PARINI, Piero
– Nacque a Milano il 13 novembre 1894 da Ettore, ispettore delle ferrovie, e da Annita Cipriani.
Terminati gli studi liceali, iniziò a collaborare con La Provincia di Como e, nel 1913, divenne redattore del quotidiano conservatore milanese La Perseveranza. Nazionalista e irredentista, allo scoppio della prima guerra mondiale si trovò in contrasto con l’indirizzo neutralista e triplicista del giornale. Chiamato alle armi nel settembre 1916, combatté come fante e pilota aviatore. Dopo la smobilitazione riprese l’attività giornalistica e sposò la svizzera Rosetta Colombi, con la quale non ebbe figli, condirettrice insieme a Teresa Bontempi del periodico di Bellinzona l'Adula, che si batteva per la difesa dell’italianità del Canton Ticino.
Nel febbraio 1922 passò al Popolo d’Italia, seguendo le più importanti conferenze internazionali e le assemblee della Società delle Nazioni, come caporedattore dei servizi esteri. Nell’albo d’oro del fascismo (Savino, 1937, p. 137) risulta essersi unito al Fascio milanese nel gennaio 1920, ma Parini rimarcò di non avere avuto la qualifica né di squadrista né di antemarcia, datando l’adesione al Partito Nazionale Fascista (PNF) alla fine del 1922.
Fu Dino Grandi, nell’ambito di una politica di fascistizzazione del ministero degli Affari esteri, a imporne l'ingresso nel ruolo diplomatico, ramo consolare. Nominato console ad Aleppo, quando nel gennaio 1928 si apprestava a partire per la Siria fu designato segretario dei Fasci italiani all’estero e il 12 dicembre 1929 assunse la guida della Direzione generale degli Italiani all’estero e scuole. Nel 1932, a completamento del processo di concentrazione nella stessa Direzione generale degli uffici che si occupavano di emigrazione, assunse anche la gestione del Lavoro italiano all’estero (già Commissariato dell’Emigrazione).
Il 23 novembre 1935 fu collocato in congedo per servizio militare.
Per la guerra d’Etiopia riunì i volontari dei fasci all’estero nella 221a Legione camicie nere, a lui intitolata, guidandola in una durissima marcia da Mogadiscio alla conquista di Dire Daua. L’impresa gli valse la medaglia d’argento al valor militare.
Nel giugno 1936 rientrò al ministero degli Affari esteri, alla cui guida si era nel frattempo insediato Galeazzo Ciano, e fu confermato a capo della Direzione generale degli Italiani all’estero con la qualifica di ministro plenipotenziario di prima classe. Tra i due, tuttavia, non tardarono a manifestarsi divergenze e nella contesa Mussolini appoggiò Ciano: Parini perse i suoi incarichi e, nell’autunno 1937, fu collocato a riposo d’autorità.
Pochi giorni più tardi fu destinato al Cairo come ministro d’Italia, ma il governo egiziano sollevò obiezioni alla nomina per i suoi 'sentimenti antinglesi'. Fu quindi inviato in Cina e Giappone con il compito di stipulare un trattato di navigazione aerea civile con l’Estremo Oriente per conto della società Ala Littoria. Nel 1939, mentre l'Italia occupava l'Albania si trovava ancora a Shanghai, ma dopo poco il sottosegretario agli Affari albanesi Zenone Benini lo inviò a Tirana sia con le funzioni di ispettore generale del Fascio albanese sia come consigliere permanente del presidente del Consiglio dei ministri Shevqet Vërlaci. Ad agosto fu nominato prefetto e segretario generale della appena istituita Luogotenenza generale albanese. Con l’inizio delle operazioni militari per l’invasione della Grecia fu impegnato nell’assistenza alle truppe e, dopo la resa del presidio di Corfù, fu designato commissario per gli Affari civili delle isole Jonie. Durante il regime di occupazione si oppose all’istituzione di una 'provincia jonica', mantenendo in vita i poteri locali, di cui però riformò l’ordinamento in senso autoritario. Dopo il 25 luglio 1943, il governo Badoglio gli ingiunse di deferire all’autorità militare tutti i poteri civili.
Collocato a riposo dal 5 settembre, rientrò in Italia. Fu contattato a Milano da Francesco Maria Barracu, sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo fascista repubblicano, e gli fu offerta la carica di podestà. A pochi giorni dall’insediamento a Palazzo Marino, avvenuto il 14 ottobre, la moglie, da lungo ammalata, morì a Bergamo.
