CARNITI, Pierre
Pierre Carniti nacque il 25 settembre 1936 a Castelleone, un grosso centro agricolo in provincia di Cremona.
Il suo nome completo all’anagrafe è Pietro Secondo, ma il padre Francesco, di forti convinzioni antifasciste, per uno sberleffo alle direttive del regime di usare nomi autarchici, fin dalla nascita decise di chiamarlo Pierre. Entrambi i genitori erano cattolici praticanti. Il padre lavorava alla Everest, una fabbrica di macchine per scrivere e coniugava fede religiosa con idealità socialiste; la madre, Maria Franzosi, diplomata maestra d’asilo con il metodo Montessori, per contribuire all’esiguo bilancio della famiglia di sei figli, occasionalmente s’impegnava in lavori agricoli stagionali. Nelle vicende di questa famiglia povera e numerosa, molto unita, ha lasciato un segno profondo in Pierre la morte, nel 1954, per un incidente in lambretta, del fratello Flavio, brillante e pensoso seminarista di diciannove anni.
Amico di famiglia era don Primo Mazzolari, fondatore e animatore della rivista Adesso, noto per la sua opposizione al fascismo e le avanzate posizioni sul terreno sociale, religioso ed ecclesiale. Da bambino e da adolescente Carniti respirò e assorbì l’aria della grande tradizione delle leghe bianche, delle lotte e del riscatto dei salariati agricoli della Bassa padana e segnatamente del Cremonese, con epicentro proprio a Castelleone, di cui era stato leader carismatico Guido Miglioli, sia nel periodo prefascista, sia nei primi anni del dopoguerra.
Carniti a quattordici anni, dopo le scuole medie, incominciò a lavorare come fattorino in una tipografia e, successivamente, in due cooperative. Incontrò, diventandone amico, Miglioli, che abitava non lontano da Castelleone, a Soresina e, assieme ad altri giovani, fu coinvolto nelle dure lotte dei braccianti e fu affascinato dalla prospettiva della «conduzione associata»: di là dal controllo del numero degli occupati per azienda, ‘imponibile della manodopera’, e dei miglioramenti retributivi, occorreva distinguere la proprietà della terra dalla gestione del lavoro, associando, appunto, i salariati.
Pur senza essere iscritto, Carniti frequentava la CISL di Cremona ed è proprio il segretario di questa, Amos Zanibelli, studioso delle vicende delle leghe bianche, che, nel 1955, lo segnalò a Luigi Macario. Questi, dopo averlo incontrato, gli propose di frequentare la scuola di formazione dei quadri dirigenti della CISL, il Centro studi di Firenze, fondato da Mario Romani e diretto da Vincenzo Saba. Carniti, dopo un iniziale rifiuto, accettò e, nel 1955, con una borsa di studio frequentò il corso assieme ad altri giovani destinati a divenire, nei decenni successivi, dirigenti di primo piano: Franco Marini, Eraldo Crea, Mario Colombo. Tra i docenti, oltre a Romani, professore alla Cattolica di Milano e direttore dell’Ufficio studi della CISL, Benedetto De Cesaris, Ettore Massacesi, Gino Giugni; tra le letture del giovane Carniti, gli studi sulla storia e l’economia dell’agricoltura padana, sul personalismo e sul comunitarismo di Jacques Maritain e di Emmanuel Mounier, ma anche quelli sul sindacalismo americano di Selig Perlman.
Al termine del corso il suo mentore Luigi Macario gli chiese di lavorare non per i lavoratori della terra, come lasciava intendere anche la sua tesi finale sul sistema della cascina nell’area padana, ma a Milano, per la FIM, la federazione dei metalmeccanici della CISL, in quegli anni ancora con pochi iscritti, specie nei confronti della federazione della CGIL, la FIOM. Furono per Carniti anni d’intenso e proficuo apprendistato del mestiere di sindacalista, sotto la guida del segretario provinciale, Pietro Seveso, di vecchio stampo, ma aperto al cambiamento, con una presenza giornaliera, da sindacalista sul marciapiede – come da sua autodefinizione – davanti ai cancelli per interloquire, soprattutto a fine turno, con gli operai, e fare opera di sensibilizzazione e di proselitismo. Negli anni di avvio del ‘miracolo economico’ la forte crescita dell’occupazione nell’industria si coniugava ancora con la permanenza di bassi salari e con una rigida conduzione autoritaria e repressiva delle relazioni industriali, specie durante gli scioperi, quando costante e forte era la presenza e l’intervento delle forze dell’ordine. In tali occasioni, durante le quali aveva inaugurato un rapporto non conflittuale con la FIOM, fu fermato più volte.
