SPERANZA, Pier Luigi
– Nacque a Piario, presso Clusone, in provincia di Bergamo, il 2 dicembre 1801, da Francesco e da Maria Anna Fornoni.
Sesto di sette figli, ricevette la prima istruzione dal parroco di Piario, Pietro Dolci. Orfano di madre nel 1808 e di padre nel 1814, sostenuto dal padrino Antonio Bona di Ardesio, dopo la chiusura della scuola di don Dolci e il trasferimento di quest’ultimo a Cornalba, fu collocato nel 1816 come esterno nel collegio di Clusone e, dal 1818, nel seminario di Bergamo, prima come esterno, poi come alunno residente.
Speranza compì quasi tutta la sua formazione sacerdotale sotto l’episcopato di Pietro Mola (che resse la diocesi dal 1821 al 1829). Il 10 luglio 1819 ricevette dal rettore del seminario Giuseppe Rota l’abito di chierico, su disposizione del vicario capitolare e arciprete della cattedrale, Marco Celio Passi; il 27 maggio 1820 fu ammesso ai primi tre ordini minori, a cui seguì ben presto l’accolitato; alunno residente dal novembre 1821, il 20 settembre 1823 divenne suddiacono, il 12 giugno dell’anno seguente diacono e il 18 settembre sacerdote. Nei cinque anni di seminario, fino all’ordinazione, i suoi maestri furono il già ricordato Marco Celio Passi, Giuseppe Benaglio e Giovanni Brignoli, membri eminenti e guide del Collegio apostolico.
Fondato nel 1776, modellato sui milanesi oblati di Sant’Ambrogio e San Carlo, il Collegio era costituito da sacerdoti diocesani; difensore di una spiritualità tridentina, antigiacobina, antigiansenista e antirigorista, esso egemonizzò i vertici della curia vescovile di Bergamo per buona parte del XIX secolo.
Sotto l’ala protettrice di Benaglio (che, come vicario capitolare in sede vacante, resse la diocesi dopo la morte di Pietro Mola fino al 1831, anno dell’ordinazione del nuovo vescovo Carlo Gritti Morlacchi), Speranza entrò nel 1829 nel Collegio apostolico (ne avrebbe assunto la guida nel 1853), venendo nominato nel 1830 professore di morale in seminario, in sostituzione di Francesco Bolis, giudicato da Benaglio meno adatto a formare i giovani chierici nella tradizione difesa dai membri del Collegio. Con il nuovo vescovo Gritti Morlacchi, le tensioni nei confronti del gruppo fino ad allora egemone furono allentate grazie a una nuova sostituzione, decisa nel 1842: questa volta fu Speranza a lasciare la cattedra di morale, con la promozione a canonico penitenziere. Da una posizione già eminente in diocesi, egli poté osservare gli effetti sul clero bergamasco degli eventi del 1848-49: come difensore di un rigido romanocentrismo, il Collegio apostolico uscì rafforzato rispetto a quelle che sembravano le indecisioni del vescovo Gritti Morlacchi e dei sacerdoti riuniti intorno a lui. La revisione delle officiature senza l’approvazione romana, cominciata nel 1848, fu – per i membri del Collegio – la prova che la diocesi aveva ormai bisogno di una diversa guida.
Gritti Morlacchi morì il 17 dicembre 1852. L’8 gennaio 1854 Speranza venne ordinato vescovo di Bergamo. Gli inizi del nuovo governo diocesano furono subito segnati da un ritorno in forze degli uomini del Collegio apostolico. Al Collegio appartenevano i due vicari episcopali, il rettore del seminario, i direttori spirituali dei chierici e i docenti di dogmatica, diritto canonico e filosofia. La pubblicazione nel 1855 di un’Esposizione della dottrina cristiana per le chiese e le scuole rientrava nella convinzione che il principio di autorità – cardine della vita civile e sovrannaturale – potesse essere rafforzato da un’intensificazione dell’istruzione religiosa dei fedeli: «Il vero Cristiano, se per una parte gode che la santità della sua Fede venga con ogni sorta d’argomenti difesa contro gli empi che la bestemmiano, per l’altra quanto a sé non ha bisogno né si cura d’altri argomenti, fermo com’è immobilmente nella parola di Dio propostagli dalla Chiesa» (Esposizione della dottrina cristiana, 1855, p. 8). Egli salutò con favore il concordato tra la Chiesa di Roma e il governo austriaco del 1855 e ne approfittò per chiedere alle autorità secolari, nel giugno 1857, di sostenere la sua condanna della Gazzetta di Bergamo, ostile al clero. L’attacco alla Gazzetta si svolse quasi contemporaneamente all’avvio di una visita pastorale basata su un questionario composto da 275 domande. Gli esiti della visita rafforzarono nel vescovo la convinzione che la diocesi godesse di buona salute, testimoniata anche dalla nascita di nuove congregazioni religiose (orsoline di Somasca, suore della sacra Famiglia, orsoline di Gandino e Figlie del sacro Cuore) e da un’intensificazione del culto mariano.
