PETRUCCI, Pier Matteo
PETRUCCI, Pier Matteo. – Nacque a Jesi il 20 maggio 1636 da Giambattista Petrucci, d’antica nobiltà senese, e da Aurelia Stella.
Dopo la morte del padre intraprese studi di diritto, conseguendo a sedici anni la laurea in utroque iure nell’Università di Macerata; rientrato a Jesi, ottenne la nomina a pubblico lettore di giurisprudenza. Alderano Cybo, vescovo di Jesi dal 1656 al 1671, lo nominò suo segretario, lo ammise alla frequenza della sua biblioteca e lo indirizzò allo studio della teologia.
Divenuto frequentatore dell’oratorio di S. Filippo Neri, introdotto in Jesi nel 1646, dove si accostò anche alle esperienze musicali tipiche della Congregazione, Petrucci compì rapidamente il cammino verso il sacerdozio: ricevuto l’abito filippino il 2 febbraio 1661, il giorno successivo prese anche gli ordini minori, e celebrò la prima messa a Loreto il 14 marzo; l’8 aprile 1678 fu eletto preposito della Casa oratoriana di Jesi. Iniziò intensi studi, rivolti alle lingue (greco, francese e spagnolo) e allo studio metodico della Scrittura, della patristica e della scolastica, nonché dei libri di spiritualità (soprattutto carmelitana) con i quali già le prime Costituzioni dell’Oratorio (1583) prescrivevano la dimestichezza, «quique ad compunctionem excitandam idonei sint» (Cistellini, 1989, p. 317). Prima del 1678 soggiornò presso gli oratoriani della Fava di Venezia (S. Maria della Consolazione), viaggio al quale si possono ricondurre la prima diffusione della sua spiritualità – se ne trovano tracce cospicue a Brescia, dove fu contattato dai Pelagini e dove le sue poesie circolavano nei monasteri femminili, come attestano le opere di Maria Maddalena Martinengo (cfr. Rosa, 2004; Selmi, 2010); a Padova, dove Gregorio Barbarigo, che pure aveva intensi rapporti con l’Oratorio, esortò alla sorveglianza sulla diffusione di tale spiritualità, allorché fu accusata di quietismo; e nella stessa Venezia, attraverso le opere del prete Michele Cicogna – e l’inizio dell’ampia circolazione dei suoi oratori, a Venezia, Verona, Ferrara, Bologna, Modena, Crema e Napoli (dove tre delle quattro partiture conservate presso i Filippini sono datate 1681, data dell’elezione a vescovo di Jesi); nonché, probabilmente, il primo contatto con l’editore veneziano Hertz (cfr. Barbierato, 2005), che dal 1678 ristampò tutte le opere di Petrucci edite a Macerata o a Jesi presso Claudio Perciminei, divenuto nel 1675 stampatore vescovile, e in alcuni casi ne procurò la prima edizione, garantendone una diffusione a livello nazionale.
Degli otto oratori di Petrucci, almeno tre furono messi in musica e rappresentati prima a stampa, nella terza parte delle sue Poesie (1675): sono Il giudizio universale, rappresentato presso i Filippini di Jesi nel 1664; L’uomo moribondo e Il cuor umano a l’incanto (o La vendita del cuore umano, nella partitura di Giovanni Legrenzi), rappresentati presso i Filippini veneziani di S. Maria della Fava a più riprese, tra il 1672 e il 1674 (cfr. Morelli e Steffan, in Mistica e poesia, 2006); anche Giuseppe Pacieri, maestro di cappella a Loreto, ne aveva musicati alcuni (cfr. M. Salvarani, Pacieri, Giuseppe, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXX, Roma 2014, www.treccani.it). La cronologia di stampa e ampliamento successivo delle poesie di Petrucci (a correzione dell’elenco in Zovatto, 1984) è la seguente: Poesie sacre di Teofilo Filareto (pseudonimo di Petrucci), Macerata 1674 (cfr. Stroppa, in Mistica e poesia, 2006); Poesie sacre e spirituali, in due parti, Macerata 1675; in tre parti, Macerata-Jesi 1675; Parte quarta delle poesie, Jesi 1680; e Poesie sacre e spirituali, aggiunta la Quarta parte, Venezia, Hertz, 1680 (con correzioni testuali rispetto all’edizione di Jesi); Poesie sacre, morali e spirituali, divise in otto parti (secondo i generi metrici), Jesi 1685, Venezia 1686, Milano 1687; Poesie sacre, morali e spirituali, postuma, Jesi 1717. Molte delle opere di Michele Cicogna (a loro volta messe all’Indice a più riprese, tra il 1683 e il 1711) contengono poesie di Petrucci, a volte con frontespizio interno proprio.