All’inizio degli anni Sessanta promosse con successo un gran numero di vertenze, dimostrando la positività della contrattazione aziendale cui la CISL era particolarmente favorevole, prima nella zona Sempione, in cui allora l’Alfa Romeo aveva ben 16.000 dipendenti, e in quella del Giambellino, disseminata di fabbriche di piccola e media grandezza, successivamente a Legnano dove è inviato per un biennio. Nel 1960 fu proprio la FIM a organizzare una manifestazione in piazza del Duomo, nel cuore di Milano, che diventò un evento politico e mediatico con il nome di Natale in piazza, riuscendo a ottenere, nonostante la presenza anche degli operai comunisti della FIOM, il consenso e la solidarietà della curia ambrosiana e dell’arcivescovo, mons. Giovanni Battista Montini, che interloquiva con Carniti per il tramite di mons. Cesare Pagani, responsabile della pastorale del lavoro e, successivamente, assistente ecclesiastico nazionale delle ACLI.
Nel 1961 fu eletto nella segreteria della FIM di Milano, che in pochi anni moltiplicò i propri iscritti, esercitando una forte attrazione nei confronti dei giovani operai e divenendo rapidamente punto di riferimento e d’aggregazione degli innovatori non solo della Federazione ma dell’intera CISL, al cui vertice dal 1959 era stato eletto Bruno Storti (per più legislature anche parlamentare della Democrazia cristiana). Carniti ricorderà molti decenni dopo: «Con noi c’era una generazione di militanti e di operatori sindacali che rivendicava non una diversa CISL, ma una CISL che mettesse in pratica quanto predicava da anni.[…] Ne nacquero battaglie importanti per la vicenda della CISL: la verticalizzazione, l’incompatibilità tra mandato parlamentare e mandato sindacale, il superamento delle differenze normative tra operai e impiegati, le forme di lotta e così via» (Feltrin, 2017, pp. 30-31).
Nel 1964 fondò a Milano e diresse, fino al 1969, il bimestrale Dibattito sindacale, che assunse rilevanza nazionale non solo all’interno della FIM, ma anche nella CISL nel suo insieme e nel sindacato tutto, perché si configurava come un luogo di elaborazione e di confronto in cui convergevano giovani sindacalisti e studiosi di discipline diverse, destinati a futura notorietà: Pippo Morelli, Sandro Antoniazzi, Guido Baglioni, Bruno Manghi, Gian Primo Cella, Tiziano Treu, sollecitati tutti a misurarsi con la concretezza del lavoro operaio e dell’esperienza sindacale.
Sempre nello stesso anno compì un viaggio negli Stati Uniti e a Detroit si confrontò con i dirigenti degli United automobile workers (UAW), il combattivo sindacato dei lavoratori dell’automobile, che aveva conseguito grandi conquiste in materia di retribuzione e di trattamento pensionistico e che, sotto la guida di Walter Reuther, sosteneva la componente liberal del Partito democratico. Diventarono per lui elementi di ulteriore personale riflessione e di futura riproposizione in Italia i temi degli incrementi diretti del salario in base alla performance aziendale, delle qualifiche sul posto di lavoro, del controllo della linea di produzione e, a livello più generale, delle pensioni integrative, dell’assistenza sanitaria, del risparmio contrattuale, del welfare negoziato.
A latere delle dinamiche e delle relazioni del sindacato seguì con attenzione e partecipazione le discussioni e le elaborazioni del Concilio Vaticano II. Ebbe degli incontri privati con Paolo VI, conosciuto quando era arcivescovo di Milano, e con personalità quali Giorgio La Pira e Giuseppe Lazzati (specie negli anni travagliati in cui fu rettore della Cattolica). Costruì un rapporto intenso e duraturo con il padre gesuita Mario Reina, responsabile del Centro studi S. Fedele di Milano e fondatore della rivista Aggiornamenti sociali, particolarmente attenta e partecipe delle vicende della CISL e delle ACLI.
Nel 1965 entrò nella segreteria nazionale della FIM, al cui vertice fu riconfermato Macario, che nell’autunno del 1962 era succeduto a Franco Volontè. Sollecitato dalle strutture della Lombardia a presentare la propria candidatura, espresse una forte ed esplicita sollecitazione a Macario perché garantisse una nuova direzione avanzata ma unitaria. «Tu però devi entrare in segreteria nazionale – mi disse Macario – e io gli risposi che andava bene, a patto che non dovessi lasciare Milano, perché in quella fase era troppo importante quello che stavamo facendo. Così sono entrato in segreteria nazionale mentre ero anche segretario a Milano» (Camerini, 2019, p. 118).
Tre anni più tardi, nel 1968, a seguito della sua nomina a segretario confederale della CISL, si dovette trasferire a Roma con la moglie Mirella Musoni, sposata nel 1960, che si dimise dalla fabbrica farmaceutica milanese Menarini dove lavorava, e con il primo figlio, Pierre Junior, nato a Milano nel 1964. Il secondo, Flavio, nacque poi a Roma nel 1973.
