SCARAMPI, Pier Francesco
– Come narrato dal suo confessore e biografo Paolo Aringhi, Scarampi nacque nel 1596 al «Cairo, baronìa libera» in Piemonte, nel ducato di Monferrato, da una famiglia di antiche origini nobiliari (Memorie istoriche..., 1744, p. 11).
Destinato inizialmente alla carriera militare, che seguì solo in parte prima di una breve esperienza presso la corte del cardinale Maurizio di Savoia, secondo le parole di Aringhi egli sarebbe stato dalla «maestà di Dio eletto per altra milizia assai migliore»; mortogli infatti il fratello, che godeva del beneficio dell’abbazia di Fernanda, ne volle immediatamente prendere il posto, avviandosi così a una carriera religiosa che lo avrebbe portato fino a Roma (ibid., pp. 11 s.). Fortemente inclinato a una vita austera e penitenziale sin dagli anni giovanili, tanto da voler in un primo momento entrare nell’Ordine cappuccino, nella città papale Scarampi si presentò alla chiesa di S. Maria in Vallicella con l’obiettivo di entrare nella Congregazione dell’Oratorio, in cui sarebbe stato accettato il 4 novembre 1636 (ibid., p. 14). Stabilitosi inizialmente presso la casa del noviziato di S. Andrea al Quirinale di pertinenza della Compagnia di Gesù, dove per diversi giorni si applicò con rigore agli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola, nel primo periodo trascorso con gli oratoriani Scarampi «abbracciava con estremo contento gli esercizi più bassi, che sogliono fare i giovani di Congregazione» e «serviva alla mensa e leggeva secondo l’ordine con gran puntualità» (ibid., p. 15), oltre ad assistere ai sermoni e a servire quotidianamente la messa.
Concluso il periodo di noviziato, un triennio in cui lo avrebbe affiancato il maestro dei novizi e futuro predicatore apostolico Giovanni Paolo Oliva e in cui si sarebbe dedicato con zelo all’esercizio della mortificazione, facendosi tagliare la barba e rimanendo quasi sempre rinchiuso nella propria camera, fu destinato alla cura degli infermi, potendo così mettere a frutto la sua proverbiale carità che lo avrebbe indotto a pronunciare le parole: «Questi sono gli avventori della mia bottega: io non ho altri che povera gente d’intorno» (ibid., pp. 14, 16 s.). Nello stesso 1639, alla fine del noviziato, ricevette il sacerdozio (Cistellini, 1989, p. 2327). Nel maggio del 1640 fu inviato a Napoli per occuparsi dell’abbazia di S. Giovanni in Venere a Fossacesia (Chieti), concessa in enfiteusi agli oratoriani da papa Sisto V nel 1585 (Rossi, 2014, p. 69), e vi si trattenne fino alla fine di novembre, dimostrando nel suo servizio una tale austerità di costumi da evitare di alloggiare presso gli oratoriani, limitare la sua azione alle sole visite strettamente necessarie e rifiutare ogni invito alla mensa finanche nella festa di S. Filippo Neri (Cistellini, 1989, p. 2317).
Con un breve del 18 aprile 1643, e su suggerimento del preposito della Congregazione Virgilio Spada, fu nominato da papa Urbano VIII nunzio apostolico in Irlanda, dove giunse nel luglio successivo, mentre infuriava una guerra che stava squassando il paese (Memorie istoriche..., 1744, pp. 35-38). Nell’isola Scarampi avrebbe portato con sé lettere e indulgenze per gli insorti cattolici, ma anche munizioni e 30.000 corone raccolte grazie all’agente a Roma della Confederazione cattolica irlandese, il francescano Luca Wadding. Nello scontro tra gli anglo-irlandesi, favorevoli a un compromesso con il re Carlo I, e i cosiddetti vecchi cattolici, decisi invece a proseguire una guerra senza esclusione di colpi pur di ottenere la completa libertà di coscienza, Scarampi avrebbe appoggiato apertamente i secondi, ma la sua granitica volontà non servì a impedire la vittoria finale dei primi e la firma di un armistizio con il sovrano inglese. In Irlanda fu lui a importare l’adorazione eucaristica delle Quarantore e, per «accrescere ne’ petti altrui la divozione verso de’ santi, eresse nella cattedrale di Kilkenia, ove risiede il supremo Consiglio di Stato, una cappella in onore di san Filippo Neri, facendo in quella dipingere le principali azioni della vita del santo» (ibid., pp. 40, 42). Richiamato a Roma il 5 maggio 1645 dal successore di Urbano VIII, Innocenzo X, decise di rimanere in Irlanda fino al maggio del 1647 per coadiuvare il nuovo nunzio Giovanni Battista Rinuccini, riportando poi con sé il futuro arcivescovo di Armagh, nonché martire e santo, Oliver Plunkett, che ospitò a sue spese tra i cappellani della casa oratoriana di S. Girolamo della Carità (ibid., pp. 52 s.).
