ORSINI, Piergiampaolo
ORSINI, Piergiampaolo. – Nacque probabilmente negli ultimi anni del XIV secolo, primogenito dei cinque figli di Ugolino di Napoleone, conte di Manoppello nonché prode e temuto capitano d’armi.
Giovanissimo si unì in matrimonio con Cobella di Gesualdo, signora di Castello di Bisaccia. Introdotto al mestiere delle armi quale allievo di Braccio di Montone, dal 1423 combatté agli ordini di questo, al servizio di Alfonso V d’Aragona nella cruenta lotta contro Luigi III d’Angiò per il trono di Napoli. Tra giugno e ottobre del medesimo anno, lasciò Napoli in compagnia di Niccolò Piccinino per contribuire all’assedio dell’Aquila. Ebbe parte attiva nella battaglia (giugno 1424), dove condivise con il fratello Orso e il conte di Popoli il comando della prima schiera. Assegnato da Montone alla difesa della via della Torre e di Bazzano, riuscì a respingere gli attacchi guidati da Ludovico Colonna e a rigettare gli avversari al di là del fiume Aterno. Quando 5000 aquilani ebbero la meglio sulle forze capitanate da Piccinino, riversandosi nella pianura, si diede alla fuga, dirigendosi alla volta di Assergi.
Nel 1424, grazie alla mediazione di Giacomo Orsini, passò ai fiorentini, con una condotta di 200 lance e 100 fanti ma, a causa delle rivalità con Antonuccio dell’Aquila (ottobre 1424) per il predominio sul feudo di Manoppello, ritardò i suoi servigi alla Repubblica di Firenze, mentre Orso Orsini stipulò a suo nome, con decorrenza il gennaio successivo, una condotta con i veneziani, per la ferma di un anno e un pari periodo di rispetto, con uno stipendio composto da 12 ducati per lancia inerenti le sedi operative di Vicenza, Padova e Treviso, da 10 ducati per il Friuli e da 13 per Verona. La Serenissima predispose inoltre il trasporto delle sue truppe da Ravenna a Padova. Nel 1427, al comando di 196 lance, prese parte alle ostilità fra veneziani e viscontei. In maggio, presso Gottolengo, tese con successo un’imboscata ai danni di Petrino da Tortona e di Alberico da Barbiano, ma in seguito venne egli stesso colto di sorpresa, con le truppe in disordine, da Piccinino, Angelo della Pergola e Francesco Sforza, che lo misero in seria difficoltà. Oppose comunque valorosa resistenza, contrastando la pressione viscontea, fino all'intervento di Gian Francesco Gonzaga, che riequilibrò le sorti del combattimento. Nell’ottobre 1427 partecipò alla battaglia di Maclodio, in compagnia di Luigi San Severino, distinguendosi per coraggio e valore. Così nel 1431 avversò anche gli ungari dell’imperatore Sigismondo, che avevano invaso i territori sottoposti alla sua difesa e li sconfisse nei pressi di Rosazzo. Di lì a poco, però, entrò in conflitto con Carmagnola, riguardo alla strategia di guerra adoperata nelle ostilità con i ducali.
Tra ottobre e novembre 1432, dopo aver edificato un ponte sul fiume Adda presso la località Bivio, spintosi fin nel cuore dei territori ducali, affrontò,a più riprese Piccinino. Per i suoi meriti ricevette una provvigione annua di 500 ducati nonché una condotta di 1000 cavalli per sei mesi di ferma e sei di rispetto. Nel 1434, allorché era al comando dell’avanguardia a fianco di Astorgio II Manfredi, che si era ribellato al duca di Milano, subì una pesante sconfitta e fu fatto prigioniero da Piccinino presso Castel Bolognese. Una volta tradotto a Milano, rimase agli arresti per poco tempo, decidendo di passare al servizio visconteo. Già nell'agosto 1436, tuttavia, entrò agli stipendi di papa Eugenio IV, che lo inviò in Romagna contro Francesco Sforza. Dopo aver occupato i territori di Lugo, ai danni dei conti di Cunio, combattè al fianco dei Manfredi, opponendosi vanamente alle milizie sforzesche, che avevano imprigionato il governatore pontificio Baldassarre da Offida. Sconfitto, riparò all’interno del castello di Budrio, messo sotto assedio dagli avversari, ma fu presto costretto a capitolare dagli abitanti e venne quindi catturato insieme a tutti i suoi uomini. Fu poi liberato da Sforza, senza la pretesa di alcun riscatto. Nel marzo 1437 compì una spedizione punitiva nei confronti degli abitanti di Budrio, introducendosi nel castello grazie a uno stratagemma, occupandolo e dandosi a violenze e rapine. Tra maggio e settembre estese le sue scorrerie alle località di Faenza e Castel Bolognese, irrompendo anche nel Forlivese e nel Ravennate e spingendosi fino a Cotignola, ai danni dei possedimenti estensi. Nell’estate del 1438 attraversò il Riminese, puntando verso l’Umbria e la Marca d’Ancona, per ricongiungersi a Piccinino e coadiuvarlo nelle ostilità contro Città di Castello. A seguito dell’assedio di Pergola a fianco di Sigismondo Pandolfo Malatesta (aprile 1439), stazionò in Romagna, dove Francesco Sforza lo investì della signoria di Forlimpopoli (maggio 1439). Durante la stagione estiva, stipulò una fragile tregua con i Manfredi, gli Ordelaffi e i da Polenta, ma subito ripresero le ostilità e le schermaglie, che lo videro contrapporsi, nei pressi di Forlì, anche a Federico da Montefeltro.