Nella breve, intensa, stagione di questa nuova responsabilità, che durò fino a ottobre dell’anno successivo, avendo la delega per il settore dell’industria, seguì la questione del conglobamento, cioè dell’eliminazione delle gabbie salariali, conseguita con accordi separati prima con l’Intersind (21 dicembre 1968) e poi con la Confindustria (18 marzo 1969). Si occupò della contrattazione in generale e della prima elaborazione dello Statuto dei lavoratori, che fu approvato il 20 maggio 1970. Prezioso fu, in questo caso, il contributo dei giuslavoristi Gino Giugni, Tiziano Treu e Domenico Valcavi, al fine di evitare che contenesse solo una normativa sui diritti individuali, trascurando la legislazione di sostegno alla contrattazione e al sindacato. Per quanto concerne le dinamiche interne alla confederazione, quando nel VI congresso, del luglio 1969, Storti ottenne una maggioranza risicata del 50,3%, Carniti, pur soddisfatto di avere conquistato con Macario, grazie all’appoggio delle categorie dell’industria e delle strutture del Nord, in poco meno di dieci anni, quasi la metà dei voti congressuali e anche di avere fatto inserire nel nuovo statuto l’incompatibilità tra mandato parlamentare e cariche sindacale, decise, nel mese di settembre, di ritornare alla sua FIM, proprio nel momento in cui si riaccendevano ampie e diffuse lotte operaie.
Nel suo VI congresso, tenutosi nel mese di giugno a Sirmione, la federazione aveva proposto una ricca elaborazione dei contenuti delle rivendicazioni per l’imminente vertenza contrattuale, come gli aumenti salariali uguali per tutti, che trovarono conferma nella piattaforma unitaria FIM, FIOM, UILM. Nel contesto d’una forte pressione, frutto anche delle sollecitazioni e delle suggestioni provenienti dal movimento degli studenti, Carniti operò per una nuova cultura sindacale e politica maturata dal basso attraverso il coinvolgimento diretto dei lavoratori. Ne conseguì una partecipazione eccezionale agli scioperi in quella lunga stagione nella quale la richiesta unificante degli operai di maggiore eguaglianza s’intrecciò con quella degli studenti di maggiore libertà. Anche se la radicalità delle lotte sindacali e dei conflitti sociali dovette drammaticamente fare i conti con l’esplosione del terrorismo, dalla strage fascista di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, a Milano, che precedette solo di alcuni giorni la firma del contratto dei metalmeccanici, a quella di piazza della Loggia a Brescia nel 1974, che avvenne proprio durante una manifestazione sindacale, fino allo stillicidio di assassinii da parte dell’eversione brigatista che colpì anche due studiosi legati a Carniti da rapporti di collaborazione e di personale amicizia: Walter Tobagi nel 1980 e Ezio Tarantelli nel 1985.
Nell’aprile del 1970 fu rieletto segretario generale della FIM, che aveva trasferito la propria sede da Milano a Roma; con l’appoggio della nuova segreteria composta da Franco Bentivogli, Rino Caviglioli, Alberto Gavioli, Pippo Morelli e Alberto Tridente, in un congresso straordinario del 19-20 maggio 1972, avanzò la proposta, approvata all’unanimità, dello scioglimento in vista dell’unità organica con la FIOM e la UILM, al cui vertici erano rispettivamente Bruno Trentin (dal 1962) e Giorgio Benvenuto (dal 1969). Nonostante il consenso convinto dei tre segretari e la loro sostanziale consonanza di posizioni, rafforzata da rapporti di personale stima e amicizia, per le resistenze e le diffidenze presenti nelle tre confederazioni di riferimento e anche per il mutare del quadro economico e politico generale, l’unità, tuttavia, non si realizzò. L’unità sindacale, fortemente voluta oltre che dalle categorie dei metalmeccanici e dei chimici della CISL e, prima ancora già negli anni Sessanta dalle ACLI di Livio Labor, non era particolarmente gradita alla parte più conservatrice della CISL, timorosa di smarrire la propria originaria identità e alla componente comunista della CGIL, preoccupata di perdere l’egemonia nel sindacato unitario. Si finì, pertanto, per optare per la formula federativa con la FLM, che, nonostante sia stata la più riuscita integrazione a livello di categoria, si sarebbe conclusa, nei primi anni Ottanta, con la firma con motivazioni distinte del contratto del 1983 e la contrapposta posizione, l’anno seguente, rispetto al decreto sulla predeterminazione dei punti della scala mobile, più noto come Accordo di San Valentino.