Fu eletto preposito della Congregazione il 22 aprile 1656 (ibid., p. 34; Furlani, 1953, col. 18; Cistellini, 1989, p. 2327). Appena ricevuta la notizia, con le lacrime agli occhi e dicendosi del tutto inadeguato a ricoprire quel ruolo, confessò con estremo candore di voler prima rendere noti a tutti i molti difetti che lo rendevano incompatibile con quell’incarico (Memorie istoriche..., 1744, pp. 22 s.). Dopo lo scoppio dell’epidemia di peste a Roma nel giugno del 1656, fermamente convinto di voler offrire i propri servigi agli appestati, l’11 settembre Scarampi scrisse una lettera ai padri oratoriani in cui rivelava che era stato Dio a suggerirgli di percorrere quella strada impervia, in modo da poter mostrare «qualche penitenza dei miei peccati, i quali come sono essorbitanti, anche contro i prossimi, così meritano qualche non ordinaria sodisfattione verso d’essi» (Cistellini, 1989, p. 2327). Della sua intensa attività presso l’ospedale di S. Bartolomeo all’isola Tiberina resta la vivida testimonianza di Girolamo Gastaldi, all’epoca sovrintendente e prefetto generale dei lazzaretti e poi cardinale, che avrebbe assistito in prima persona all’impegno con i malati di Scarampi, definito come un «vir acer et industrius» che lavorava in maniera indefessa giorno e notte e la cui azione caritatevole avrebbe indotto molti altri uomini e donne a imitarne l’esempio (Memorie istoriche..., 1744, p. 9).
Morì a Roma il 14 ottobre 1656 dopo aver contratto il morbo della peste. Poco prima della morte, l’8 ottobre, avrebbe scritto all’amico Virgilio Spada per raccontargli che un suo vicino di letto si era ammalato: «Buone nuove, mio padre Virgilio, la casa del vicino abbrugia: addunque alla mia ancora si appiccierà il fuoco», rammaricandosi però di non poter in futuro soccorrere i malati (ibid., p. 68). Fu sepolto per speciale concessione dell’autorità sanitaria nella chiesa dei Ss. Nereo e Achilleo, di cui era stato titolare oltre mezzo secolo prima il cardinale oratoriano Cesare Baronio (ibid., pp. 69-72; Cistellini, 1989, pp. 2269, 2319, 2325 s.).
L’indicazione di venerabile si deve a papa Benedetto XIV che, durante l’epidemia di peste a Messina del 1743 e per il tramite di Luigi Niccolò Ridolfi, maestro del Sacro Palazzo, obbligò la Congregazione a utilizzarla ogniqualvolta Scarampi doveva essere ricordato in testi scritti o raffigurato in opere d’arte (Memorie istoriche..., 1744, p. 76).
Fonti e Bibl.: Memorie istoriche della vita del venerabile servo di Dio P.F. S. preposito della Congregazione dell’Oratorio di Roma, scritte dal padre Paolo Aringhi prete della medesima Congregazione e di lui confessore. Con l’aggiunta dell’elogio fattogli da monsignor Girolamo Gastaldi allora commessario generale della Sanità e poi cardinale, Roma 1744; S. Furlani, S. (Scarampa), P.F., in Enciclopedia cattolica, XI, Città del Vaticano 1953, coll. 17 s.; A. Cistellini, San Filippo Neri. L’Oratorio e la Congregazione oratoriana: storia e spiritualità, III, Brescia 1989, pp. 2269, 2317, 2319, 2325-2327; M.C. Rossi, La storia dell’abbazia di San Giovanni in Venere tra miti, leggende, narrazioni e disegni. Una nuova ricognizione documentaria, in Annales Oratorii, XII (2014), pp. 69-97.