Petrucci si dedicò a un’intensa attività di apostolato, divenendo predicatore rinomato e distinguendosi per l’attività di direttore spirituale di religiose, alle quali indirizzò la maggior parte delle sue lettere. Direttore di spirito delle carmelitane di Fano, nel 1671 Petrucci collaborò con il vescovo Cybo alla fondazione di un Carmelo femminile a Montecarotto, presso Jesi, e nel 1684 trasformò un gruppo di terziarie francescane in monache carmelitane dell’osservanza, collocandole nel Monastero della Ss. Trinità da lui fatto appositamente erigere.
La prima opera a stampa di Petrucci riflette la sua attività di direttore spirituale, e l’inclinazione verso una spiritualità del denudamento e dell’introversione. La Vergine Assunta (Macerata 1673; ed. a cura di S. Stroppa, Bologna 2001) è dedicata alle carmelitane scalze di S. Teresa in Fano, e reca in appendice il commento a una sezione delle Institutiones dello Pseudo-Tauler, comprese nell’edizione cinquecentesca delle opere di Tauler nella versione di Lorenzo Surio. Per la recita di un’altra novena, quella natalizia, su istanza delle suore clarisse di S. Chiara a Jesi Petrucci scrisse un trattatello che nella prima edizione (Meditationi et Esercitii di varie virtù per Preparatione al sacro Natale di Giesù N.S. nella sua Novena, Macerata 1674) era accompagnato da un Trattato dell’annichilazione virtuosa. Su sua indicazione fu allestita da Annibale Pellizzoni, suo segretario, una raccolta di documenti ed esempi sugli esercizi spirituali (Instruttioni, meditationi, esamine, e documenti per fare i dieci giorni degli Esercitii Spirituali, Jesi 1683; sulla diffusione della Contemplazione mistica acquistata a Brescia per opera di Pellizzoni, cfr. Signorotto, 1989).
La formazione e il pensiero di Petrucci si rivelano nei due volumi di Lettere spirituali, scritte e inviate tra il 1673 e il 1675 (Lettere e Trattati spirituali e mistici, Jesi 1676-78, che nel primo volume contengono un importante Trattato delle Potenze interiori e passioni dell’uomo; poi Venezia 1678 e ss.); seguirono le Lettere brevi, scritte tra il 1675 e il 1681 e raccolte di nuovo in due volumi tra il 1682 e il 1684. Da ricordare sono anche I mistici enigmi disvelati, Jesi 1680 e Venezia 1682 (con testo rivisto) e 1685 (ed. a cura di C. Cavicchioli - S. Stroppa, Firenze 2009); Il Nulla delle creature e ’l Tutto di Dio, Jesi 1682, Venezia 1683 e Bologna 1683.
Nel 1680, alla morte del fratello Lorenzo divenuto vescovo dopo la sua rinunzia, Alderano Cybo propose a Innocenzo XI che fosse Petrucci a ricoprire la carica. Il 20 aprile 1681 venne consacrato nella chiesa della Vallicella a Roma, sede-madre della Congregazione dell’Oratorio (sua «matrice e norma»; cfr. Cistellini, 1989, pp. 2084-2086), facendo poi il suo ingresso in diocesi il 20 maggio successivo. Aprì due visite pastorali (giugno 1681 e giugno 1694) e due Sinodi diocesani (1683 e 1695), e fu visitatore apostolico nella diocesi di San Severino (1694).