Nel 1974 Carniti lasciò la FIM, alla cui guida subentrò Franco Bentivogli e rientrò nella segreteria nazionale della CISL. La realtà economica era caratterizzata da una crescente disoccupazione e da una forte inflazione, alla quale il governo rispose con l’introduzione di misure d’austerità, che suscitarono forti tensioni sociali, senza che si fosse consolidata, nonostante le grandi conquiste salariali e normative dei contratti del 1969 e del 1973, la stabilizzazione di un maturo e condiviso sistema di relazioni industriali in un Paese che, secondo i dati del censimento Istat del 1971, aveva oltre il 41% della popolazione attiva occupata nell’industria.
La CISL scontò forti divisioni interne, con una spaccatura verticale: da una parte le categorie del pubblico impiego di Franco Marini, degli elettrici di Luigi Sironi, dei braccianti di Paolo Sartori e le strutture territoriali del Meridione che si riconoscevano nella leadership di Vito Scalia, dall’altra le categorie dell’industria e le strutture territoriali del Nord che facevano riferimento a Macario e a Carniti. La segreteria di Storti cominciò a traballare e si ventilò persino una possibile scissione con sostegni internazionali e governativi.
Carniti in particolare già nelle elezioni del 1972 aveva pubblicamente appoggiato il tentativo sfortunato di Labor, presidente delle ACLI per tutti gli anni Sessanta, di provare a forzare il sistema bloccato italiano, spostando a sinistra una parte dell’elettorato cattolico, maturato nella temperie del Concilio Vaticano II e dei movimenti sociali degli ultimi anni, presentandosi, senza alcun successo, alle elezioni con il Movimento politico dei lavoratori (MPL).
In occasione del referendum sul divorzio, nel 1974, Carniti, in questo caso con Macario, pur sempre orgogliosamente appartenente alla sinistra democristiana, e altri dirigenti della CISL (Eraldo Crea, Manlio Spandonaro, Luigi Paganelli, Pippo Morelli), si schierò con i Cattolici del No. Si ritrovò in una battaglia comune con figure come Pietro Scoppola, Paolo Prodi, Giuseppe Alberigo, Paolo Brezzi, Raniero La Valle, con i quali stabilì dei legami che dureranno e frutteranno nel tempo. Contribuirono a evitare una possibile nuova contrapposizione tra laici e cattolici: «pur sostenendo l’indissolubilità del matrimonio, erano convinti che tale principio non dovesse essere imposto per legge ma solo scelto per libera adesione» (Giovagnoli, 2018, p. 84).
Nella CISL la scissione di Scalia fu evitata e la segreteria di Storti proseguì fino al gennaio del 1977, quando diede le dimissioni per assumere la presidenza dell’INAIL. L’ottavo congresso confederale si svolse nel giugno con 1012 delegati, in rappresentanza di 2.823.735 iscritti. Il tema congressuale fu Una proposta di solidarietà e uguaglianza per uscire dalla crisi economica, per impedire la disgregazione sociale. La relazione fu svolta da Macario e la sua lista, chiamata Tesi 1, nella quale Carniti ebbe un peso e un ruolo decisivo, prevalse di larga misura su quella della Tesi 2 di Scalia. Nel successivo consiglio generale Macario fu eletto segretario generale e Carniti segretario generale aggiunto. Aveva, d’altronde, raggiunto una notorietà nazionale anche fuori dell’universo sindacale. Una sua biografia, Il sindacalista d’assalto, scritta da Claudio Torneo nel 1976, con la prefazione di Walter Tobagi, ottenne un notevole successo editoriale.
La minoranza della CISL non accettò cariche di segreteria e di comitato esecutivo. Solo in un secondo momento Franco Marini e Pietro Merli Brandini entrarono in segreteria. Il superamento della contrapposizione fra i due schieramenti interni avviene con la riunione del consiglio generale del 2 maggio 1979, quando Carniti, a seguito delle dimissioni di Macario, che si era candidato alle elezioni europee nella lista della DC, fu eletto segretario generale e Marini segretario generale aggiunto.
Nel nono congresso che si tenne nell’ottobre del 1981,la mozione congressuale, dopo la relazione di Carniti, fu approvata all’unanimità, a conferma del ruolo carismatico conseguito. Nella sua lunga relazione, Capire il nuovo, guidare il cambiamento, sviluppò i temi della crisi e dell’emergenza che potevano essere occasione di trasformazione; della pace e della giustizia quali valori necessari per trovare nuovi equilibri nel mondo; del rapporto sindacato-Stato democratico; della lotta al terrorismo; della democrazia sindacale e dell’unità; della riforma della struttura e dei contenuti della contrattazione connessa alle priorità rivendicative della lotta all’inflazione; della riduzione dell’orario di lavoro; della difesa del salario familiare.
