PENNACCHI, Pier Maria
PENNACCHI (a Penachiis), Pier Maria. – Nacque a Treviso probabilmente nel 1464, come riportato dalle fonti ottocentesche a partire da Nicolò Mauro (Nepi Scirè, 1981, p. 38). Figlio del mercante Giovanni di Daniele da Murano e della sua seconda moglie Maria Bona di Marco da Altivole, il cognome «a Penachiis» con il quale l’artista è spesso citato nei documenti deriva dall’attività del padre (documentato tra il 1436 e il 1490: Bampo, [1901-1925], ad vocem), che possedeva a Treviso una bottega di mercerie in piazza delle Erbe (attuale piazza Indipendenza), specializzata nella produzione di cimieri e pennacchi. La sua formazione artistica si svolse plausibilmente nella bottega del fratello maggiore Girolamo (1455-1496), già attivo come maestro autonomo nel nono decennio (Nepi Scirè, 1973); documentati nella fase giovanile sono ulteriori contatti con pittori operanti nel contesto trevigiano di fine Quattrocento, come Girolamo Strazzaroli da Aviano (tradizionalmente identificato con Girolamo da Treviso il Vecchio: ibid.) o Giovanni Matteo Teutonico.
Non sembra invece più credibile l’antica ipotesi di una sua collaborazione giovanile con Giovanni Bellini, sostenuta da Domenico Maria Federici (1803, p. 219) e riproposta più di recente da Fritz Heinemann (1962, p. 127). L’analisi stilistica ha infatti evidenziato uno stretto rapporto iniziale con i modelli di Alvise Vivarini, in seguito arricchito attraverso prestiti da pittori dell’entroterra veneto (Bartolomeo Montagna, Giovanni Bonconsiglio), nonché da spunti tratti dalla grafica nordica (Albrecht Dürer); notevoli, in particolare nella seconda fase della sua carriera, sono anche le desunzioni formali dalle opere di Lorenzo Lotto, attivo nel contesto trevigiano a partire dal 1503 circa.
Le prime notizie documentarie che lo riguardano risalgono al 16 novembre 1483, quando egli presenziò, assieme al collega Girolamo Strazzaroli, alla stesura di un contratto stipulato a Treviso in casa del medico Marco de’ Dotti (per questo documento e per i successivi si rimanda al regesto di Nepi Scirè, 1980, pp. 42-48). A partire da questa data il suo nome compare con una certa frequenza nelle carte d’archivio trevigiane, per lo più in relazione allo svolgimento di affari familiari (compravendite o locazioni di terreni), oppure come testimone di atti notarili rogati per cittadini o nobili locali. Tra i documenti più antichi si segnala in particolare il contratto nuziale, stipulato il 22 agosto 1493, con Altabella, figlia di Bartolomeo Brazo, con la quale si insediò in contrada San Vito, nella stessa area dove si trovava la bottega paterna. Stando alle genealogie del Mauro, la coppia ebbe 10 figli, tra cui figurano Camilla, andata in moglie al pittore Domenico Capriolo, e Giovanni (documentato tra il 1507 e il 1529: Bampo, [1901-1925], ad vocem), il quale proseguì l’attività pittorica del padre, in apparenza senza grande successo.
Agli ultimi anni del Quattrocento, all’incirca in concomitanza con la morte del fratello Girolamo (luglio 1496) e con la sua successione alla guida della bottega familiare, appartengono anche i primi documenti legati alla sua professione pittorica. La prima notizia risale al 7 febbraio 1495, quando Pier Maria Pennacchi venne ingaggiato per 17 ducati per dipingere «unum sofitatum ad quadros» per la casa del nobile Monflorido da Coderta (perduto). Il successivo 9 marzo intervenne come arbitro nella stima di un lavoro eseguito dal collega «Paolo pittore» per la chiesa di S. Nicolò. Il 5 marzo 1498 ingaggiò come garzone tale Vincenzo di Angelo da Vicenza, obbligandosi a versargli un salario di 6 ducati annui. Infine, nel settembre 1500, si impegnò a decorare per 40 ducati la facciata del palazzo del nobile Giovanni Antonio Bettignol detto da Bressa in contrada San Nicolò (perduto; Dezuanni, 2005, p. 40).
A questi anni risalgono le due prove più antiche di Pennacchi, ovvero le due tavole firmate, già al Kaiser-Friedrich-Museum di Berlino (dove andarono disperse nel 1945), raffiguranti la Vergine col Bambino e quattro santi e il Cristo morto sorretto da due angeli, e databili sulla base di confronti formali tra il 1495 e il 1500 (Dal Pozzolo, 1993, p. 48; riprodotte in Nepi Scirè, 1981, figg. 2, 4). Alla fine del Quattrocento dovrebbe inoltre appartenere l’affresco con la Vergine col Bambino, noto anche come Madonna del fiore, situato nel portico di piazza S. Maria Maggiore a Treviso (Gentili, 1985, p. 43). Particolarmente dibattuta è invece l’autografia del Cristo benedicente già Lanfranchi (Firenze, collezione Martello), nel quale sono state spesso riconosciute clausole formali di derivazione alvisiana compatibili con la prima maniera di Pennacchi.