La guerra del 1859 fu un punto di svolta. La fine del governo imperiale e l’inizio del processo di unificazione lo colsero impreparato a «pensare l’azione della Chiesa fuori dai privilegi accordati dal concordato austriaco. Gli avvenimenti politici erano, perciò, letti come espressione della macchinazione diabolico-rivoluzionaria che da tempo stava rovinando l’Europa» (Amadei, 1988, p. 245). L’aggressione che egli subì in episcopio il 3 settembre 1859, al termine di una manifestazione (nata dall’interdetto lanciato sulla chiesa cittadina di San Bartolomeo, dopo che un laico, al termine di una messa di suffragio presieduta dallo stesso vescovo per i caduti nella guerra contro l’Austria, aveva tenuto un discorso patriottico), fu l’inizio di un quindicennio segnato da un pessimismo sempre più accentuato. La nascita nel 1860 della transigente Unione ecclesiastica di San Bartolomeo venne immediatamente deplorata da Speranza: composta da sacerdoti diocesani, l’Unione fu sciolta il 28 giugno 1861. Nel 1862 il vescovo sospese a divinis don Giuseppe Bravi, deputato al Parlamento del Regno. Negli anni immediatamente seguenti, Speranza fu oggetto di interpellanze parlamentari e processi civili, che restarono senza esito. La chiusura delle scuole secondarie del seminario, su disposizione delle autorità civili, privò il vescovo di uno strumento importante di governo (la riapertura avvenne solo dall’anno scolastico 1874-75). Parte del clero e dei laici risposero a queste tensioni gettando le basi – senza che Speranza vi ponesse ostacoli – del movimento cattolico diocesano, che nei due decenni seguenti avrebbe espresso personalità di rilievo anche nazionale. Nella fase finale dell’episcopato nacquero il circolo San Luigi (1868), la sezione bergamasca della Società promotrice degli interessi cattolici (1870), il circolo operaio San Giuseppe (1875) e il comitato diocesano dell’Opera dei congressi (1877).
Morì a Bergamo il 4 giugno 1879. «Personalità forte, dalle idee ben precise, forse troppo rigide, mancante di senso storico, dagli orizzonti limitati, propenso a identificare la Tradizione con la “tradizione bergamasca” degli ultimi decenni» (Amadei, 1988, p. 241), egli si presentò come l’interprete di una linea di sacerdoti divenuti vescovi della propria provincia ecclesiastica di origine che offrirono «una prospettiva rassicurante ma anche pratica per la ricomposizione e il contenimento delle diversità», attraverso «l’enfatizzazione della funzione del vertice romano nel garantire anche disciplinarmente l’unità della Chiesa» (Miccoli, 1986, p. 905).
Fonti e Bibl.: La documentazione sull’episcopato Speranza è concentrata negli archivi della curia e del seminario vescovile di Bergamo; nel 1981 Roberto Amadei ne tracciò una mappa ancora oggi fondamentale (si tratta della Nota archivistica ora alle pp. 3-5 di Amadei, 2010), alla quale vanno aggiunti ora i materiali dell’Archivio segreto Vaticano pubblicati in Prove di un difficile dialogo. Corrispondenza di Pierluigi Speranza vescovo di Bergamo, dell’ausiliare Alessandro Valsecchi e di altre personalità col card. Prospero Caterini, a cura di E. Camozzi, Bergamo 2004. Accanto alle lettere, il testo più significativo della pastorale speranziana è l’Esposizione della dottrina cristiana in forma di catechismo per le chiese e le scuole della città e diocesi di Bergamo, Bergamo 1855.
La riflessione su Pier Luigi Speranza comincia non per caso con un elogio: D. Borlini, Orazione funebre di monsignor Pietro Luigi Speranza vescovo di Bergamo..., Bergamo 1879; (E. Massara), Mons. Pietro Luigi Speranza vescovo di Bergamo dal 1854 al 1879. Memorie e documenti, Brescia 1915; F. Vistalli, Mons. Guindani nei suoi tempi e nella sua opera, I, Bergamo 1943, pp. 155-185; A. Pesenti, Il Collegio Apostolico (1773-1909), in Preti del S. Cuore di Bergamo nel 50° della fondazione, Bergamo 1959, pp. 131-214; X. Toscani, Secolarizzazione e frontiere sacerdotali: Il clero lombardo nell’Ottocento, Bologna 1982, pp. 247-286; G. Miccoli, «Vescovo e re del suo popolo». La figura del prete curato tra modello tridentino e risposta controrivoluzionaria, in Storia d’Italia. Annali, 9, La Chiesa e il potere politico dal Medioevo all’età contemporanea, a cura di G. Chittolini - G. Miccoli, Torino 1986, pp. 881-928; R. Amadei, Dalla Restaurazione a Leone XIII, in Diocesi di Bergamo, a cura di A. Caprioli - A. Rimoldi - L. Vaccaro, Brescia 1988, pp. 235-258; Lettere pastorali dei vescovi della Lombardia, a cura di X. Toscani - M. Sangalli, Roma 1998, pp. 8-16; R. Amadei, Saggi storici sulla Chiesa di Bergamo nell’età contemporanea, a cura di G. Zanchi, Milano 2010 (in partic. La tradizione bergamasca e il vescovo Pierluigi Speranza, pp. 3-142; Il clero bergamasco e il Risorgimento italiano (1859-1861), pp. 143-203).