GROPALLO, Pier Maria
Nacque a Genova nel 1610 da Giovanni Tommaso e da Laura Biga. La famiglia Gropallo, originaria di Piacenza e trapiantata a Genova dal 1300, era una delle più conosciute del patriziato genovese e contava tra i suoi componenti diversi senatori della Repubblica (Cappellini).
Il 15 dic. 1636 il G. era iscritto, insieme con i fratelli minori Innocenzo, Giovanni Gerolamo e Nicolò (Sartori, p. 92), all'albo d'oro della nobiltà genovese. Dopo aver compiuto con profitto il regolare corso degli studi, il G. cominciò ad approfondire l'architettura e, con l'aiuto del maestro G. Poggi, la pittura. Si orientò in seguito verso ambiti più scientifici interessandosi a discipline quali la geometria e l'ottica, per concludere infine la sua formazione con lo studio del diritto sotto la guida del giureconsulto D. Garibaldo (Soprani, pp. 296 s.).
Se della sua attività di architetto sono rimaste pochissime tracce, al contrario si può affermare che il G. fu, alla metà del XVII secolo, il più qualificato pittore cartografo della Repubblica di Genova.
La sua particolare formazione, giusto equilibrio tra gusto artistico e rigore tecnico, fu determinante per la fusione tra esigenze della esatta misurazione e quelle della immediatezza e leggibilità della veduta paesaggistica che la professione richiedeva. Va detto che questa attività non prevedeva, come erroneamente si è creduto in passato, funzioni diplomatiche o militari, affidate invece ai commissari straordinari ai confini o a ufficiali di grado elevato: il delineatore era chiamato a intervenire solo tecnicamente allo scopo di fornire un quadro topografico certo.
Le prime informazioni sull'operato del G. risalgono al 1650 quando, già quarantenne, fu scelto per delineare, per conto della Serenissima Repubblica, i confini della Riviera di Ponente nell'atlante Feudorum Orae Occiduae cum eorum finibus, conservato nell'Archivio di Stato di Genova. La raccolta di carte riveste eccezionale importanza per la cartografia ligure e per lo studio delle zone in esse rappresentate. Si tratta infatti, insieme con la coeva raccolta riguardante i territori della Repubblica ultra Iugum, delle uniche delineazioni riguardanti il Dominio che risalgano al XVII secolo, e che costituirono come tali il punto di riferimento per tutte le successive visite. L'atlante si compone di trentatré tavole prospettiche, ciascuna delle quali preceduta dalla relativa planimetria e completata dalla scala in palmi e dalla rosa dei venti, ma prive di frontespizio e testi esplicativi e dunque rimaste anonime per molti secoli.
A illuminare sull'identità dell'autore di questi disegni è stato il ritrovamento, nel medesimo Archivio di Stato, di una serie di resoconti che i commissari responsabili dell'impresa inviavano periodicamente alla Repubblica per dar notizia dello stato dei lavori e che indicano unanimemente il G. come artefice unico delle tavole (Sartori, pp. 83-85).
La decisione di procedere a una ricognizione generale del Dominio fu presa dalla Repubblica già nel 1643 nel tentativo di sedare i contrasti con i principi esteri e con i piccoli feudatari dovuti ai continui sconfinamenti che si verificavano soprattutto nelle valli dell'interno. A dirigere queste ispezioni, che si svolsero tra il 1650 e il 1656, furono nominati dei commissari generali che si avvicendarono nelle delineazioni: il primo fu N.G. Guastavino, al quale spettò la scelta del delineatore. Si può solo cercare di supporre i motivi per i quali egli convocò, per una missione così importante, il Gropallo. Forse perché, appartenendo entrambi al patriziato genovese, ne conosceva direttamente le qualità o più probabilmente perché, a quella data, il G. aveva già avuto occasione di dimostrare le sue capacità in altri incarichi simili. È documentato che tutti i successivi commissari confermarono il G. nella carica e che i Collegi del Senato e della giunta, pienamente soddisfatti del lavoro che stava svolgendo, acconsentirono a ogni sua richiesta di onorario, riconoscendogli, come ulteriore gratifica per le sue riconosciute qualità, qualche mese di salario straordinario.
Le visite nella Liguria occidentale, iniziate il 15 giugno 1650 con il primo sopralluogo nel contado di Albenga, proseguirono, concentrate principalmente durante i mesi estivi, fino al 1656. A quella data la Repubblica aveva già disposto per la loro prosecuzione nella Riviera di Levante, al punto che il commissario G.B. Raggio, già inviato sul luogo, il 22 ottobre del medesimo anno, invitava il G. a raggiungerlo. Non ci fu seguito a tale lettera probabilmente a causa del sopraggiungere di un evento più importante, forse la peste che imperversò nel 1657, che fece annullare l'iniziativa. Nel mese di aprile del 1660 il G., ormai conquistato il suo ruolo di cartografo di fiducia della Repubblica, si recò con Raggio nella giurisdizione di Montoggio per lavori di confinazione nella Moggia di Granara (Sartori, pp. 85, 92).
Da un atto notarile del 4 apr. 1661 si ha conferma che, parallelamente alla sua attività di cartografo, il G. continuasse a esercitare anche quella di architetto; infatti il suo nome, insieme con quello di A. Giustiniano, compare, in qualità di perito del Comune di Genova, in una causa intentata per il mancato pagamento di una villa (Alfonso).
