ASSELINEAU, Pierre
Medico francese, nato ad Orléans, da Giovanni e Maddalena Hermont, vissuto per buona parte della sua vita a Venezia. Non si conoscono né la data della nascita né quella della morte.
Fra, Fulgenzio Micanzio, che, nella sua biografia sarpiana, gli dedica una pagina calda di affettuosa anúcizia, dice che l'A. "venne in età giovanile in Italia, mandato da suo padre per sottrarlo a' pericoli delle guerre civili" e che ebbe "conversatione" col Sarpi per "circa 38 anni". Il Sarpi moriva all'inizio del 1623: la loro conoscenza va quindi fissata intorno al 1585; e valutando a circa vent'anni l'età in cui l'A. lasciò la Francia, si può ritenerlo nato, approssimativamente, tra il 1560 e il 1565. Quanto alla sua data di morte, si può solo dire con sicurezza che era ancor vivo quando fra, Fulgenzio scriveva la biografia sarpiana (iniziata durante il dogado di Francesco Contarini, 1623-24, e compiuta, o almeno riveduta, intorno al 1628).
Giunto a Venezia, durante la sua peregrinazione italiana, l'A. se ne era "innamorato" e aveva deciso di fermarsi ed esercitare qui la sua professione. Aveva cominciato subito a frequentare una bottega della Merceria, "La nave d'oro", tenuta da una famiglia di merciai olandesi, i Secchini, e divenuta, proprio intorno al 1586, il ritrovo di mercanti e di viaggiatori stranieri e di uomini di cultura, in genere riformati, o simpatizzanti per la Riforma, o più semplicemente interessati alle vicende d'oltralpe: "una mano d'huomini galanti, virtuosi, e da bene", li definiva il Micanzio. L'A., calvinista, si era subito fatto apprezzare in quel ritrovo per il suo "candore di costumi" e per la sua "tenacità nelle cose di religione". Gli amici l'avevano definito scherzosamente "il vero Israelita", alludendo - narra ancora il Micanzio - al detto di nostro Signore, "hic: est verus Israelita, in quo dolus non est". E lo stimavano anche per le sue capacità professionali e per il modo con cui avvicinava e trattava i suoi pazienti. "Essercita la professione di medico più come amico per gli amici che per altri interessi "scriveva il Micanzio; "un'anima pura - continuava - in cui riluce un candore, una bontà di natura, et un non saper far male".
Alla "Nave d'oro", probabilmente, l'A. aveva conosciuto fra, Paolo Sarpi. Era stato subito preso di grande ammirazione per la personalità severa e raccolta del dottissimo servita: "Oh, quante cose mi ha imparato il padre Paolo nell'anatomia, ne, minerali e ne, semplici", continuava a dire anche dopo la scomparsa dell'amico. Dal canto suo l'A. doveva aver ricambiato mettendo il Sarpi in contatto con gli ambasciatori francesi, André de Maisse e Philippe Canaye, che si erano succeduti a Venezia tra la fine del '500 e l'inizio del '600. E forse col Sarpi aveva avuto modo di frequentare l'altro celebre ritrovo della Venezia cinquecentesca, il ridotto Morosini, dove convenivano patrizi e uomini di lettere e di scienza, come Galileo Galilei. Dopo l'interdetto, l'A. non si era limitato all'esercizio della sua professione medica. Si era messo a fiancheggiare l'opera di fra, Paolo Sarpi, nella contesa con la Sede apostolica, favorendo poi i contatti tra lui e i riformati, massime quelli francesi.
Egli stesso era in corrispondenza con Jérôme Groslot de l'Isle, con Francesco Castrino e con Philippe Duplessis Mornay; ne riceveva anche libri e opuscoli dei quali curava la diffusione. La sua opera doveva essere particolarmente intensa dal 1608 al 1610, quando sembrava che si potesse introdurre a Venezia la riforma protestante (giungevano in città i rappresentanti di paesi riformati, un van der Myle, un Lenck, un de Liques, un Jean Diodati; fra, Fulgenzio cominciava i cieli delle sue prediche; e l'ambiente dell'ambasciata inglese, con sir Heriry Wotton e il suo cappellano William Bedell, si adoperava nell'opera di proselitismo).
