CELEGA (Ceilega, Zellega), Pier Paolo
Figlio del "murarius" Iacopo (Iacobello), del quale si sa solo che nel 1361 impostò la fabbrica del campanile della chiesa veneziana di S. Maria Gloriosa dei Frari, scavandone le fondamenta e portandone la costruzione al livello del suolo, giusta l'iscrizione murata ai piedi della torre, il C. fu sovente ed erroneamente confuso dalla storiografia ottocentesca con Pier Paolo Dalle Masegne, così come con Iacobello Dalle Masegne fu confuso il padre (Selvatico, 1847; Mothes, 1859), morto prima del 30 marzo 1386, allorché troviamo rammentato "Petrus Paulus ... olim ser Iacobellus". Spetta al Paoletti (1893) il merito d'aver riconosciuto nel C. una personalità distinta e di qualche notevole riguardo, visto che il primo documento riguardante "magistrum Petrum Paolum maratorem de Venetiis" consiste in una supplica del 27 marzo 1366, indirizzata dal Consiglio civico di Udine al doge di Venezia Marco Corner, affinché consentisse la trasferta del C., con un "socio" che sappiamo esser stato Federico da Varmo, in quella città "de hedifficando ecclesiam maiorem de Utino" (Maniago, 1839, p. 75). Una diversa carta archivistica, resa nota dal Paoletti (1893, p. 5), sembra agganciare solo al 1368 l'impegno udinese del C. (quando, però, non costituisca una replica della supplica di due anni innanzi, rimasta inevasa): attesta che il maestro era allora "comorante in Venetiis ad ripam Zenni", e, dopo aver indicato genericamente il compito destinatogli in Udine "ad videndum et consulendum de edificando" la cattedrale, ne precisa e puntualizza il ruolo nell'impegno di "laborare, edificare et construere totam croxeriam ipsius ecclesie integram, completam et copertam". Di fatto risulta che, nel 1370, già si voltava il coro (Paoletti, ibid.), mentre non disponiamo di informazioni esplicite intorno alla presenza del C. nel prosieguo dei lavori, in particolare per la sacrestia (1371) e per le cappelle (1383); sembra però di poterlo ritrovare per certo nel cantiere nuovamente nel 1398. La radicale revisione subita nel corso del sec. XVIII dall'interno della cattedrale udinese non ci permette di giudicare la qualità dell'intervento del C., che dovette essere comunque di scala larga.
In occasione di un compromesso con un "Menego Gruato taiapietra", il 4 febbr. 1378 il C. è ricordato con la qualifica di "marangonem" ed abitante "in confinio sancti Iacobi de Luprio". Il 23 dic. 1381 appare in rapporto con Marco Cornaro, presso il quale e nel ruolo professionale di "murarius" figura ancora il 20 genn. 1390. Si tratta di una relazione, quella del C. con Marco Cornaro, cui appartiene, verosimilmente, la commissione di lavori da condursi nelle case degli eredi del quondam Nicolò Cornaro, presso i quali troviamo qualche nota di pagamento intestata a "maistro Piero Zellega". Giustamente l'opera del C. è stata riconosciuta nel palazzetto esistente in campo S. Margherita (al numero civico 2931), il cui prospetto, nobilitato da un elegante portale e da una raffinata polifora archiacuta, rivela la matura e piena partecipazione, da parte del suo autore, degli orientamenti del gusto "fiorito" di Venezia gotica. Nel 1396, il C. concludeva la costruzione del campanile dei Frari avviato dal padre (come risulta ancora una volta dall'epigrafe posta ai piedi della torre): impresa indubbiamente ardita (la torre è forse la più alta pervenutaci in Venezia dopo quella di S. Marco) e tale da obbligarci ad accreditare al C. inconsuete doti di perizia ingegneristica (la "firma" murata a piè dell'opera è, del resto, eccezionale atto d'omaggio all'architetto), ma anche, nelle misurate e però fini cadenze ornamentali che alleggeriscono la mole grandiosa tipologicamente riferibile alla tradizione locale dugentesca dalla quale derivano gli stessi archi a pieno sesto della cella campanaria, il merito di un exploit stilistico impressionante. Ed è lecito, allora, porre il quesito, alla cui soddisfacente risposta però fan difetto purtroppo i documenti, se il C. abbia autorevolmente partecipato alla campagna costruttiva, tra Tre e Quattrocento, della stessa chiesa dei Frari, laddove resta dubbio quale possa esser stato il contributo del maestro alla fabbrica dell'Ospedale dei Crociferi dove, secondo il Paoletti (in Thieme-Becker), sarebbe intervenuto tra 1370 e 1372.
Il C. morì nel 1417: il 12 maggio fu sepolto nella Scuola grande di S. Giovanni Evangelista di cui era confratello.
Fonti e Bibl.: F. Di Maniago, Guida di Udine e Cividale, San Vito 1839, p. 75; P. Selvatico, Sulla archit. e sulla scultura in Venezia, Venezia 1847, pp. 119-123; O. Mothes, Geschichte der Baukunst und Bildhauerei Venedigs, I, Leipzig 1859, pp. 245 s.; G. Del Puppo, I monumenti cittadini, in Illustraz. di Udine, Udine 1886, p. 206; P. Paoletti, L'archit. e la scultura del Rinascimento in Venezia, Venezia 1893, p. 5; P. Toesca, Il Trecento, Torino 1951, pp. 105 n. 91, 106n. 92; G. Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Roma 1956, pp. 556, 575, 866; P. A. M. Caccin, La basilica di S. Maria Gloriosa dei Frari in Venezia, Venezia 1964, pp. 23 s.; J. White, Art and architecture in Italy 1250 to 1400. Harmondsworth 1966, p. 193; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 264.