Nella prima riunione del nuovo consiglio generale fu riconfermato segretario generale con Marini segretario aggiunto. Poi, nel 1983, entrano nella segreteria anche Franco Bentivogli, Sergio D’Antoni ed Emilio Gabaglio, l’ex presidente delle ACLI della controversa ipotesi socialista, dal 1977 responsabile del dipartimento internazionale della CISL, che, negli anni Novanta, diventerà il segretario generale della Confederazione europea dei sindacati (CES), che vedrà al suo interno la presenza unitaria delle diverse famiglie dei sindacati europei.
Proprio in una casa editrice fondata da Gabaglio, la Coines, nel 1977 Carniti pubblicò la sua prima monografia, L’autonomia alla prova. Il sindacato negli anni della crisi, nella quale riporta anche il suo intervento al congresso nazionale della FIM del 1972 in cui con sincero pathos riassumeva il senso dell’azione sindacale: «Noi non siamo chiamati a fare la guardia alle istituzioni, a preservare un ordine semplicemente rassicurante, nel quale il progresso economico può essere disgiunto dal progresso sociale, può lasciare alle sue spalle profondi squilibri e diseguaglianze, perpetuando gravi ingiustizie. Siamo invece chiamati a raccogliere, con consapevolezza democratica, tutte le tensioni, i problemi della povera gente, degli emarginati, dei disoccupati, delle donne e dei giovani, a esprimere piena dedizione, in sostanza, alla causa della liberazione dell’uomo, e della sua presenza in una società che sia costruita a sua misura» (Carniti, 1977, p. 38).
Negli anni della sua segreteria promosse un’intensa attività di ricerca multidisciplinare con il Centro studi nazionale CISL e il Centro di studi sociali e sindacali (CESOS). D’indubbio valore scientifico sono i volumi della collana Trent’anni di storia sindacale, nella ricorrenza del trentennale della nascita della CISL. Fondò anche, nel 1981, un’altra rivista, Progetto. Bimestrale di politica del lavoro, nei contenuti e nella stessa elegante veste tipografica predisposta da Piergiorgio Maoloni. Assecondando una personale grande passione per i libri e per la lettura, fondò, infine, nel 1982, la Edizioni lavoro, che si configurò come un laboratorio di ricerca sui problemi legati al mondo del lavoro, dell’economia e della società, dell’etica, della globalizzazione, del multiculturalismo. La Edizioni lavoro, in continuità con la sua impostazione, nel 1986,avvia anche una collana di narrativa, Il lato dell’ombra, di autori africani e caraibici, e, sul versante saggistico, la collana Islam, nella quale pubblicano molti islamisti italiani.
Un momento importante della segreteria di Carniti, vissuto con determinatezza, ma anche con indubbia sofferenza, nel 1984, fu la scelta della CISL, appoggiata dalla UIL e dalla componente socialista della CGIL, di firmare con il governo Craxi, il 14 febbraio, il già menzionato Accordo di San Valentino, che tagliava tre punti di scala mobile, con la finalità di contenere l’inflazione con la riduzione del peso delle indicizzazioni dei salari: il tutto nel quadro di uno scambio politico tra sindacati, governo e imprenditori che avrebbe dovuto prevedere anche una crescita dell’occupazione e la riduzione dell’orario di lavoro. Ne conseguì un duro scontro politico-sindacale, anche perché, su iniziativa di Democrazia proletaria, fu convocato un referendum abrogativo che rese ancora più forte la contrapposizione all’interno del sindacato. Nonostante la forte mobilitazione della CGIL, del Partito comunista e della sinistra radicale, ma anche del Movimento sociale - Destra nazionale, il referendum, che si svolse nel giugno del 1985, registrò la sconfitta degli abrogazionisti con uno scarto di 4,32 punti in percentuale.
Per Carniti, reduce da un ricovero in ospedale a seguito di un infarto, fu una vittoria dal gusto amaro. Nel decimo congresso che si svolse nel successivo mese di luglio, nella sua relazione sul tema, La solidarietà del lavoro, sostenne con convinzione che il dialogo con la CGIL poteva riprendere a partire dalla condivisione dell’autonomia, del metodo democratico e della chiarezza della direzione strategica. Una linea che il nuovo segretario generale chiamato a succedergli, Marini, dichiarò di condividere.
La sua replica, al termine dei lavori congressuali, con una dotta citazione della Seconda lettera di San Paolo a Timoteo, fu anche un addio commosso: « Ho combattuto la buona battaglia. Ho terminato la mia corsa. Ho conservato la fede in quello straordinario fatto di solidarietà umana che è il sindacato»(Feltrin, 2017, p. 106).