Philippe Duplessis, che dalla Francia cercava di tenere le fila di questo incipiente movimento "veneziano, invitava gli amici che si recavano a Venezia a far capo all'Asselineau. E questi lavorava infatti col massimo ardore, impaziente di rompere gli indugi e di passare a un'azione aperta: s'irritava col Sarpi per la sua prudenza, e lo paragonava a Melantone; gli preferiva la spericolatezza di fra, Fulgenzio, che gli ricordava invece Lutero. Dal 1610, quando si accorse che le speranze d'introdurre rapidamente la riforma a Venezia erano vane per gli ostacoli che sorgevano sia dalla situazione politica europea, dopo la morte di Enrico IV, sia da quella interna veneziana, dove si spegnevano i primi bollori e cresceva il movimento di reazione, l'A. valutò con altri occhi il comportamento del Sarpi, e ne sostenne, contro il Duplessis, la saggezza lungimirante.
Negli anni successivi l'A. non cesserà di prodigare la sua opera a sostegno dei suoi ideali religiosi. L'azione passava dal campo religioso vero e proprio a quello politico: bisognava portare Venezia nella orbita diplomatica dei paesi riformati e antiasburgici. All'arrivo a Venezia del nuovo ambasciatore inglese, Dudley Carleton, l'A. gli offriva i suoi servigi, non solo come medico, ma come collaboratore politico: faceva da intermediario tra lui e Giovan Francesco Biondi e, soprattutto, tra lui e il Sarpi e il Micanzio, recapitava le lettere e scambiava le reciproche opinioni. In seguito l'A. aiutò il Carleton nei suoi contatti con il cavaliere Ercole Salici, uno dei grigionesi fautori dell'aUeanza con Venezia, traducendo in francese le lettere del Carleton a lui dirette. Quando il Carleton si trasferì da Venezia all'Aia come ambasciatore presso le Province Unite d'Olanda, l'A. rimase in rapporto epistolare con lui: gli esprimeva la sua opinione sulla politica veneziana e quella internazionale; partecipava con pieno consenso alla lotta che il Carleton promuoveva contro il movimento. arminiano. Sul finire del 1617 questo scambio di lettere, che si appoggiava a un comune amico, il mercante olandese Daniel Nys, insospettì il residente veneziano all'Aia Cristoforo Surian, che ne avvertì gli Inquisitori di stato. Ma, probabilmente per l'appoggio del Sarpi e dei suoi amici, interessati alla salvaguardia dell'A. e soprattutto di fra, Fulgenzio, che era pure in corrispondenza con il Carleton e si giovava anzi della copertura, dell'A. e del Nys, la cosa finì in un nulla di fatto. Quando, nel 1619, giungevano a Venezia i nipoti di Philippe Duplessis Mornay col loro accompagnatore, Jean Daiflé, era l'A. a riceverli e a presentarli al Sarpi. L'ultimo accenno sull'A. lo si trova ancora nella biografia del Micanzio: era accanto a fra, Paolo Sarpi, all'inizio della malattia che doveva portarlo alla tomba.
Fonti e Bibl.: Public Record Office, S. P. 99, buste da 8 a 21, con notizie su A. e lettere sue. Il carteggio Asselineau - Castrino è nel cod. Borghese II, 48,e nel cod. Nunziature diverse,276, dell'Arch. Segreto Vaticano (v. P. Savio, Per l'epistolario di Paolo Sarpi, in Aevum, X [1936], p. 104). La vicenda con gli Inquisitori di stato è in Arch. di Stato di Venezia, Inquisitori di stato, Lettere dall'Aia, B. 445, e ibid., Lettere all'ambasciatore all'Aia,B. 157; Fra Fulgenzio Micanzio, Vita del padre Paolo dell'Ordine de' servi e theologo della Serenissima Republica di Venetia,Leida 1646, pp. 43-4s, 69 s., 280; Letters from and to Sir Dudley Carleton, Knt.,London 1757, p. 36; P. Bayle, Dictionnaire historique et critique,II,Amsterdam 1740, p. 134 (per l'incontro J. Daillé, A., Sarpi); Ph. Duplessis Mornay, Mémoires,X-XI, Paris 1824-25 (con la corrispondenza tra il Duplessis e l'A.); P. Sarpi, Lettere ai protestanti,Bari 1931, I, II, passim;P. Savio, art. cit,in Aevum,X(1936), pp. 3-104; XI (1937), pp. 73, 74, 275-322; R. Taucci, Intorno alle lettere di fra Paolo Sarpi ad Antonio Foscarini, Firenze 1939, pp. 22 n., 23 n., 206, 226, 227, 237 n., 238 n., 239 n., 243, 244 n., 261; B. Ulianich, Paolo Sarpi. Lettere ai gallicani,Wiesbaden 1961, passim; G. Galilei, Opere,ediz. naz., XVII, p. 303; XX, p. 376.