DEL NERO, Piero
Nacque a Firenze il 4 luglio 1440.
Il padre Francesco di Nero di Filippo (1419-1467) tenne molti uffici pubblici all'interno della città di Firenze. Il Mariani è sicuramente in errore quando attribuisce al padre del D. due ambascerie nel 1480 e nel 1494, dato che egli, a tali date, era già morto; in realtà fu Francesco di Bernardo di Simone Del Nero a compiere due ambascerie al re di Spagna nel 1495e nel 1497. Tale errore fu poi ripreso dal Passerini nelle sue note storiche al romanzo di A. Ademollo, Marietta de' Ricci... (Firenze 1846). La madre fu Andrea di Banco di Sandro.
Primo di otto figli, il D., alla morte del padre, lo sostituì alla guida della famiglia e gli subentrò nella società da questo formata con i fratelli per la gestione di alcune botteghe di rigattiere e di una di lanaiolo; di quest'ultima il D. prese soprattutto ad occuparsi. Nel catasto del 1480 egli dichiarò di aver interrotto l'attività di lanaiolo e di essere disoccupato, ma tale situazione, se corrispondente a verità, dovette essere di breve durata perché le fonti posteriori contengono frequenti riferimenti alla vita e all'attività del Del Nero.
Fu in grande familiarità con i principali dotti dei suoi tempi. Frequentò assiduamente le lezioni tenute da Marsilio Ficino nell'ambito della Accademia Platonica. Il Ficino lo considerò tuttavia più un amico che un semplice allievo: a lui dedicò il De christiana religione;a lui si rivolse per organizzare la sua difesa quando fu accusato di magia. Sapendolo avviato alla carriera politica, il Ficino gli inviò una lettera in cui dissertava sui doveri dei cittadino e, in occasione della prima elezione al priorato, gli indirizzò una lettera in cui, oltre a congratularsi con lui, lo esortava a seguire la strada della virtù. Il D. ricambiò in egual misura questi sentimenti e, in segno di devozione, fece stampare a sue spese l'opera del maestro Liber de sole et lumine. Godette del resto la stima e l'amicizia di tutti i condiscepoli dell'Accademia Platonica (tra cui N. Naldi che gli dedicò alcuni dei suoi Epigrammi) sia per la grande cultura sia per la rettitudine dell'animo, a motivo della quale veniva chiamato, in scherzosa antitesi con il cognome, "il candidissimo Del Nero".
Stando al Negri, il D. sarebbe stato a sua volta autore di molti componimenti ed epistole in latino, dei quali però ogni traccia sarebbe andata dispersa. A uguale dispersione è andata incontro la sua biblioteca, di cui rimangono poche notizie: il suo ex libris rimase su due codici laurenziani contenenti, rispettivamente, gli opuscoli filosofici di Cicerone, e le Epistole familiari dello stesso; quest'ultimo codice fu interamente copiato dallo stesso D. nel 1478.
Nel 1485 sposò Ginevra Guidotti, vedova di Ludovico Corsini, dalla quale nel 1487 ebbe Francesco e nel 1504 Agostino, oltre a Maddalena e ad un terzo maschio, morto poco dopo la nascita, il 3 sett., 1495. Dal primi matrimonio della Guidotti era nata Marietta Corsini, sposata a Niccolò Machiavelli, che col D. ebbe buona amicizia: lo nominò suo arbitro di fiducia nella divisione dell'eredità paterna e in suo onore mise nome Piero ad uno dei propri figli.
A partire dal 1476, anno della sua prima elezione al priorato, il D. ricoprì molte importanti cariche pubbliche a Firenze ed altre, di rilievo non minore, nel dominio fiorentino: il 1ºdic. 1486 fu inviato a San Giovanni Valdarno come vicario; dal 1º sett. 1490 fu vicario di Lari; il 1º marzo 1493 fu eletto priore per la seconda volta. Oltre a questi uffici egli ne ricoprì altri a carattere straordinario: il 22 maggio 1490 fu inviato, insieme a Giovanni Morelli, ad Arezzo come commissario, con il compito di comporre le discordie causate dalla ripartizione dell'estimo e con il potere, in caso di necessità, di procedere ad una nuova ripartizione. Nel 1494 si recò, sempre come commissario straordinario, a Borgo San Sepolcro, allo scopo di ragguagliare il governo di Firenze sui disordini verificatisi in questa città. Testimonianza di questo incarico è una lettera inviata il 3 maggio di quell'anno a Piero de' Medici signore di Firenze, in cui consiglia di sedare i tumulti "manu militari".
Questa lunga sequela di incarichi pubblici subì una battuta d'arresto allorquando il D., sicuramente per debiti di imposta, fu, come allora si diceva, "messo a specchio" e come tale divenne ineleggibile a tutte le cariche. Questa situazione cessò il 10 dic. 1503, quando, due mesi dopo aver saldato il suo debito ed essersi così "levato da specchio", fu chiamato a far parte dei Dieci di balia, il magistrato che sovrintendeva alla diplomazia e agli affari militari.
Sembra che contemporaneamente fosse stato eletto a far parte anche dei Sei della mercanzia, ma, non comparendo il suo nome tra quelli dei membri in carica in questo periodo, si deve concludere che egli rinunziò a questo incarico, forse per incompatibilità con il primo.
