STROZZI, Piero
Figlio di Giovan Battista, detto Filippo. Non si conosce la data della sua nascita, ma gli storici lo dicono coetaneo del duca Alessandro. Nel 1529 frequentava lo Studio di Padova. Tornato a Firenze, fu dapprima tra i favoriti del duca. Scoppiata la rivalità fra questo e gli Str., il primo cercò di colpire gli avversari nella persona di Piero. Nel carnevale del 1533 Giuliano Salviati, avendo offeso la sorella di Piero, Luisa Strozzi Capponi, fu ferito in un'imboscata. La voce pubblica accusò Piero e Tommaso Str. Piero fu arrestato, ma negli interrogatorî tenne testa ai giudici con fiera arroganza. L'intervento di Clemente VII lo fece liberare, ma poco dopo morì Luisa, e si sospettò di veleno. Si giunse a dire che l'avesse uccisa Piero perché non cadesse nelle insidie di Alessandro. Morto Clemente VII, l'urto col duca s'inasprì. Piero e i fratelli si recarono a Roma per dare appoggio ai fuorusciti fiorentini. Piero fece parte dell'ambasceria di Barcellona, e nel viaggio di ritorno sfuggì a un tentativo di assassinio, a Modena. Nel 1535 andò con i compagni a Napoli, dove si dimostrò, dei nemici del duca, il più violento e irriconciliabile. Subito dopo si diede alla carriera militare che iniziò in Piemonte, prendendo parte, nella discesa di Francesco I, all'attacco fallito contro Genova. Da questo momento egli farà ogni sforzo per abbattere in Italia il predominio imperiale. Dal Piemonte andò a tale scopo ad unirsi con Galeotto Pico della Mirandola, al quale faceva capo il partito francese. Alla morte di Alessandro, Filippo Strozzi si era recato da Venezia a Bologna, assai incerto sul partito da prendere. Prestava orecchio alle lusinghe di Francesco Vettori, e si parlò in quell'occasione di un matrimonio tra Piero e una figlia di Francesco Guicciardini. Ma Piero non cedette e spinse il padre alla guerra. Nel luglio 1537 i fuorusciti avevano formato alla Mirandola due corpi di armati, uno comandato da Piero, l'altro dal Salviati. Piero, insieme con Baccio Valori, volle muovere contro Firenze da solo, e questa sua temerità lo condusse alla rotta di Montemurlo. I capi fuorusciti caddero prigionieri, ma Piero riuscì a fuggire, mentre Filippo veniva condotto a Firenze. Piero non solo aggravò la posizione del padre continuando le ostilità, ma condannò con violente e crudeli parole il contegno del prigioniero che lottava per salvare la propria vita. Dopo la morte di Filippo, Piero fece un viaggio a Adrianopoli. Al ritorno si legò definitivamente al servizio del re di Francia, per il quale combatté in Italia in Piemonte, e si segnalò per il suo ardimento nella campagna di Lombardia. Nel 1544 tornò alla Mirandola, col duplice scopo di formare un corpo di fuorusciti e di smuovere il duca di Ferrara dalla sua neutralità. Giuntogli l'ordine di licenziare le truppe, si mosse con 3000 fanti verso il Piemonte e con abilissime mosse riuscì a condurveli, conquistando con essi la città di Alba. Ma l'8 di agosto fu concluso l'armistizio, cui seguì la pace di Crépy. Piero continuò ad essere in Italia l'anima della resistenza contro gl'imperiali e i Medici. Più volte vi si recò segretamente fra il 1547 e il 1548 sfuggendo sempre alle insidie degli avversari. Fu luogotenente del re di Francia nella guerra di Sie, ma il 2 agosto 1554 le sue truppe furono battute a Marciano. Dopo la capitolazione della città, riuscì a fuggire e continuò la resistenza a Montalcino fino al giugno 1556. Il re gli diede il bastone di maresciallo. Tornò ancora una volta in Italia, ma dopo San Quintino fu richiamato in Francia. Ebbe una parte importante nella presa di Calais; poi seguì il duca di Guisa all'assedio di Thionville, dove fu ucciso il 21 giugno 1558. Piero aveva sposato nel 1539 Laudomia di Pier Francesco de' Medici, sorella di Lorenzino, vedova di Alamanno Salviati. Spirito indomabile di partigiano, soldato coraggiosissimo piuttosto che abile capitano, Piero fu l'ultimo rappresentante di quella fazione che tentò di opporre una suprema resistenza al predominio dei Medici in Toscana e degl'imperiali in Italia.