1366 aveva apprezzato i suoi servizi di tesoriere, non sia stata estranea a questa riabilitazione avvenuta quando, dopo la morte del marito Amedeo VI (1° marzo 1383) era diventata reggente e governatrice del Comitato insieme con il figlio Amedeo VII. Benché i suoi beni gli fossero stati formalmente restituiti, il G. non pervenne mai a recuperarli di fatto. Ebbe tuttavia la soddisfazione di vedere la sua famiglia rientrata nelle grazie del sovrano, poiché dal 1386 fu proprio suo figlio Gaspare che divenne tesoriere generale. I conti di Savoia però si attennero da quel momento alla rotazione regolare dei detentori della carica: tra il 1386 e il 1417 sei tesorieri generali si susseguirono sei tesorieri generali.
Ignoriamo la sua data di morte.
Fonti e Bibl.: E.-L. Cox, The Green Count of Savoy, Princeton 1967, pp. 84-87, 193 s. e ad ind.; B. Demotz, Le Comté de Savoie du début du XIIIe au début du XVe siècle. Étude du pouvoir dans une principauté réussie, tesi di dottorato, Univ. de Lyon II, a.a. 1984, ad ind.; G. Castelnuovo, Ufficiali e gentiluomini. La società politica sabauda nel tardo Medioevo, Milano 1994, pp. 302-304 e ad ind.; Diz. biogr. degli Italiani, II, pp. 743-747; XI, pp. 424-426.