Fu uncora chiamato a far parte dei Dieci di balia il 10 giugno 1505 e il 10 giugno 1507, durando in carica ogni volta sei mesi. In questi periodi tale magistrato, per risolvere particolari questioni di politica estera, richiese la convocazione di alcune Pratiche, nell'ambito delle quali il D. ricoprì varie volte l'incarico di "proposto", con il compito di illustrare ai membri di questi organi collegiali i termini delle questioni su cui era stato richiesto il loro parere.
Di alcuni di questi organi il D. fu anche chiamato a far parte direttamente, in qualità di "cittadino eminente", ovviamente quando non era membro dei Dieci di balia; nella Pratica del 24 maggio 1505, convocata per eleggere un ambasciatore al re di Napoli, egli propose Niccolò Machiavelli, ma tale proposta incontrò una tenace opposizione; in quella del 24 ag. 1506, convocata per decidere in merito alla richiesta di aiuti militari da parte del papa, egli consigliò di non respingerla, ma di mantenere un atteggiamento molto prudente, data la debolezza militare della Repubblica fiorentina. Fu membro della Pratica convocata per decidere in merito alla commissione di Francesco Vettori presso la Dieta di Costanza. I pareri dei membri erano divisi tra chi aveva piena fiducia nelle capacità diplomatiche del Vettori e chi invece non se ne fidava; il D. vi si fece assertore di una proposta che rappresentava un onorevole compromesso tra i due gruppi: quella di affiancare al Vettori una persona che fosse molto addentro nelle questioni che sarebbero state discusse nell'ambito della Dieta; questo parere incontrò il favore generale, tanto che Niccolò Machiavelli, segretario dei Dieci di balia, partì quel giorno stesso per raggiungere il Vettori.
Il 1º sett. 1511il D. fu nominato capitano di Pisa. Questo incarico, soprattutto di carattere giudiziario, non differiva apparentemente da quelli degli altri rettori del dominio fiorentino, ma, date te vicende storiche di quel periodo, richiedeva particolari capacità politiche e diplomatiche.
Infatti la città era stata ricondotta da poco più di due anni sotto il dominio fiorentino e presumibilmente conservava ancora velleità di ribellione; inoltre alcuni mesi prima essa era stata designata a sede di un concilio antipapale da parte di un gruppo di cardinali scismatici, quasi tutti di nazionalità francese, istigati dal re di Francia e favoriti anche dall'imperatore. Il concilio, convocato per il mese di settembre, poté iniziare solo nel novembre di quell'anno ed ebbe vita breve e travagliata, data anche l'ostilità della popolazione. La corrispondenza tra il D. e i Dieci di balia ha in questo periodo come unico argomento il concilio, verso cui Firenze tenne un atteggiamento oscillante e contraddittorio.
Con il trasferimento dei cardinali a Milano, si interrompe anche il carteggio tra il D. e gli organi centrali dei governo di Firenze: l'ultima lettera è del 2 dic. 1511;essa è probabilmente anche l'ultima scrittura pubblica del D. che morì, presumibilmente a Pisa, prima del 16 genn. 1512, giorno in cui il suo sostituto, nominato dall'ufficio delle Tratte per portare a termine il suo mandato, prese possesso della carica.
Alla morte del D., il figlio Agostino era ancora minorenne, per cui ad una effettiva divisione dell'eredità paterna si giunse solo nel 1527 e la voltura fu registrata dagli uffici competenti l'anno successivo; questo fatto è stato causa di errori sulla data di morte del D. che talune fonti fanno risalire appunto al 1528.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Consulte e Pratiche 68, cc. 1v, 7, 11, 21, 40, 45, 48, 72; 121, cc. 129v, 134v, 147, 150v, 159;Ibid., Carte Dei, busta 34, ins. 9;Ibid., Notarile antecosimiano, B. 2679, cc. 104-107; Ibid., Mediceoavanti il principato, busta 73, c. 40; Ibid., Tratte 443 bis, c. 33v; Ibid., Tratte 83, c. 125; Ibid., Catasto 905, c. 120; Ibid., Catasto 993, c. 220; Ibid., Decima repubbl. 118, cc. 368 s.; Ibid., Raccolta genealogica Sebregondi, ad vocem Del Nero; Ibid., Raccolta genealogica Ceramelli-Papiani, ad vocem Del Nero; Ibid., Signori. Legazioni e commissarie. Elezioni e istruzioni a oratori, 21, c. 89; Ibid., Mss. n. 319: T. Forti, Onori delle famiglie fiorentine, c. 826; ibid., 252, L. Mariani: Priorista V, c. 1088 ss.; Firenze, Biblioteca nazionale, A. Cirri, Necrol. fiorentino, XIII, p. 249; Le Concile gallican de Pise-Milan, a cura di A. Renaudet, Paris 1922, passim;N. Machiavelli, Epistolario, in Opere, V, Milano 1969, pp. 68, 75, 93, 105, 176; S. Ammirato, Istorie fiorentine, III, Firenze 1651, p. 295; G. Negri, Istoria dei fiorentini scrittori, Ferrara 1722, p. 467; A. Ademollo, Marietta de'Ricci ovvero Firenze al tempo dell'assedio, a cura di L. Passerini, IV, Firenze 1846, p. 134; L. Passerini, Geneal. e storia della fam. Corsini, Firenze 1858, tav. VI; O. Tommasini, La vita e gli scrittidi N. Machiavelli..., I, Roma-Milano-Firenze 1883, pp. 217, 316, 400, 475; II, Firenze 1911, p. 90; A. Della Torre, Storia dell'Accad. Platonicafiorentina, Firenze 1902, pp. 29, 623 s., 669, 728, 802, 816.