CONTARINI, Piermaria
Primogenito di Giovanbattista (1525-1576; buon "causidico" in gioventù, fu uomo politico d'un certo rilievo, risultando autorevole senatore, membro del Consiglio dei dieci, censore, avogador di Comun, savio di Terraferma, savio del Consiglio, luogotenente a Udine, commissario per la definizione dei confini in Carnia, podestà di Padova) di Piermaria e di Orsetta di Marino Giustinian, nacque a Venezia il 10 genn. 1546.
Segue la nascita, oltre che di almeno due sorelle entrambe destinate al velo, di quattro fratelli: Marino (1547-1620), Che sarà senatore e avogador di Comun; Nicolò (1549-1623), che diverrà cultore e docente di filosofia; Domenico (1558-1613); Giovanvettor (1560-1619), che, fattosi domenicano col nome di fra' Girolamo, sarà vescovo di Candia e Capodistria.
Quanto al C., si sposa, il 9 apr. 1582, cra Loredana di Carlo Contarini di Battista, dalla quale ha una figlia, Orsa, sposa, l'11 febbr. 1602, ad Angelo Contarini di Giorgio. Piuttosto modeste, stando alla polizza d'estimo sottoscritta dal C. il 9 agosto 1582, le sue "condition" economiche: abita a S. Paternian in "casa propria", possiede un po' di terra presso Asolo, dei "campi" ed un paio di "casette" nonché una casa per suo "uso" vicino a Montebelluna. Ha, inoltre, degli immobili a Venezia (due magazzini, un "soler", una casa) e beneficia d'un "livello". Il nucleo più consistente della sua proprietà lo deve alla dote della moglie: "uno squarzo de campi dusento" nei pressi di Este, dalla resa - lamenta il C. - scarsa, e sempre minacciata da "inondationi... frequenti", da "rotte" rovinose per la "semenza". Tutto sommato la sua rendita non supera i 245 ducati annui. Ma più che il tono un po' piagnucoloso del C., suggerito dall'evidente proposito d'ottenere un benevolo trattamento fiscale, interessano soprattutto - come ha acutamente messo in luce Michele Fassina - le coltivazioni del suo possesso nel Padovano: "formento sporco", "sorgo", "formenton zalo". Quest'ultimo è il mais; si tratta, spiega il Fassina, della prima notizia certa della presenza del cereale nella campagna veneta.
Modesto, altresi, il profilo politico del C., se non altro esili le testimonianze in proposito. Prende parte - come egli stesso asserisce. senza, però, ulteriormente precisare - alla "guerra di Cipri"; nel 1573-74 è provveditore ad Asola; è, infine, membro dei Senato. Valutabile, invece, la sua attività di trattatista, svolta - si può ipotizzare - proprio grazie alla vita ritirata permessagli dagli scarsi impegni pubblici. Edito a Venezia nel 1601 da Grazioso Percaccino e dedicato, quale a "primo capitano d'Italia, disceso da sommi duci", al duca d'Urbino Francesco Maria II della Rovere, il Corso di guerra et partiti di guerreggiare e combattere..., esamina la strategia e le tattiche adottabili da un "minor essercito "costretto a cimentarsi con un avversario "di gran lunga maggiore".
Tutta una casistica d'agguatì notturni, imboscate, finte, rotte, incursioni si squaderna col corredo d'una saccente esemplificazione tratta, senza alcun criterio distintivo, sia dalle "historie antiche" che dalle "moderne". Secchi insegnamenti contrassegnati dal corsivo si succedono avvalorati dal comportamento ora d'Agesilao ora d'Enrico di Navarra, ora di Scipione ora d'Ottone, ora di Giugurta ora di Michele il Bravo. Remote battaglie e scontri recentissimi valgono a sostegno d'una teorizzazione - che, indifferente alle differenze dei tempi e alle trasformazioni delle tecniche, rovista tanto nelle vicende delle guerre puniche che in quelle dei conflitto in corso tra la Porta e l'Impero - mirante alla formulazione appagantemente definitiva. Donde il carattere astratto del manuale del C., il suo sapore frigidamente libresco; ciò non toglie abbia avuto una certa circolazione anche tra i tecnici e gli uomini d'arme.
Più personale il successivo Compendio universal di republica... nel qual si tratta le diverse maniere d'instituir le republice (Venetia 1602, "appresso Gasparo Contarini"), dedicato al procuratore di S. Marco Federico Contarini, il patrizio filocuriale ed ostentatamente devoto cui va il merito d'aver portato a "compiuta perfettione" la "più superba piazza" del mondo, quella di S. Marco.
