PENNACCHI, Pier Maria
Pittore, nato a Treviso nel 1464 morto tra il luglio 1514 e il marzo 1515. Quest'ultima data della morte, accertata con documenti, corregge l'errore del Ridolfi, il quale, seguito dallo Zanetti, poneva la morte del pittore nel 1528. Nella sua prima opera, una tavoletta rappresentante Cristo sorretto dagli angeli sull'orlo del sepolcro marmoreo, firmata Petrus Maria Tarvisio (Berlino, Deutsches Museum), il P. manifesta la sua adesione ai modi di Gerolamo da Treviso il Vecchio, di soli nove anni più anziano di lui e, come lui, nella scia di Antonello da Messina, in quella ricerca, caratteristica di alquanti Veneti provinciali, di una solidità formale ottenuta per via di una chiara e semplice definizione di piani. Semplicismo e quasi durezza, talora, di forma, che però si vengono via via addolcendo, mentre prende il sopravvento il principio tonale, già insito nella pittura del Messinese e meravigliosamente inteso in quella di Giovanni Bellini. Nello stesso museo v'è un'altra opera, di poco posteriore alla suddetta, e pur essa prossima a Gerolamo, che forse fu parente di Pier Maria: una Madonna in trono, circondata da Santi, con la firma del pittore. Nella Sacra Famiglia del Museo di Bassano, pure firmata, il sentore antonellesco è ancor vivo: ma esso si attenua per un interesse, non molto comprensivo invero, per Giorgione, nella Morte di Maria dell'Accademia di Venezia (firmata). Queste le opere accertate. Ma intorno ad esse vennero col tempo affastellandosi numerose attribuzioni, spesso non molto attendibili anche se degnissime, come le portelle d'organo oggi alle Gallerie di Venezia, capolavoro di Giambellino. Fra tutte possiamo solo accettare le pitture nella vòlta della chiesa dei Miracoli a Venezia, concordemente indicata dalle testimonianze storiche. È l'opera ultima e più alta del pittore: ma poiché fu finita nel 1528 (Ridolfi), cioè più di un decennio dopo la morte di Pier Maria, si può pensare che sia stata terminata dal genero e seguace del Pennacchi, Domenico Capriolo. Al quale si dovrebbero così in prevalenza quegli accenti che portano il timbro profondo del genio di Castelfranco e che rimasero sempre, sostanzialmente, estranei alla gamma sincera e piacevole, ma modesta e arretrata, di Pier Maria da Treviso.
Bibl.: C. Ridolfi, Le meraviglie dell'arte, ediz. Hadeln, I, Berlino 1914; G. Fiocco, P. M. P., in Riv. del R. Ist. di archeol. e storia dell'arte, I (1929), pp. 97-135; id., in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVI, Lipsia 1932.