Nell’agosto 1503 fu eletto arbitro insieme a Lotto per valutare una pala d’altare eseguita da Vincenzo dalle Destre per la chiesa di S. Michele a Treviso. A questo periodo viene fatto generalmente risalire anche il suo aggiornamento nel senso di una maggiore fusione plastica e tonale, plausibilmente stimolato proprio da un confronto diretto con i lavori di Lotto (del quale peraltro Pennacchi è stato talora ritenuto il maestro: Sgarbi, 1977).
Il caso più emblematico di questo rapporto è offerto dalla tavola con la Vergine col Bambino e una santa (Basilea, Kunstmuseum), tradizionalmente datata attorno al 1505, e per lungo tempo attribuita allo stesso Lotto, anche sulla base delle affinità con la pala di quest’ultimo a S. Cristina (Dal Pozzolo, 1993). Attorno a quest’opera, e scalati con pochi dissensi tra il 1505 e il 1510 circa, sono stati collocati ulteriori dipinti su tavola di soggetto devozionale, tra cui figurano: la Madonna col Bambino tra i Ss. Giovanni Battista e Andrea, firmata «Petrus Maria a Tarvisio» (Treviso, Musei civici); una Madonna allattante (Verona, Museo di Castelvecchio); la Sacra Famiglia con donatore già Rezzonico, firmata «Petrus Maria» (Bassano del Grappa, Museo civico); la Dormitio Virginis già Cernazai, firmata «[Pe]trus [M]aria» (Venezia, Gallerie dell’Accademia). Tra le opere di controversa attribuzione di norma assegnate a questo periodo, si segnalano il Cristo benedicente di Parma (Galleria nazionale) e il tondo con Dio Padre benedicente già nella Scuola di S. Girolamo a Venezia (ora alle Gallerie dell’Accademia; Steer, 1982).
Verso la fine del primo decennio si assiste a un sensibile incremento di commissioni pubbliche, forse da leggere in relazione con la recente partenza di Lotto da Treviso (ottobre 1508). Il 27 gennaio 1509 ricevette l’incarico di dipingere una pala, oggi perduta, per S. Maria del Gesù a Treviso, raffigurante S. Giovanni Battista e quattro santi. Nel marzo 1511 s’impegnò con la Scuola del Sacramento del duomo ad affrescare nella cappella del Santissimo nel duomo «meza capa de oro et color»; l’affresco, in molte parti danneggiato, raffigura un Salvator mundi con cherubini, e costituisce l’unico lavoro di Pennacchi databile con certezza (Nepi Scirè, 1981). Di qualche mese successivo (1° aprile 1511) è infine il contratto per realizzare l’altare della Scuola dei Pelliciai in S. Nicolò a Treviso, raffigurante i Ss. Giovanni, Teonisto e Tabra, che tuttavia non venne mai concluso a causa della scomparsa improvvisa del pittore.
Pennacchi morì, probabilmente a Treviso, tra il luglio 1514, quando compare per l’ultima volta come testimone in un atto notarile, e il 15 marzo 1515, quando la Scuola dei Pelliciai affidò a Rocco Marconi l’incarico di realizzare il dipinto per la loro cappella.
Numerose sono le opere di attribuzione molto dubbia o contestata, che rivelano la difficoltà a definire in modo coerente e unitario il percorso artistico del pittore (una rassegna critica in Dal Pozzolo, 1993). Tra queste un caso specifico è offerto dal Monumento Onigo in S. Nicolò a Treviso, per il quale il contributo di Pennacchi è stato notevolmente ridimensionato nella letteratura recente (Dal Pozzolo, 1998), così come quello di un suo intervento nel cantiere del Barco Cornaro di Altivole (Fossaluzza, 2003). Altrettanto problematica risulta l’assegnazione al pittore trevigiano delle ante dell’organo di S. Maria dei Miracoli a Venezia, come pure quella dei riquadri con figure di profeti nel soffitto della stessa chiesa, ultimamente datati entro la metà degli anni Venti (Ilchman, 2003, p. 147). A tal proposito, nonostante lo scarso credito goduto in passato, l’antica attribuzione a «Giovanni de’ Pennacchi da Treviso», figlio primogenito di Pier Maria (Sansovino, 1604, p. 150), meriterebbe di essere attentamente riconsiderata, come anche quella di una partecipazione all’impresa di Domenico Capriolo, principale allievo di Pier Maria Pennacchi (Nepi Scirè, 1980). Tra le opere ricordate nelle fonti, si segnala infine il recente tentativo di recupero dell’altare Rinaldi già in S. Francesco a Treviso, identificato da Fossaluzza (2011) nel paliotto con la S. Anna metterza e i Ss. Cosma e Damiano di collezione privata americana.