Nel febbraio del 1662 il G., in qualità di tecnico di fiducia della giunta, fu inviato a Beverino per eseguire un rilievo dei confini della zona nel tentativo di dirimere un'annosa contestazione di competenza del capitano della Spezia F.M. Doria (De Negri, pp. 110-112). Il disegno che ne trasse, conosciuto come "Beverino 2", fa parte della Raccolta cartografica dell'Archivio di Stato di Genova.
Nel giugno del 1663, mentre sovrintendeva in qualità di architetto alla fabbrica dell'albergo dei poveri a Genova, fu incaricato dalla Repubblica di recarsi in missione sulle Alpi di Viozene a causa del riaccendersi di un'antica controversia (Quaini, 1984, p. 240). Da tempo, infatti, i Savoia cercavano di realizzare una strada che consentisse loro il trasporto del sale in Piemonte attraverso un percorso che, partendo da Nizza, giungesse in Ormea passando per le Viozene. Il cartografo, dopo aver raccolto numerose informazioni sugli avvenimenti che avevano preoccupato i sudditi genovesi, realizzò, in sette giorni di sopralluoghi, una nuova carta che però non risolse in modo definitivo la questione. Alcune annotazioni settecentesche ci informano che il disegno, comprendente l'intero perimetro delle Viozene e l'autentica dei siti e confini da parte di due notai che avevano accompagnato il G. nel corso delle sue perlustrazioni, era all'epoca già smarrito (Quaini, 1986, p. 79).
Dopo alcuni anni, nel 1670, si riaccese violentemente la disputa tra Cenova e Rezzo a causa dell'ulteriore tentativo, messo in atto dal duca di Savoia, di realizzare un nuovo percorso per il trasporto del sale tra Oneglia e Ormea; si trattava della strada della Prealbe, un passaggio molto accidentato a oltre 1400 metri di altitudine. Questa fu senza dubbio una delle più complesse questioni di confini per la Repubblica, destinata a trascinarsi per numerosi decenni; i marchesi di Clavesana, signori di Rezzo, erano fedeli a Genova mentre i Cenovini erano costantemente fomentati dai Savoia nelle loro pretese territoriali. Il signore di Clavesana, nel tentativo di risolvere il problema, inviò una mappa a Genova che fu però considerata insufficiente poiché incompleta nel disegno e priva dei necessari riferimenti. Per apportare alla carta le dovute correzioni si decise di inviare sul luogo il G., il quale giunse a Rezzo il 22 giugno e subito cominciò le ricognizioni. La missione richiese circa una settimana di sopralluoghi in montagna e si rivelò molto dura per l'anziano cartografo che non si limitò a correggere il vecchio modello ma realizzò una nuova mappa più completa e di qualità nettamente superiore alla prima. La Delineatione de confini tra Rezzo e Cenova fatta da P.M. G. e mandata da lui e dal sig. cav. Clavesana l'anno 1670 fa parte di un gruppo di documenti dell'Archivio della Serenissima dimenticati nei depositi dell'Archivio di Stato di Torino al momento della loro restituzione da Parigi dove erano stati portati nel periodo napoleonico (De Negri, p. 116).
La carta rappresenta probabilmente l'apice dell'arte pittorica del G. e si distingue dalle precedenti realizzazioni per un particolare effetto chiaroscurale ottenuto con l'acquerello nei paesaggi montuosi e per la rappresentazione molto più realistica e meno convenzionale degli abitati.
Il 28 nov. 1671 il G. morì a Montobbio, dove si trovava per l'ennesimo incarico del Senato della Serenissima, a causa di un attacco di febbre acuta (Soprani, p. 297).
Fonti e Bibl.: R. Soprani - C.G. Ratti, Vite de' pittori, scultori ed architetti genovesi, I, Genova 1768, pp. 295-297; A. Cappellini, Diz. biogr. di genovesi illustri e notabili, Genova 1936, p. 92; L. Sartori, Il "Libro dei feudi della Riviera Occidua" palestra dell'arte cartografica del G., in Boll. ligustico, XXIII (1971), pp. 83-106; T.O. De Negri, Pagine sparse del G. maestro della cartografia pittorica genovese, ibid., pp. 107-119; La conoscenza del territorio ligure fra Medio Evo ed età moderna, a cura di M. Quaini, Genova 1981, p. 45; D. Astengo - E. Duretto - M. Quaini, La scoperta della Riviera. Viaggiatori, immagini, paesaggio, Genova 1982, pp. 30, 34; M. Vinzoni, Pianta delle due Riviere della Serenissima Repubblica di Genova divise ne' commissariati di Sanità, a cura di M. Quaini, Genova 1983, p. 22; M. Quaini, Per la storia della cartografia a Genova e in Liguria. Formazione e ruolo degli ingegneri cartografi nella vita della Repubblica (1656-1717), in Atti della Società ligure di storia patria, n.s., XXIV (1984), pp. 219, 228, 239-243, 246; L. Alfonso, Tommaso Orsolino e altri artisti di "natione lombarda" a Genova e in Liguria dal sec. XIV al XIX, Genova 1985, p. 96; Carte e cartografi in Liguria, a cura di M. Quaini, Genova 1986, pp. 30, 79-82, 86, 92-98, 126, 137, 144, 151, 162; E. Parma Armani, Pauperismo e beneficenza a Genova: documenti per l'albergo dei poveri, in Quaderni franzoniani, I (1988), 2, p. 75; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, p. 87.