"La mia republica se ben succinta", assensce il C., ben s'addice a chi ha abbellito il centro di quella Venezia che "supera tutte l'antiche e moderne republiche per esser", nel suo riassumere equilibratamente forme regie, aristocratiche, cittadine e popolari, "di quadripartita forma più prestante"; e il C., poiché considera organo oligarchico il Consiglio dei dieci, giunge addirittura a ravvisare nella Repubblica "cinque governi proporzionati in uno solo". Un omaggio scontato alla Serenissima che scaturisce. da una esposizione che, esaminando, con la scorta della trattatistica antica, i vari tipi di Stato, di ognuno elenca, con "essempi" e "collationi", tanto le "perfettioni" quanto le "imperfettioni". Schematicamente definitoria, l'operetta, procedendo, si fa asseverativa, specie laddove suppone la fondazione d'una città: "come fondi una metropoli, per farla riuscir popolatissima eleggi locho di passo, in sito ferthile... Introduci l'abbondanza... Rendila francha di tutte gabelle... Avezza la tua metropoli all'arme". L'eresia va schiacciata, proibiti il teatro e il gioco, ostacolata l'introduzione di costumanze straniere. Quanto al principe, dev'essere" superior alle leggi come interprete e giudice", ma non - e qui il C. sì differenzia da Bodin (di cui, peraltro, risente concettualmente e lessicalmente e che addirittura ricalca a proposito dei "segni" della "soprema autorità") - "destruttor"; della legge sia, invece, il "protettor", il "primo ad osservarla". Avvertibili, peraltro, nello scritto - che, quando sì diffonde sui conflitti interni, ha più che altro presente la litigiosità d'un Medioevo cittadino e comunale scomparso da un pezzo, al punto da citare Pistoia lacerata dalle fazioni dei "Panciati e Cancellieri" - riccheggiamenti machiavelliani, sia di forma sia di contenuto: "erra chi crede di poter regger provincie e città e popoli senza severità"; "viola", se occorre, "pace, fede e iuramento"; "gli uomini si devono o vezzeggiare o spegnere"; "stima la via di mezzo perniciosa" ché, "altrimenti, il tuo dominio sarà breve". Dei segretario fiorentino risentono soprattutto taluni passi marcatamente dilemmatici: nel caso di conquista, "mantieni l'acquisto in uno di tre modi, 0 col ruinarlo, 0 con l'andarvi ad habitar... 0 con lasciarlo viver con le sue leggi". Pure di derivazione machiavelliana è l'esigenza della vivificante "reduzione" dello Stato all'autenticità delle origini, alla sua forza primigenia: "ritira", suggerisce il C., lo "stato verso il suo principio". Mente è più necessario alla "perpetuità della republica". Senza siffatto rinnovamento - quello del ritorno alle origini - gli Stati diventano "corpi infetti", si ammalano, "non durano". Curiosa compilazione, dunque, questa del C., ché mescola le caute riflessioni della Controriforma con le asserzioni più fmnche e brutali d'una politica sgombra da preoccupazioni morali. Singolare, altresì, che, nel primissimo '800, un progetto milanese d'una collezione d'autorì politici italiani affianchi il C. col suo Compendio ad Ansaldo Cebà, Ottavio Sammarco, lacopo Stellini, Giovanni Botero e Paolo Paruta; lo scritto comunque non sarà ristampato ché l'iniziativa - dopo aver pubblicato i primi tre - franerà a metà strada.