Fonti e Bibl.: Treviso, Biblioteca comunale, Mss., 1410: G. Bampo, Pittori fioriti a Treviso e nel territorio. Documenti inediti dai secoli XIII al XVII tratti dall’archivio notarile di Treviso, [1901-1925], II, ad vocem; F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare, Venetia 1604, p. 150; C. Ridolfi, Le maraviglie dell’arte. Ovvero le vite degli illustri pittori veneti e dello Stato [1648], a cura di D. von Hadeln, I, Berlin 1924, p. 235; D.M. Federici, Memorie trevigiane sulle opere di disegno, I, Venezia 1803, pp. 218-220, 238; G. Fiocco, P.M. P., in Rivista dell’Istituto di archeologia e storia dell’arte, I (1929), pp. 97-135; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, Leipzig 1932, p. 382; S. Moschini Marconi, Gallerie dell’Accademia di Venezia. Opere d’arte dei secoli XIV e XV, Roma 1955, pp. 65, 75, 147 s.; A. Martini, Spigolature venete, in Arte veneta, XI (1957), pp. 57-60; F. Heinemann, Bellini e i belliniani, I, Vicenza 1962, pp. 127-131; L. Puppi, Il ‘Barco’ di Caterina Cornaro ad Altivole, in Prospettive, 1962, n. 25, pp. 52-64; G. Nepi Scirè, Appunti e chiarimenti su Gerolamo da Treviso il Vecchio (Gerolamo Aviano e Gerolamo Pennacchi?), in Notizie da Palazzo Albani, s. 3, II (1973), pp. 27-39; V. Sgarbi, P.M. P. e Lorenzo Lotto, in Prospettiva, 1977, n. 10, pp. 39-50; M. Lucco, Riflessi lombardi nel Veneto (un abbozzo di ricerca sui precedenti culturali del Lotto), in Lorenzo Lotto a Treviso, a cura di G. Villon, Treviso 1980, pp. 33-66; G. Nepi Scirè, P.M. P. Regesti, documenti e proposte, in Bollettino d’arte, s. 6, LXV (1980), pp. 37-48; Ead., Il pittore trevigiano P.M. P., in Lorenzo Lotto. Atti del convegno, a cura di P. Zampetti - V. Sgarbi, Treviso 1981, pp. 37-42; J. Steer, Alvise Vivarini: his art and influence, Cambridge 1982, pp. 195 s.; A. Gentili, I giardini di contemplazione. Lorenzo Lotto, 1503-1512, con la collaborazione di M. Lattanzi - F. Polignano, Roma 1985, pp. 43, 53 s., 62, 68-70; G. Fossaluzza, Treviso, in La pittura nel Veneto. Il Quattrocento, II, Milano 1990, pp. 551-554; The Martello collection. Further paintings, drawings and miniatures, 13th-18th century, a cura di M. Boskovits, Firenze 1992, pp. 148-151; E.M. Dal Pozzolo, P.M. P. in sintesi, in Restauri di Marca, IV (1993), pp. 48-51; S. Sponza, Treviso, 1500-1540, in La pittura nel Veneto. Il Cinquecento, I, Milano 1996, pp. 225-228; E.M. Dal Pozzolo, Giovanni Bonconsiglio detto Marescalco. L’opera completa, Milano 1998, pp. 147-169; Da Paolo Veneziano a Canova. Capolavori dei musei veneti restaurati dalla Regione del Veneto, 1984-2000 (catal.), Venezia 2000, pp. 96-101; G. Fossaluzza, Gli affreschi nelle chiese della Marca Trevigiana dal Duecento al Quattrocento, I, 3, Treviso 2003, pp. 447 s., 451 s., 454, 456, 460 s.; F. Ilchman, Il soffitto, in S. Maria dei Miracoli a Venezia. La storia, la fabbrica, i restauri, a cura di M. Piana - W. Wolters, Venezia 2003, pp. 141-160; E. Dezuanni, Lorenzo Lotto da Venezia a Treviso: ritratti e committenti, 1542-1545, Treviso 2005, p. 40; G. Fossaluzza, Pittura nella Marca Trevigiana fra Quattro e Cinquecento, in Giorgione (catal., Castelfranco Veneto, 2009-2010), a cura di E.M. Dal Pozzolo - L. Puppi, Milano 2009, pp. 71-86; Id., P.M. P., in The Alana collection, II, Italian paintings and sculptures from the fourteenth to sixteenth century, a cura di M. Boskovits, Firenze 2011, pp. 211-222.