GAMBACORTA, Piero
, Piero. - Nacque a Pisa, nella seconda metà del secolo XV, dal ramo ivi rimasto di una delle più illustri famiglie cittadine.
Nel rispetto delle tradizioni familiari, il G. fu avviato presto alla carriera delle armi. Nel 1494, quando Pisa riconquistò la libertà in conseguenza del passaggio di Carlo VITI, egli si trovava a Firenze, da dove fuggì per rientrare nella sua città e assumervi subito il grado di capo dei balestrieri a cavallo. Durante i primi anni del lungo conflitto contro Firenze, il G. si distinse in diversi scontri, combattuti spesso insieme con Ranieri della Sassetta, tanto da meritarsi una certa fama in città. Quando però, nel 1499, Venezia concluse la pace con Firenze, abbandonando i Pisani all’assedio dell’esercito fiorentino condotto da Paolo Vitelli, il G., prevedendo un’imminente sconfitta, considerò l’opportunità di passare nel campo di Firenze. Una lettera scritta da un collaboratore di N. Machiavelli a nome del segretario della Repubblica fiorentina, del 20 ag. 1499, testimonia che vi furono dei contatti, precedenti la fase culminante dell’assedio, tra alcuni agenti di Firenze e il Gambacorta. Certo è che il G. e i suoi balestrieri, allorché il 12 agosto le truppe del Vitelli conquistarono il bastione di Stampace, abbandonarono la posizione, come del resto fecero anche altri pisani, riparando a Lucca, dove probabilmente il G. intendeva perfezionare con più calma gli accordi con i Fiorentini.
Accortosi però che Pisa continuava la resistenza e che l’esercito del Vitelli avrebbe presto abbandonato l’assedio per mancanza di rifornimenti, si penti della scelta compiuta e tentò il rientro a Pisa. Tuttavia, considerato un traditore tanto dai Fiorentini quanto dai Pisani, fu obbligato a lasciare entrambe le città e fu assoldato da E. Bentivoglio a Bologna, fino alla conclusione della campagna. La fuga del G., riportata in tutte le cronache dell’assedio di Pisa, destò scalpore per la nobiltà del protagonista, ma egli scampò all’accusa di vigliaccheria perché fu a torto creduto testimone di segreti su un supposto tradimento del Vitelli, processato e poi decapitato il 1° ott. 1499. Nel 1500 il G., grazie ai suoi rapporti con noti avversari di Firenze, quali il luogotenente di Cesare Borgia Vitellozzo Vitelli e il senese Pandolfo Petrucci, poté tornare a Pisa, reintegrato nel grado e con cento cavalli, procuratigli da V. Vitelli. Ma il 2 giugno 1501, in un combattimento presso Cascina, il G. fu catturato e condotto a Firenze, per essere sottoposto - un mese dopo - a un lungo interrogatorio, preparato tra gli altri anche da Machiavelli, per ottenere da lui informazioni sulle relazioni diplomatiche di Pisa. Sotto la pressione dei «tratti di corda», il G. confessò che V. Vitelli si preparava a farsi signore di Pisa, sobillato dal ministro di P. Petrucci, Antonio Giordani da Venafro. Negò invece ogni suo coinvolgimento nella politica pisana, definendosi solo un soldato, e sostenne in modo blando la condotta di P. Vitelli, che secondo lui aveva solo voluto «risparmiare ‘e suoi fanti». Quanto a lui, il G. sostenne di avere avuto contatti con il Vitelli al tempo dell’assedio per passare dalla sua parte, ma d’essersi ammalato e non averne potuto fare più niente.
Nel 1503 il G. era in Romagna, dove svolse attività di secondo piano per conto del provveditore veneziano C. Moro, senza tuttavia riuscire, come avrebbe voluto, a farsi assoldare da lui nell’esercito di Venezia.
Così l’anno successivo tornò ancora a Pisa, via mare, con cinquanta cavalli levati a Bologna, per concorrere nuovamente alla difesa della città. Il suo comportamento durante l’assedio dell’aprile 1505 fu, questa volta, ineccepibile.
Il 25 ott. 1506 il Machiavelli, da Imola, riferì notizie circa l’assoldamento del G. da parte di Giovanni Bentivoglio, minacciato da Giulio Il. È dubbio però se il G. si sia recato a Bologna, perché lasciò Pisa solo alla fine dell’anno per raggiungere Genova, ribellatasi ai Francesi, in qualità di ufficiale del contingente di milizie vitellesche, al comando di C. Tarlatini, temporaneamente mandate dai Pisani in soccorso dei Genovesi.
Il G. prese parte al fallito tentativo di espugnare Monaco, nel 1507, dopo il quale, arresasi Genova alle forze francesi, gli riuscì finalmente di entrare al servizio dei Veneziani, al soldo di Bartolomeo d’AIviano, che il G. seguì, con trecento fanti propri e cento aggiunti dalla Repubblica, nella rapida e vittoriosa campagna militare in Cadore contro Massimiliano d’Asburgo, respinto nella battaglia di Rusecco del 2 marzo 1508.
Il 15 marzo 1508, mentre con le truppe veneziane assediava Castel Pietra, presso Rovereto, il G. venne colpito a un ginocchio da una schioppettata. Nonostante le cure prestategli, la ferita degenerò in una cancrena che lo portò, dopo qualche giorno di dolorosa agonia, alla morte.
Fonti e Bibl.: C. Ghirardacci, Historia di Bologna, IIl, a cura di A. Sorbelli, in LA. Muratori, Rerum ltalicarnm Scriptores, XXXIII, I, p. 338; F. Guicciardini, Storia d’Italia, a cura di F. Panigada, Bari 1929, I, p. 364; II, p. 192; N. Machiavelli, Lettere, a cura di F. Gaeta, Milano 1961, p. 50; Id., Legazioni e commissarie, II, a cura di S. Bertelli, Milano 1964, p. 1033; Opere di N. Machiavelli, a cura di S. Bertelli, VI, Legazioni e commissarie, I, Verona 1970, pp. 75-86 (vi è pubblicato l’esito del processo al G.); IX, Lettere di Cancelleria, ibid. 1970, p. 19; M. Sanuto, I diarii, I, Venezia 1879, coll. 467, 789, 974,1040,1084; Il, ibid. 1879, coll.134, 431, 717, 1101, 1120; V, ibid. 1881, coll. 271, 302; VII, ibid. 1882, coll. 46, 322, 476, 482, 672; J. Nardi, lstorie della città di Firenze, a cura di A. Gelli, I, Firenze 1858, pp. 197, 273; L. Landucci, Diario fiorentino dal 1450 al 1516, a cura di I. Del Badia, Firenze 1883, p. 229; A. Fabretti, Biografie de’ capitani venturieri dell’Umbria, 111, Montepulciano 1844, pp. 56, 82 ss.; F.T. Perrens, Histoire de Florence depuis la domination des Médicis jusqu’à la chute de la République (1434-1531), Paris 1889, p. 369; G. Nicasi, La famiglia Vitelli di Città di Castello e la Repubblica fiorentina fino al 1500, in Boll. della R. Deputazione di storia patria per l’Umbria, XXI (1915), pp. 89 ss.; P. Villari, Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, a cura di M. Scherillo, I, Milano 1927, pp. 311 ss.