Nello stesso anno, allo scadere del mandato di Sandro Pertini, Marco Pannella chiese al Partito socialista di candidarlo alla presidenza della Repubblica; la proposta fu solo una provocazione, non avendo questi ancora i prescritti cinquanta anni e avendo la Democrazia cristiana di Ciriaco De Mita raggiunto già un accordo sul nome di Francesco Cossiga con il Partito comunista di Alessandro Natta.
Una seconda proposta di Pannella al Partito socialista di Bettino Craxi di candidare l’ex segretario generale della CISL alla presidenza della Rai fu, invece, oggetto di sospettosa valutazione nei palazzi della politica e di viva attenzione dei media. In questo caso fu Carniti stesso che alla fine rinunciò, motivandone le ragioni in una lettera pubblica a Craxi, datata 11 febbraio 1986, della quale persino la paludata rivista dei gesuiti, La Civiltà Cattolica, pubblicò alcuni stralci: «Come ormai è chiaro, anche a seguito di ripetute dichiarazioni pubbliche, non tutti i partiti della maggioranza condividono l’esigenza di assicurare al consiglio d’amministrazione della Rai i margini di autonomia che la legge e il buon senso prescrivono. Non esistono perciò le condizioni che avevano portato a ipotizzare un mio coinvolgimento nella Rai» (15 marzo 1986, p. 594)
Fin dalla sua istituzione, nel 1984, fece parte della Commissione d’indagine sui temi della povertà, che, nel 1990, ebbe la nuova denominazione di Commissione di indagine sulla povertà e sull’emarginazione e fu da lui presieduta con particolare cura dal 1994 fino al 1998. Una eco particolare ebbe la sua presentazione, nel luglio del 1995, del terzo rapporto della Commissione. Si documentava la presenza in Italia, con un forte addensamento nel Meridione, di quasi 5 milioni e 500 mila persone con un reddito inferiore a 500 mila lire al mese; per sostenere economicamente questi cittadini indigenti sostenne con forza la concessione di un minimo vitale, sul modello del Revenu minimum d’insertion (RMI) e dell’Arbeitslosengeld II tedesco (Commissione d’indagine sulla povertà e l’emarginazione, 1995).
Nello stesso periodo fu incaricato dal ministero del Lavoro e della previdenza sociale, affidato nel governo di Romano Prodi a Tiziano Treu, di presiedere la Commissione ministeriale d’indagine sulle retribuzioni detta anche Commissione Carniti, istituita nel 1987 al fine di indagare sulla giungla delle retribuzioni, tema sul quale nel 1976 Gorrieri aveva pubblicato un libro famoso. Carniti preparò una densa sintesi dei risultati della ricerca, pubblicandola nel volume, I salari in Italia negli anni Ottanta. Rapporto della Commissione Carniti (Carniti, 1988).
Nel 1989 fu candidato dal Partito socialista alle elezioni europee nella circoscrizione dell’Italia Nord-orientale. Eletto con un notevole successo personale, nel contesto di una significativa affermazione del Partito socialista che raggiunse quasi il 15% dei suffragi, si iscrisse al Gruppo socialista, che nell’aprile 1993, assunse la nuova denominazione di Partito del socialismo europeo e, in coerenza con le sue competenze e con le sue sensibilità, fu membro della Commissione per gli affari sociali, l’occupazione e le condizioni di lavoro, della Delegazione per le relazioni con i paesi dell’America del Sud e della Delegazione per le relazioni con la Polonia.
Nei primi mesi del 1990 diede vita all’associazione politico-culturale Riformismo e solidarietà (RES) e fondò una nuova rivista, Il bianco & il rosso, come luogo e strumento di riflessione ed elaborazione di un progetto di aggregazione politica che portasse, nell’ormai manifesta crisi dei partiti, a una nuova convergenza del riformismo socialista e della tradizione del cristianesimo sociale, ravvivato dal rinnovamento postconciliare, per rendere possibile la democrazia dell’alternanza (Carniti, 1990). Nella redazione della rivista, il cui direttore responsabile fu inizialmente Giovani Gennari, erano presenti Rino Caviglioli, Gian Primo Cella, Mario Colombo, Emilio Gabaglio, che nella CISL non condividevano il neo collateralismo con la DC, voluto dal suo successore Marini. Gli interlocutori, come documentano le firme dei tanti prestigiosi collaboratori della rivista, appartenevano a un’area molto ampia dell’universo sindacale, politico e associativo.
L’associazione Riformismo e solidarietà si propone d’interloquire, in ambito partitico, non solo con il Partito socialista ma anche con il Partito comunista di Achille Occhetto, che, a partire dalle intuizioni di Enrico Berlinguer, dopo la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione del blocco sovietico, si stava ripensando sul modello del socialismo europeo. Degli osservatori sottolinearono nei media che persino l’acronimo dell’associazione, RES, nel suo significato latino, rinviava alla Cosa postcomunista (G. B., 1990).