Dando notizia, all'inizio del '600, del C. quale autore d'un "trattato de arti militari assai curioso" e d'un "libro de' magistrati molto utile", l'Alberici aggiunge che quest'"huomo di bello ingegno e di molta prudenza" sta attendendo ad "altre cose di valore", che "in breve darà in luce". In realtà il C. non fornisce ulteriori scritti alle stampe e muore a Venezia, il 6 maggio 1610, dopo dieci giorni di "febra et petecchie", nella sua casa "a s. Patemian". Di lì a qualche anno, il 6 dic. 1616, morrà pure sua moglie.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, 52, c. 388v; 89, c. 59v, 159, alla data di morte (riportata pure in Provveditori alla Sanità, 840); Ibid., Dieci savi sopra le decime di Rialto, 157 bis/512; Ibid., Capidei Cons. dei Dieci. Lett. di rettori..., 57/142, 143; Ibid., Senato. Lett. rettori Verona e Veronese, filza 19, lett. del 28 genn. 1623, del provveditor di Peschiera Polo Vendramin con allegato l'"inventario" delle "scritture" e "libri" del defunto ing. Camillo Bergomi, ove figura anche il Corso del C.; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr. Mss. Gradenigo Dolfin, 81: M. Barbaro, Discendenze..., II, c. 285r; Ibid., Cod. Cicogna, 3233/SS. Apostoli; Ibid., 3781: G. Priuli, Pretiosi frutti..., I, c. 170 (specie per il padre del C.); Ibid., 3525: G. P. Gasperi, Bibl. ven., I, p. 293 (ove il C. è, però confuso con Gianpietro Contarini); Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. it., VII, 290 (8642): G. Degli Agostini, Scrittori ven., II, 1, p. 184; Ibid., ms. 2321 (7251): Mem. di scrittori ven., 38 della lettera P; Relazioni dei rettori..., a cura di A. Tagliaferri, XIII, Milano 1979, p. LVIII; G. Alberici, Catalogo de' scrittori ven., Bologna 1605, p. 77; F. Sansovino, Venetia..., a cura di L. Moretti, Venezia 1968, p. 635 e Primo catalogo, p. 4; Storici e Politici iveneti del Cinqcento e del Seicento, a cura di G. Benzoni-T. Zanato, Milano-Napoli 1982, pp. LXXI, LXXV; G. Naudè, Bibliogr. militaris..., Jena 1683, pp. 119, 138; Alphonsus Lasor a Varca [Raffaele Savonarola], Universus.. scriptorum calamo delineatus, II, Patavii 1713, p. 408; P. A. Zeno, Mem. de' scrittori ven...., Venezia 1744, p. 23; Bibl. Casanathemis... catalogus..., II, Romae 1768, p. 421; I. Morelli, La libreria... Maffeo Pinelli..., VI, Venezia 1787, p. 260; E. A. Cicogna, Delle Inscr. Ven., IV, Venezia 1834, p. 358; Id., Bibliogr. ven...., Venezia 1847, n. ms; M. Foscarini, Della lett. ven., Venezia 1854, p. 306 n. (ove il C. è, stranamente, confuso con Gianpietro); M. D'Ayala, Bibliogr. militare italiana, Torino 1854, p. 20; F. Cavalli, La scienza pol. in Italia, II, Venezia 1873, pp. 140 ss.; G. Cavazzuti, Studi sulla lett. pol.-mil..., Modena 1905, pp. 215 s.; Catalogue de la Bibl. Nationale, XXXI, Paris 1907, col. 828; G. Ferrari, Scrittori politici italiani..., Milano 1929, pp. 360 s., 607 s.; Autori italiani del '600, a cura di S. Piantanida - L. Motallevi - G. C. Livraghi, Milano 1949-51, n. 1425; T. Bozza, Scrittori politici italiani..., Roma 1949, p. 100; M. S. D. Cockle, A bibliography of military books..., London 1957, n. 590; R. De Mattei, La concezione monocr. negli scrittori pol. ital. del Seicento, in Studi in onore di G. Volpe, Firenze 1958, p. 348; Id., Sulla fortuna di Bodin in Italia..., in Studi in onore di A. Segni, II, Milano 1967, pp. 11 s.;Id., Dal premachiavellismo all'antimachiavellismo, Firenze 1969, pp. 253, 260; Id., Ilproblema della "ragion di Stato"..., Milano-Napoli 1979, pp. 112, 251; L. Moranti, Bibliografia urbinato, Firenze 1959, n. 4515; M. Costanzo, Il "gran theatro del mondo", Milano 1964, p. 74; Diz. enc. della lett. it., II, Bari 1966, p. 113; British Museum... Catalogue..., VI, New York 1967, p. 144; W. J. Bouwsma, Venice and the defense of republican liberty..., Berkeley-Los Angeles 1968, pp. 168 n. 22, 269 ss.; S. P. e P. H. Michel, Répertoire..., II, Paris 1968, p. 126; The Nat. Un. Catalogue.... CXX, London-Chicago 1970, p. 582; B. Pullan, Rich and poor in Renaissance Venice.... Oxford 1971, p. 544; M. Fassina, Il maisnelle campagne venete..., tesi di laurea, Università di Venezia, facoltà di lettere e filosofia, acc. 1978-79, pp. 9, 33 n. 8; Id., L'introduzione... del mais..., in Società e storia, XV (1982), p. 36; A. Fontana, La verità delle maschere, in Venezia e lo spazio sconico, Venezia 1979, p. 23; Storia della cultura veneta, III, 2, Vicenza 1980, p. 281; E. O. Haitsma Mulier, The myth of Venice..., Assen 1980, p. 28; M. Berengo, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, Torino 1980, p. 24; G. Mazzatinti, Inventari dei mss. delle Bibliot. d'Italia, XXXIII, p. 204.