Nel frattempo, la sua vita si trovò a intrecciarsi con l’apertura del processo a Miguel de Molinos per quietismo (arrestato nel 1685, fu condannato nel 1687) e l’inizio di un’ondata di sospetti. Spinto da Cybo e dalla sua alta considerazione per Petrucci, Innocenzo XI lo aveva creato cardinale nel concistoro del 2 settembre 1686 anche come misura di protezione. Nel 1681 Petrucci aveva infatti difeso le teorie spirituali di Molinos, unitamente a quelle di François Malaval, con l’opera La contemplazione mistica acquistata (Jesi 1681 e Venezia 1682, con dedica ad Alderano Cybo), in risposta agli attacchi portati dal gesuita Paolo Segneri con la Concordia tra la fatica e la quiete nell’orazione (Firenze 1680), che si aggiungevano a quelli contenuti nel Pregio e l’ordine dell’orazioni ordinarie e mistiche di Gottardo Belluomo (Modena 1678); la denuncia al S. Uffizio e la conseguente messa all’Indice di queste due opere, l’elevazione di Petrucci all’episcopato di Jesi (1681) e l’appoggio di cardinali come Cybo e Decio Azzolino (o di personaggi come Agostino Ripa, vescovo di Vercelli e già governatore di Jesi, poi accusato anch’egli di quietismo), non riuscirono a estinguere le accuse, che si erano concretizzate nella dura Scrittura rivolta al pontefice dal cardinale Francesco Albizzi (1682; cfr. Petrocchi, 1948, pp. 147-157), già intransigente oppositore del giansenismo, cui fece seguito il Ristretto della dottrina de’ moderni Quietisti, con una Censura della medesima di Francesco Buonavalle, Venezia 1687 (ma antedatato al 1685, per rispetto alla porpora). Spinto da Pietro Ottoboni come «sfida» a papa Odescalchi (cfr. G. Signorotto, Lo squadrone volante, in La corte di Roma tra Cinque e Seicento. ‘Teatro’ della politica europea, Roma 1998, p. 136), il 7 maggio 1687 si aprì il processo a Petrucci; esso si svolse in tre fasi, prima con l’intervento dei cardinali dell’Inquisizione, poi con una Commissione particolare di nomina papale; dalle sue opere vennero infine estratte 54 proposizioni incriminate, tradotte in latino, che Petrucci dovette ritrattare. L’abiura si svolse il 17 dicembre 1687 in forma privata, negli appartamenti del cardinal Cybo: segno della considerazione di cui era oggetto Petrucci e della riconosciuta sua buona fede, che gli evitarono un processo pubblico simile a quello subito da Molinos, il 7 settembre dello stesso anno. Un decreto del S. Uffizio del 5 febbraio 1688 mise all’Indice tutte le sue opere a stampa, tranne le poesie.
Alla morte di Innocenzo XI, nel 1689, fu eletto papa con il nome di Alessandro VIII proprio Pietro Ottoboni, irremovibile oppositore dei quietisti, che riprese le ostilità contro Petrucci. Il vescovo dovette rinunciare al governo della sua diocesi, sostituito da un Vicario apostolico, e ritirarsi a Roma; gli fu concesso di rientrare a Jesi nel 1694, ma nemmeno un anno dopo fu invitato a rientrare a Roma; nel 1696 rinunciò ufficialmente all’episcopato. Solo con la morte di Ottoboni e l’elezione al soglio pontificio di Antonio Pignatelli, con il nome di Innocenzo XII, la sua figura fu riabilitata e il «perpetuo silenzio» fu imposto alla vicenda inquisitoriale. Rimase vivo tuttavia il sospetto circa la sua dottrina, come mostrano l’esame e correzione della traccia profonda della spiritualità di Petrucci leggibile nell’opera di sant’Alfonso de’ Liguori.
Il 5 luglio 1701, recatosi a Montefalco per la festa di s. Chiara, Petrucci morì di un’insufficienza renale acuta.
Fonti e Bibl.: Jesi, Archivio della Biblioteca diocesana Pier Matteo Petrucci: G. Gasparini, Origine e principio della Congregazione dell’Oratorio di Jesi (entro il 1670); F. Monacelli, Vita dell’em.mo sig.re cardinale Pietro Matteo Petrucci (inizio XVIII sec.); Roma, Biblioteca Vallicelliana, Mss., P.178: De quietismo (fine XVII sec.-inizio XVIII sec.); Jesi, Archivio comunale, Archivio Azzolino, b. 371 (anni Ottanta del XVII sec.); Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 12021 (processo, fine XVII sec.); altre fonti in P. Zovatto, P. (Pierre-Matthieu), in Dictionnaire de spiritualité, XII, 1, Paris, 1984, coll. 1217-1227.
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