Quando, nel marzo 1440, Piccinino, messo visconteo, dopo aver invaso la Romagna, convinse Malatesta Novello e Sigismondo Pandolfo Malatesta ad allearsi con i ducali, Orsini, già agli stipendi dei fiorentini (1439), simulò la defezione in favore di Milano, al fine di tutelare i propri possedimenti. Il mese successivo, muovendo da Forlimpopoli, invece di raggiungere le truppe viscontee, attestate presso il Mugello, imboccò la strada di Galeata per raggiungere Firenze, dove si impegnò nella difesa della città. Nominato capitano generale (1440), si pose alla custodia di Anghiari in compagnia di Micheletto Attendolo, Simoncino d’Anghiari, Pietro da Bevagna e del cardinale legato Ludovico Scarampo. Nel giugno 1440, dopo che, sfondate le difese predisposte da Attendolo, l'attacco di Piccinino aveva permesso ai viscontei di superare il ponte di Anghiari e di giungere quindi al borgo, l’intervento di Orsini ribaltò le sorti dello scontro, rigettando i nemici al di là del ponte. Dopo essersi accampato a Sansepolcro, costringendo Piccinino alla fuga verso Pistoia, e aver costretto Francesco di Poppi, alleato dei viscontei, a far confluire i suoi territori nell’alveo dei possedimenti fiorentini, Orsini rientrò in Romagna, per contrastare nel Forlivese ancora una volta Piccinino.
Nel marzo 1442, fu nominato collegato da Francesco Sforza, nel contesto della guerra divampata con gli aragonesi e, di lì a breve, raggiunse Tolentino, che si era ribellata agli sforzeschi. Nel corso delle conseguenti scorrerie, si portò nel Todino, catturando uomini e depredando bestiame. Successivamente (novembre 1442) condusse un attacco ai danni di Assisi e, prendendo alla sprovvista le sparute difese disposte da Alessandro Sforza, irruppe nel convento francescano, catturando tutti i rifugiati e appropriandosi dei beni lì nascosti. Inoltre si mosse alla volta di Rimini (1443), con Angelo d’Anghiari e alla testa di 1500 uomini, per spingersi fino alla Marca allo scopo di sostenere Francesco Sforza nel conflitto con pontifici e aragonesi.
La morte lo colse nell’agosto del 1443, a Monte San Savino (o ad Arezzo). Le sue spoglie vennero tradotte a Firenze e sepolte, con tutti gli onori, all’interno della chiesa di S. Maria Novella.
Fonti e Bibl.: Cronaca di ser Guerriero da Gubbio, a cura di G. Mazzatinti, in Rer. Ital. Script., II ed., XXI, 4, Città di Castello 1902, pp. 45, 51, 57; Annales Forolivienses ab origine urbis usque ad annum MCCCCLXXIII, a cura di G. Mazzatinti, ibid., XXII, 2, Città di Castello 1903-09, pp. 90, 91, 93 s.; Matthei Palmerii Liber de temporibus, a cura di G. Scaramella, ibid., XXVI, 3, Città di Castello 1915, pp. 146, 148; Cronache malatestiane dei secoli XIV e XV, a cura di A.F. Massèra, ibid., XV, 2, Bologna 1922-24, pp. 65, 70, 74, 79, 83, 89, 92 s.; P. Paltroni, Commentari della vita et gesti dell’illustrissimo Federico Duca d’Urbino, a cura di W. Tommasoli, Urbino 1966, pp. 50, 55; G. Broglio Tartaglia, Cronaca malatestiana del secolo XV, a cura di A.G. Luciani, Rimini 1982, pp. 36, 47, 50, 54, 58, 71, 73, 87, 89, 122; Niccolò II Masini, Vita di Domenico Malatesta, a cura di M.A. Pistocchi, Cesena 2008, pp. 252 s.; F. Sansovino, De gli huomini illustri di Casa Orsina, in Venetia appresso Bernardino et Filippo Stagnini 1565, p. 23; D. Boninsegni, Storie della città di Firenze, Firenze 1637, p. 78; G. Cambi, Istorie, in Delizie degli eruditi toscani, XX (1785), pp. 241 s.; P. Litta, Orsini, in Famiglie celebri d’Italia, tav. VI, Milano 1846; L. Tonini, Storia di Rimini, V/1, Rimini 1880, pp. 101, 116, 119; B. Colonna, Gli Orsini, Milano-Varese 1955, p. 112.