Letterato e storico (Firenze 1495 - ivi 1555), figlio di Bernardo. Canonico di S. Lorenzo a Firenze (1515) e primo custode della Laurenziana; tra i primi ascritti all'accademia degli Umidi (1540), ebbe una parte di primo piano nella trasformazione di questa in Accademia fiorentina (1541) e nelle successive riforme (1547). Si occupò di Dante (De 'l sito, forma e misure dello Inferno di Dante, 1544; Lezzioni, 1551; commento alla Divina Commedia, non compiuto e lasciato inedito), e scrisse una grammatica della lingua "fiorentina" (De la lingua che si parla e scrive in Firenze, 1552), che nel Gello (1546) aveva sostenuto derivare dall'etrusca, e questa dall'ebraica e dall'aramaica. Ma è noto soprattutto per l'incompiuta Istoria dell'Europa (post., 1566), che va dall'887 al 947, primo esempio di storia generale in italiano, ma il cui valore è soprattutto oratorio e linguistico: fonte principale ne è l'Antapodosis di Liutprando. In tutti i suoi scritti e nella sua operosità accademica G. si dimostrò uno dei più intransigenti propugnatori della lingua volgare, sia che ne promuovesse l'uso nelle trattazioni scientifiche e storiche o che diffondesse il culto dei capolavori letterarî in essa scritti, sia che ne rivendicasse l'indipendenza dal latino nelle regole grammaticali e nella stessa origine storica; l'ortografia di cui ci serviamo oggi, vicina alla pronunzia molto più che all'etimologia latina, è quella di cui proprio G. si fece iniziatore, in mezzo a vivaci polemiche, poco avanti la metà del sec. 16º.