Nelle elezioni politiche dell’aprile 1992, le ultime della ‘Prima Repubblica’, nelle quali la DC scende sotto il 30% e il Partito democratico della sinistra (PDS), nuova denominazione del Partito comunista addirittura, sotto il 20% dei suffragi, con la comparsa della Lega Nord di Umberto Bossi con l’8,65%, Carniti fu candidato al Senato dal Partito socialista nella circoscrizione del Trentino-Alto Adige; risultò il primo dei non eletti, ma, nel novembre dell’anno successivo, subentrò nel seggio al deceduto Ezio Anesi. Iscritto al gruppo misto e membro della XII Commissione Igiene e sanità, la sua esperienza parlamentare è breve, in quanto a fine marzo 1994 si hanno nuove elezioni politiche anticipate.
Nel settembre del 1993 Carniti e Gorrieri pubblicano un Manifesto politico-programmatico con il titolo, Cristiano sociali. Una presenza nello schieramento progressista. Manifesto politico programmatico. linee essenziali per l'elaborazione di un programma di politica sociale (Modena 1993), che costituì l’atto fondativo dei Cristiano sociali. Il movimento non si proponeva come un nuovo partito, ma come «componente attiva e organizzata nello schieramento progressista» nella convinzione che per realizzare la democrazia dell’alternanza e la centralità delle politiche sociali, occorresse realizzare una nuova aggregazione democratica e riformatrice. Alla sua «qualificazione politico-programmatica i Cristiano sociali si propongono di portare il contributo d’idee, sensibilità ed esperienze dei cristiani impegnati nel sociale, nel movimento sindacale e cooperativo, nell’associazionismo e nel volontariato, nella cultura e nella ricerca, nel mondo della scuola e della formazione» (p. 2).
Gorrieri e Carniti, con il contributo di personalità come Carlo Alfredo Moro e Pietro Scoppola, proponendo un modello partecipativo, popolare e solidaristico della democrazia, intendevano offrire uno sbocco politico nuovo a una presenza sociale e civile di credenti prevalentemente impegnati nella CISL, nelle ACLI, nell’Azione cattolica, nell’AGESCI, nella Confcooperative e nel variegato mondo del volontariato.
Dopo la scelta di campo per i Progressisti, alla vigilia delle elezioni del 1994, contro l’idea di un centro cattolico equidistante tra i due schieramenti, hanno partecipato da protagonisti, accanto a Prodi, all’esperienza dell’Ulivo e hanno contribuito alla costruzione dei Democratici di sinistra, come formazione politica nuova, unitaria e plurale, della sinistra italiana.
I Cristiano sociali in Parlamento, nelle amministrazioni locali e nella società italiana, soprattutto nei due anni del secondo governo Prodi, hanno svolto un importante e riconosciuto ruolo non di sola testimonianza personale e di gruppo sui temi della pace, del lavoro, delle politiche sociali, della sussidiarietà, dello sviluppo del Terzo settore, della famiglia, dei diritti civili, della libertà religiosa e della laicità.
Hanno dato, infine, un contributo significativo alla fondazione e al consolidamento del Partito democratico, da loro sempre pensato come casa comune dei riformisti, nella quale fare fruttare ricchezza di culture e di storia, di risorse umane, di competenze e di sensibilità espresse nella quotidiana e multiforme presenza dei cristiani nel sociale. Nei primi anni di vita del movimento Carniti è il coordinatore politico nazionale e assieme Gorrieri presidente (Casula, 2019)
Nel 1994 fu rieletto al Parlamento europeo nella circoscrizione Centro I, candidato in quest’occasione dal PDS, nelle qui liste, per le elezioni politiche del mese di marzo, era riuscito a strappare dal segretario Massimo D’Alema ben 36 candidature cristiano sociali. Fece parte, fino alla fine del mandato, nel luglio 1999, del Gruppo del Partito del socialismo europeo, impegnandosi nella Commissione per gli affari sociali e nella Commissione per i problemi economici e monetari e la politica industriale.