Il 15 gennaio 1944 fu nominato prefetto (o 'capo della provincia' secondo la nuova denominazione) e, quindi, per poco più di tre mesi cumulò le cariche di prefetto e di podestà di Milano, propugnando, in una città dove era presente una forte corrente squadrista, un progetto patriottico di conservazione dell’ordine pubblico e di coagulo delle forze moderate. In occasione dello sciopero generale del 1° marzo, Mussolini inviò a Milano, con pieni poteri, il ministro dell’Interno, Guido Buffarini Guidi, nominato alto commissario per Piemonte, Lombardia e Liguria. Minacciando le dimissioni, Parini rivendicò l’intera responsabilità della lotta agli scioperanti e del ripristino dell’ordine pubblico sia con il ministro dell’Interno, sia con il generale delle SS, Otto Zimmermann, anch’egli giunto in città per assumere la direzione della repressione.
Da podestà, il 10 marzo Parini promosse un prestito obbligazionario di un miliardo di lire (noto come 'prestito Parini'), lanciando una sottoscrizione denominata 'Città di Milano', che superò rapidamente la pur ingente cifra richiesta. Il 4 maggio successivo cedette la guida del Comune all’ingegnere Guido Andreoni, mantenendo l'incarico di prefetto.
Evocando istanze di conciliazione e di solidarietà sociale, nella primavera 1944 organizzò, in una città piegata dalla fame, una rete di ristoratori del popolo e mense collettive, in grado di erogare giornalmente a prezzi contenuti migliaia di pasti caldi.
Questi risultati prelusero al declino della carriera di Parini, la cui autorità era minata dai rapporti conflittuali con il Fascio milanese, dall’eccessiva autonomia operativa degli organi di polizia, ma soprattutto dalle ingerenze tedesche, che tentò di contrastare, provocando ripetute richieste di un suo allontanamento d’autorità. Mussolini, informato nell’estate 1944 delle critiche che il prefetto gli indirizzava, ne ritenne improcrastinabile la rimozione e Parini stesso, il 5 agosto, chiese al ministro dell’Interno di essere sostituito, suggerendo un suo ritorno alla podesteria, dove riteneva incerta e timida l’azione del giovane podestà in quel momento in carica. Pochi giorni più tardi, a seguito della fucilazione in piazzale Loreto di 15 detenuti italiani per reati politici, come rappresaglia per l’attentato dell’8 agosto a un camion tedesco in viale Abruzzi, lamentò l’offesa alla tradizione civile di Milano e rassegnò dimissioni irrevocabili. Disposto il suo rientro al ministero degli Esteri, fu collocato a disposizione, ma non ricevette più alcun incarico.
Da tempo Parini manifestava posizioni critiche che, libero da impegni istituzionali, affidò alla stampa. Richiamando l’articolo di Bruno Spampanato, Problemi per domani (e perché non da oggi?), uscito su La Stampa il 25 ottobre 1944, per contestare il monopolio politico del Partito fascista repubblicano, il 29 novembre Parini pubblicò sullo stesso quotidiano un pezzo intitolato Perché non da oggi?, dove proponeva di superare l’opposizione alla costituzione di partiti politici non fascisti e sosteneva il diritto di organizzazione e di libertà di espressione giornalistica. Le sue posizioni eterodosse furono attaccate dapprima da Roberto Farinacci (Contro il meretricio politico e L’Italia chi la salverà, in Regime fascista, rispettivamente 1° e 2 dicembre 1944) e, quindi, con una corrispondenza non firmata, da Mussolini stesso che giudicò l’articolo «una melliflua canzone per adescare ad amorosi amplessi socialisti e repubblicani» (Il sesso degli angeli, in La voce repubblicana, 3 dicembre 1944).
Come altri esponenti del moderatismo fascista si accostò al Raggruppamento nazionale repubblicano socialista, promosso da Edmondo Cione per riunire fascisti e antifascisti attorno al trinomio «Italia, repubblica, socializzazione». Alla politica 'dei ponti', Parini aveva aderito tramite un ex giornalista socialista, collaboratore negli anni Venti a Il Corriere della Sera, Carlo Silvestri, cui era legato da amicizia di lunga data e con cui, dall’autunno 1943, ma soprattutto da prefetto, aveva collaborato alla cosiddetta 'croce rossa Silvestri', per salvare perseguitati politici ed ebrei.
Convintosi che Mussolini avrebbe dovuto consegnare i poteri al Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia (CLNAI), si attirò le minacce delle SS, nonché dei fedelissimi di Farinacci e Alessandro Pavolini. Il 26 aprile 1945 tentò di entrare in Svizzera con la seconda moglie, la greca Melpo Fafaliou (da cui pure non ebbe figli): bloccati alla frontiera, furono respinti il 9 maggio.
