CAPPELLO, Piergiovanni
Nacque a Venezia il 21 maggio 1681 da Andrea e da Paolina Bonfadini. Non molto attiva né particolarmente brillante fu la sua carriera politica, che non gli consentì mai di raggiungere posizioni di rilievo nel governo della Repubblica; solo il 17 marzo 1736 fu eletto, unica volta nella sua vita, savio agli Ordini e anche in seguito ricoprì quasi esclusivamente magistrature minori, come i Sette provveditori alla giustizia nova (eletto il 12 giugno 1744), l'inquisitor alle Pompe (8 maggio 1749), i Sette del collegio alle pompe (7 maggio 1751). I suoi interessi culturali e il corrispondente impegno pubblico si indirizzarono sin dalla giovinezza al campo economico; non sorprende così di trovarlo spesso preposto a cariche finanziarie: era stato tra i cinque savi alla Mercanzia (3 dic. 1733 e 26 febbr. 1738), i due deputati al Commercio (12 ag. 1741), i due aggiunti alla deputation al Commercio (29 maggio 1751), ovunque attivo promotore di iniziative. Particolarmente assidua la sua presenza in uffici monetari: il 13 dic. 1733 era stato eletto tra i tre deputati straordinari alla materia delle monete, una magistratura istituita, senza dubbio anche per suo stimolo, con una parte del 10 genn. 1727; tre anni dopo, il 23 febbr. 1736, fu uno dei tre revisori e regolatori delle Entrate pubbliche in zecca, importante organo finanziario che controllava la riscossione dei dazi della parte di terra e infine, il 14 ag. 1748, tra i tre deputati alla provvigione del Danaro pubblico. Tanta passione per il buon funzionamento degli organi finanziari dello Stato si accompagnava nel C. ad una intensa attività di studio sul problema delle monete che tanto fervore di dibattiti stava suscitando tra i dotti e gli uomini di governo italiani della metà del '700. Sin dal 10 ott. 1730 il C.aveva raccolto in un manoscritto rimasto inedito (Regolazione delle monete venete, conservato presso la Biblioteca civica di Bassano del Grappa, ms. 35-C-14), alcune osservazioni sui disordini monetari della Repubblica di Venezia in cui tra la "valuta" legale e quella di piazza esisteva una differenza del 21%. Tra il 1727 e il 1731 il C.stese anche la sua opera più famosa, il Nuovo trattato del modo di regolare la moneta, che però uscì alle stampe a Venezia solamente nell'anno 1752.
In quest'opera, frutto di lunghe e appassionate ricerche, il C. tratta dell'istituzione della moneta, dei vari abusi valutari, come la tosatura e le altre alterazioni già in uso ai tempi dell'Impero romano, dei gravi pregiudizi che arreca al regolare sviluppo del commercio lo "sconcerto" monetario, della materia, valuta, prezzo, mutazioni delle monete. Passa poi ad analizzare la situazione di Venezia, caratterizzata da monete "alzate dal suo legale valore", prende posizione per il mantenimento dello zecchino quale unica moneta aurea dello Stato, sostenendo che in questo modo la fabbricazione ne sarà più lucrosa e il valore più stabile, e si diffonde infine a illustrare le proporzioni tra l'oro e l'argento. Di fronte al problema dell'alterazione della valuta il C. è convinto che, una volta stabilite a Venezia due sole monete, l'unico sistema efficace sia quello di fissare come prezzo dei contratti non la "valuta" ma la "realità delle monete". Il trattato è completato da 14 grandi tavole delle monete in Venezia e in varie piazze italiane e straniere, ognuna delle quali contiene accurate tabelle con l'indicazione dei cambi; segue infine un modello di "valuta ragguagliata con le proporzioni dell'oro e dell'argento". Benché basato prevalentemente sulla realtà monetaria di Venezia, il libro del patrizio veneto fu conosciuto e lodato da vari esperti italiani; del resto già da tempo egli era in contatto con importanti esponenti della cultura economica italiana del '700 ed è significativo che quando il Galiani giunse nella capitale veneta non abbia mancato di fare la sua conoscenza.
Del C. è rimasto anche un manoscritto dal titolo Principii ovvero massime regolatrici di commercio raccolte da documenti degl'autori antichi e moderni fondate su la pratica de popoli e nazioni più studiose di commerzio, conservato presso la Biblioteca civica di Bassano del Grappa (Ms. 35-C-4 [1-2]); un'altra copia dal titolo leggermente diverso è presso il Civico Museo Correr di Venezia (ms. P.D. 561 c.). Frutto di diverse successive redazioni, è un ampio trattato sull'origine, sviluppo e metodi di conservazione ed ampliamento del commercio.
Ricco delle più disparate citazioni tratte dalla Bibbia, da Pufendorf, da accordi commerciali e da vari autori stranieri, tratta in modo ordinato e organico di numerose istituzioni connesse al commercio (dazi, porti franchi, fondaci, mercati, privilegi ecc.), sempre ricorrendo all'esempio della legislazione della Repubblica veneta di cui elogia i savi ordinamenti. Il lavoro ha una netta impronta mercantilistica e tocca accenti di particolare calore quando il C. difende la politica protezionistica di Venezia di cui giustifica il divieto di trapiantare le manifatture non solo in terre straniere ma anche negli Stati sudditi.
Il C. morì a Venezia nel 1754.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Segretario alle voci,Elezioni del Senato, reg. 22, 23; Ibid., Deputati ed aggiunti alla provvision del danaro pubblico,Scritture,1750, regg. 104, 106; Ibid., M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, II, p. 271; Bilanci generali della Repubblica di Venezia, a cura di F. Besta, II, Venezia 1903, pp. 520, 522, 542; M. Petrocchi, Il tramonto della Repubblica di Venezia e l'assolutismo illuminato, Venezia 1950, p. 95; F. Venturi, Settecento riformatore. Da Muratori a Beccaria, Torino 1969, pp. 456, 505, 515, 517.