Svolge, anche con un’intensa attività pubblicistica, un ruolo riconosciuto di guida e d’indirizzo, oltre che d’interlocutore autorevole della leadership del PDS e, successivamente, dei Democratici di sinistra e dell’Ulivo. Dal 2003 Carniti e Gorrieri, in perfetta sintonia, scelsero il ruolo di garanti, per lasciare a una generazione più giovane la responsabilità della direzione del movimento. Lo stesso anno, in continuità con la sua grande passione per l’editoria e la comunicazione, fondò una rivista di critica sociale on line, Eguaglianza & liberta, con Antonio Lettieri, Emilio Gabaglio, Guido Rey, Carlo Clericetti, che offriva, in articolate rubriche, puntuali informazioni e riflessioni sull’Italia, sull’Europa e sul mondo. Pur senza cariche ufficiali continuò a esser un punto di riferimento politico e culturale. Fondò e animò, nel novembre del 2011, assieme a Raffaele Morese, Giorgio Benvenuto, Carlo Ghezzi, Cristiano Hoffmann, Mario Colombo, Silvano Miniati, l’associazione Koinè, che, come recita la statuto, «si propone di ideare e realizzare progetti e iniziative che possano offrire un punto di riferimento a quanti – persone, centri di studio e di ricerca, università, istituzioni pubbliche e private, parti sociali – si occupano e si preoccupano del futuro del lavoro e si cimentano nella individuazione delle ragioni della sua rilevanza nella società moderna». Parafrasando la Regola benedettina, semel abbas, semper abbas, amava dire di sé; «una volta sindacalista, sempre sindacalista».
Morì a Roma il 5 giugno 2018.
Pierre Carniti ha avuto una produzione pubblicistica vastissima, iniziata fin dagli anni giovanili. In primo luogo articoli e saggi pubblicati nelle riviste che ha fondato e/o animato: Dibattito sindacale, Progetto, Il bianco & il rosso, Cristiano sociali news, Eguaglianza & libertà; in secondo luogo saggi, prefazioni e introduzioni a libri collettanei. S’indicano, a seguire, alcune delle sue monografie, in gran parte richiamate nel testo: L’autonomia alla prova. Il sindacato negli anni della crisi, Roma 1977; Capire il nuovo, guidare il futuro. Relazione di Pierre Carniti al IX congresso della CISL. Roma, 7-12 ottobre 1981, Roma 1981; Solidarietà per il lavoro: la relazione di Pierre Carniti al X congresso della CISL, Roma 1985; Remare contro corrente, Roma 1985; I salari in Italia negli anni Ottanta. Rapporto della Commissione Carniti, Venezia 1988; Riformismo e solidarietà. Per la democrazia dell’alternanza, Roma 1990; Il lavoro è finito. Il bianco & il rosso, Roma 1994; Noi vivremo del lavoro…, Roma 1997; La società dell’insicurezza. Lavoro disuguaglianze, globalizzazione, Troina 2001; Dove stiamo andando? Democrazia e lavoro nell’età dell’incertezza, Matera 2012; La risacca. Il lavoro senza lavoro, Matera 2013; Passato prossimo. Memorie di un sindacalista d’assalto, 1973-1985, Roma 2019.
Roma, Archivio storico del Senato, Confederazione italiana sindacati lavoratori, Archivio storico nazionale1948-2012, Sezione 1 Archivio della Segreteria confederale (1950-1998); Sezione 2 Archivi personali (1950-2007), Serie 9, Carte di Pierre Carniti (1974-2001); Roma, Archivio storico del Senato, Archivio storico del movimento dei Cristiano sociali (1993-2017) (in precedenza ordinato cronologicamente, è stato donato all’Archivio del Senato ed è in fase di riordino); Roma, Archivio storico del Senato, Schede di attività dei Senatori XI legislatura - Senatore: Carniti Pietro; Cortona, Biblioteca del Comune e dell’Accademia etrusca di Cortona, Fondo carte e libri Pierre Carniti.
E. Gorrieri, La giungla retributiva, Bologna 1976, ad indic.; C. Torneo, Il sindacalista d’assalto. P. C. e le lotte operaie degli anni Sessanta, Milano 1976; La vicenda della Rai: Carniti rinuncia ad essere presidente, in La Civiltà Cattolica, quaderno 3258, 15 marzo 1986; G. B., Un occhio al PCI e uno ai cattolici, in La Repubblica, 17 febbraio 1990; Cristiano sociali. Una presenza nello schieramento progressista. Manifesto politico programmatico. linee essenziali per l'elaborazione di un programma di politica sociale, Modena 1993; Commissione d’indagine sulla povertà e l’emarginazione, Verso una politica di lotta alla povertà. L’assegno ai figli e il minimo vitale, Roma 1995; P. Feltrin, Una vita senza rimpianti. Un profilo di P. C. nel suo tempo, in Pensiero, azione, autonomia. Saggi e testimonianze per P. C., a cura di M. Colombo - R. Morese, Roma 2017; A. Giovagnoli, La Repubblica degli italiani: 1946-2016, Roma-Bari 2018, p. 84; I. U. Camerini, Il giovane Carniti: studente, sindacalista di contadini, sindacalista di marciapiede, leader fimmino e giornalista, in Sotto il cielo di Cortona. Incontri e dialoghi da tramandare, Cortona 2019; C. F. Casula - C. Sardo - M. Lucà, Da credenti nella sinistra. Storia dei Cristiano sociali 1993-2017, Bologna 2019, ad indic.
Foto per cortesia fim-cils.it