Fresnay, Pierre
Nome d'arte di Pierre-Jules-Louis Laudenbach, attore teatrale e cinematografico francese, nato a Parigi il 4 aprile 1897 e morto ivi il 9 gennaio 1975. Elegante, distaccato, ironico, fu uno dei migliori e più noti attori del suo Paese negli anni Trenta e Quaranta. Se il suo nome resta legato soprattutto al personaggio dell'ufficiale di nobile famiglia in La grande illusion (1937; La grande illusione) di Jean Renoir, offrì forse le sue migliori interpretazioni nei cupi polizieschi del periodo bellico e nei film 'mistici' degli anni immediatamente successivi.
Dopo aver debuttato sul palcoscenico nel 1912, appena tre anni dopo poteva dirsi già affermato. Entrò così a far parte della Comédie Française, che lasciò in seguito per proseguire con successo un'attività indipendente. La sua carriera cinematografica, iniziata nel 1915, si svolse invece in tono minore per tutto il periodo del muto; fu l'avvento del sonoro che, come accadde a molti attori teatrali, gli permise di mettere in risalto le sue qualità. La popolarità venne, improvvisa e clamorosa, con il ruolo del protagonista in Marius (1931) di Alexander Korda, primo capitolo di una trilogia ambientata tra i pescatori di Marsiglia; il film, tratto dal-l'omonima pièce teatrale di Marcel Pagnol (in cui F. aveva recitato tre anni prima), fu seguito da Fanny (1932) di Marc Allégret e César (1936) dello stesso Pagnol. Cambiando completamente personaggio, interpretò quindi una serie di aristocratici in Le roman d'un jeune homme pauvre (1935; Il romanzo di un giovane povero) di Abel Gance, Koenigsmark (1935) di Maurice Tourneur, e Mademoiselle Docteur (1936) di Georg W. Pabst; e soprattutto fu il memorabile capitano de Boëldieu di La grande illusion, capolavoro del cinema antimilitarista. Durante l'occupazione nazista decise di rimanere in patria, e, anzi, lavorò con la casa di produzione tedesca Continental, per la quale tra l'altro interpretò due straordinari noir di Henri-Georges Clouzot, L'assassin habite au 21 (1942; L'assassino abita al 21), tratto da un romanzo di S.-A. Steeman, e Le corbeau (1943; Il corvo), dall'atmosfera angosciosa e claustrofobica che rispecchiava quella della provincia francese occupata dai nazisti.
Processato nel 1944 per collaborazionismo, per tre anni fu tenuto lontano dagli schermi. Ne seguì una grave crisi personale, che l'attore superò facendo leva sul-la sua profonda religiosità (protestante, proveniva da una famiglia di origini alsaziane nelle cui fila si conta-vano diversi pastori). Quando poté riprendere il lavoro, volle interpretare ruoli di tormentati sacerdoti, resi con intensa forza drammatica in alcuni film di argomento religioso, come Monsieur Vincent (1947) di Maurice Cloche (dove interpreta S. Vincenzo de' Paoli, ruolo che gli fruttò quello stesso anno il premio come miglior attore alla Mostra del cinema di Venezia), Barry (1949; Barry ‒ La fiaccola della vita) di Richard Pottier, Dieu a besoin des hommes (1950; Dio ha bisogno degli uomini) di Jean Delannoy, e Le défroqué (1954; Lo spretato) di Léo Joannon. Successivamente lavorò soprattutto in teatro, limitandosi nel cinema a film di second'ordine, fino al suo ritiro avvenuto nel 1960.
A. Dubeux, Pierre Fresnay, Paris 1950.
H. André-Legrand, A. Haguet, Pierre Fresnay incarne le Docteur Schweitzer, Paris 1952.
C. Ford, Pierre Fresnay: gentilhomme de l'écran, Paris 1981.
J. Vertan, Dans l'ombre et la lumière de Pierre Fresnay, La Courneuve 1997.