Accusato di collaborazionismo, fu deferito alla Corte d’assise straordinaria di Milano e, il 27 ottobre, condannato a 8 anni e 4 mesi di reclusione. Il ricorso contro l’assoluzione dall’accusa di atti rilevanti, promosso dal procuratore generale, fu rigettato il 25 maggio 1946 dalla Corte di cassazione, che anzi concesse il beneficio delle attenuanti previste per coloro che avevano partecipato attivamente alla lotta contro i tedeschi e per gli insigniti di decorazioni al valore. Il supremo organo rinviò quindi il giudizio dinanzi alla sezione speciale della Corte d’assise di Varese che, il 3 settembre, mentre Parini era in libertà provvisoria dopo avere scontato poco più di un anno di reclusione, lo condannò a 3 anni, interamente condonati.
Già alcuni giorni prima Parini era riparato in Argentina. Rientrato a Milano dopo qualche anno, diresse l’ufficio Brasile di una società di distribuzione del gas e, nel 1956, fu eletto consigliere comunale nelle liste del Movimento sociale italiano. Trascorse la vecchiaia ad Atene, dove morì il 23 agosto 1993.
Opere. L’altipiano di Asiago: il terreno, i ricordi della guerra 1915-1918, Roma 1931 e, a sua cura, Le regioni d’Italia: alla gioventù italiana all’estero, Novara 1932; inoltre Gli italiani nel mondo, Milano 1935; Augusto. Le più belle pagine della letteratura latina ad uso delle scuole e delle persone colte, Roma 1938.
Fonti e Bibl.: Roma, Ministero degli Affari esteri, Archivio storico diplomatico, Direzione generale del personale, Diplomatici e Consoli 1860-1972, b. 40, f. 44; Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Gabinetto, RSI, b. 25, ff. 582, 605; Segreteria particolare del Duce, RSI, Carteggio riservato, b. 47, f. 500; Archivio di Stato di Milano, Corte di assise straordinaria, b. 20, f. 291 (1945); Archivio di Stato di Varese, Corte d’assise di Varese, Sezione speciale, b. 10, f. 209; Bellinzona, Archivio di Stato del Cantone Ticino, Internati italiani 1943-1945, b. 63, f. 1.
Annuario diplomatico del Regno d’Italia, 1937, pp. 400-401; E. Savino, La nazione operante. Albo d'oro del fascismo. Profili e figure, Novara 1937.
Rari sono gli scritti dedicati a Parini: la voce di MK [B.M. Knox], in Historical Dictionary of Fascist Italy, a cura di P.V. Cannistraro, Westport-Connecticut 1982, pp. 393 s.; il 'medaglione' di M. Viganò, Un ricordo di P., in StoriaVerità, III (1994), 13, p. 39 e M. Coccia, Un’antologia della letteratura latina curata da un gerarca fascista, in Quaderni di storia, XXV (2009), pp. 199-211.
Sul suo operato alle dipendenze del ministero degli Affari esteri si vedano E. Gentile, La politica estera del partito fascista. Ideologia e organizzazione dei Fasci italiani all’estero (1920-1930), in Storia contemporanea, XXVI (1995), 6, pp. 949-956; Il fascismo e gli emigrati, a cura di E. Franzina - M. Sanfilippo, Roma-Bari 2003; D. Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo, Torino 2003.
Sull’impresa africana: A. Del Boca, Gli italiani in Africa orientale. La conquista dell’impero, Roma-Bari 1979. Per il periodo della RSI si rimanda, a G. Salotti, Nicola Bombacci da Mosca a Salò, Roma 1986, ad ind.; L. Ganapini, Una città, la guerra, Milano 1988; G. Gabrielli, Carlo Silvestri socialista, antifascista, mussoliniano, Milano 1992; L. Borgomaneri, Due inverni un’estate e la rossa primavera, Milano 1995; V. Costa, L’ultimo federale, Bologna 1997; L. Ganapini, La repubblica delle camicie nere, Milano 1999; M. Griner, La «Banda Koch», Torino 2000; M. Griner, La «pupilla» del Duce, Torino 2004; G.S. Rossi, Mussolini e il diplomatico, Soveria Mannelli 2005; S. Fabei, I neri e i rossi, Milano 2011.
Sugli anni successivi alcuni cenni sono in R. Canosa, Le sanzioni contro il fascismo, Milano 1978, pp. 23-25; C. Fontana, All’ombra di Palazzo Marino, 1941-1981, Milano 1981, p. 44; M. Franzinelli, L’amnistia Togliatti, Milano 2007, p. 345.