MARIVAUX, Pierre Carlet de Chamblain de
Commediografo e romanziere, nato a Parigi il feebbraio 1688 e ivi morto il 12 febbraio 1763. Visse da prima a Riom, dove il padre dirigeva la zecca, e a Limoges; studiò legge a Parigi. Voltosi alle lettere, tentò il teatro comico e tragico; una sua tragedia Annibal (1720) non ebbe fortuna e poca ne ebbero alcune azioni comiche a tinte satiriche: l'Île des Esclaves (1725), le Triomphe de Plutus (1728), caricatura del finanziere avido, che come la Nouvelle Colonie (1729), è di stampo aristofanesco. Trovò la sua vera strada nella commedia e nel romanzo. Dotato di scarsa cultura classica, che derise in travestimenti burleschi (Iliade travestie, 1717; Télémaque travesti, 1736), mostrò una spiccata preferenza per gli autori moderni, dai quali ricavò le ispirazioni artistiche; ma più attinse dall'osservazione della natura e della vita, ritraendo la gente di campagna, i borghesi di provincia e la società mondana che imparò a conoscere nei salotti di Madame de Tencin e di Madame de Lambert, e, nell'ultimo periodo della sua esistenza, in quelli della du Deffand e della Geoffrin. La sua vita, agiata e serena, fu poi angustiata, dopo il tracollo del sistema di J. Law (v.), da preoccupazioni finanziarie, alle quali fece fronte lavorando per librai e per giornali: collaborò al Mercure, fondò, redigendoli da solo, Le Spectateur français (1722-23), modellato sull'omonimo inglese dell'Addison, L'Indigent philosophe (1728) e il Cabinet du philosophe (1734), rivelandosi giornalista brioso e critico sagace. Intelletto vivo, di squisita sensibilità artistica, uomo però sempre scontento, soleva lasciare a mezzo un'opera per iniziarne con entusiasmo un'altra. Ebbe affinità spirituali con Fontenelle, amicizia con Helvétius; osteggiato da Voltaire e dai suoi seguaci, fu vittima, anche a teatro, delle "cabales" letterarie; riuscì tuttavia a entrare all'Académie française (1743). Da quel momento la sua vena parve inaridita. Rimasto solo, mortagli dopo due soli anni di matrimonio (1723) la moglie e fattasi suora l'unica figlia, egli fu confortato dall'affetto d'una sua coetanea Mademoiselle de Saint-Jean; e quando si spense, egli, che aveva goduto di larga popolarità, era già un dimenticato.
Dei sette od otto suoi romanzi, astrazion fatta di quelli di avventure ai quali, dopo aver parodiato il genere (Pharsamon ou les folies romanesques, 1712), si appassionò (Les aventures de ... ou les effets surprenants de la sympathie, 1713-14; La voiture embourbée, 1714), sono meritevoli di menzione, benché entrambi incompiuti, i due a cui va legato il suo nome: La vie de Marianne ou les aventures de la Comtesse de ... (in dieci parti, 1731-41, a cui Madame M.-J. Riccoboni aggiunse una parte undecima) e il Paysan parvenu (in cinque parti, 1735), che non ha i pregi del precedente, mentre ha in comune con esso le frequenti e prolisse digressioni. In essi il M. si rivela romanziere realista, degno di essere avvicinato al Lesage. Scrittore delicato, egli atteggia il pensiero e lo stile, ricco di finissime sfumature, in modo affatto originale. E, lui vivo, si disse, per l'appunto, "marivaudage" codesta sua personalissima forma di concezione e di espressione, che, a differenza del preziosismo secentesco, non è tutta esteriorità, ma anche intima sostanza di sentimenti e di idee.
Nella commedia si ritrovano queste sue doti di pittore del cuore della donna, ond'egli fu detto il Racine del suo secolo. Dell'amore, tenerezza galante più che passione profonda, egli indaga le prime radici e ne studia soprattutto il timido manifestarsi: di esso non si vale già come d'un pretesto per un intrigo comico, ma ne fa la vita stessa della commedia, che è rappresentazione degli stati d'animo dei personaggi e ritratto del costume contemporaneo. Delle sue trentasei commedie, alcune delle quali sono morali, filosofiche, mitologiche, si distinguono appunto quelle di analisi psicologica e particolarmente: Arlequin poli par l'amour (1720), La surprise de l'amour (1722), La double inconstance (1723), La seconde surprise de l'amour (1727), Le jeu de l'amour et du hasard (1730), la migliore e la più tipica; Serments indiscrets 1731); la Mère confidente (1735); le Fausses confidences (1737); L'Épreuve (1740). La maggior parte di esse egli preferì affidare agli attori del teatro italiano, perché, meno ligi alla tradizione, gli consentivano maggior libertà nel suo tentativo di creare una nuova commedia. E il pubblico favore arrise largamente a questa sua produzione scenica elegante e galante, che trasferiva sentimenti veri in un mondo di sogno, in cui fioriva la poesia soave degli affetti femminili.
Ediz.: Les Comédies, Parigi 1732, voll. 2; Œuvres, ivi 1781, voll. 12.
Bibl.: Ch.-A. Sainte-Beuve, Causeries du Lundi, IX; G. Larroumet, M., sa vie et ses oeuvres, Parigi 1882 e 1894; G. Deschamps, M., Parigi 1897; F. Brunetière, Études critiques, II-III, ivi 1880-1907; P. Trahard, Les Maîtres de la sensibilité française au XVIIIe siècle (1715-1789), I, Parigi 1931 (capitoli 3°-4°; M.). Si veda: N. Melloni, Note sur M. en Italie, in Revue de littér. comparée, 1903; N. Busetto, Gertrude e la Vie de Marianne, in La genesi e la formazione dei "Promessi Sposi", Bologna 1921.