BRANCALEONI, Pier Francesco
Secondogenito di Brancaleone, nacque intorno al 1343 e nell'ottobre del 1363 Sposò Bartolomea di Lambertuccio di Tebaldo da Montelupone, che gli portava in dote, oltre al possesso di terre nelle valli del Chienti e del Potenza, anche la signoria di Montelupone, nei pressi di Recanati. Questo matrimonio segnò, dopo secolari e sanguinose inimicizie, un tentativo di riappacificazione fra Brancaleoni e Montefeltro: la madre di Bartolomea era appunto una Montefeltro, Margherita figlia del conte Galasso, e il matrimonio era stato favorito dal conte Paolo da Montefeltro, signore d'Urbino e zio della sposa.
Quando nel 1366 i Brancaleoni dovettero abbandonare le loro terre in seguito alla rivolta contro il cardinal legato Egidio Albornoz, il B. seguì il padre a Bologna e vi rimase tra i familiari del cardinale Anglico Grimoard, successore dell'Albornoz. Anche dopo il ritorno a Castel Durante nel 1375, il B. rimase in ombra, eclissato dalla personalità del padre prima e del fratello Niccolò Filippo poi.
Il 1º ag. 1378 fu eletto senatore di Siena e anche se un cronista senese lo qualificò come "giovane da poco e poco onorevole", fu confermato in questa carica per altri sei mesi (Arch. di Stato di Siena, Consiglio Generale, 196, c. 31). Nel 1393 sorse un conflitto con Pandolfo Malatesta che gli tolse Montelupone; ma con la mediazione di Gentile da Varano signore di Camerino la controversia fu appianata. Quest'episodio tuttavia non sembra aver turbato a lungo l'alleanza tra Brancaleoni e Malatesta, condizione fondamentale per la sopravvivenza della signoria durantina: il 17 maggio 1397 il B. mandò milizie metaurensi a Mantova in soccorso di Carlo Malatesta, capitano generale della lega antiviscontea.
Durante il grande conflitto tra Gian Galeazzo Visconti e Firenze, quando quasi tutte le piccole signorie dell'Appennino centrale passarono dalla parte del duca di Milano, il B. riuscì a rimaner fuori dalla coalizione antifiorentina. In quel periodo infatti notai di Sant'Angelo in Vado e militi metaurensi furono assunti ai servizi della Repubblica. Malgrado ciò, il B. dette in sposa la propria figlia Marsibilia a Luigi Casali dei signori di Cortona fautori del Visconti e non si oppose al matrimonio della nipote Francesca figlia di Gentile con Giacomo Dal Verme della grande famiglia di soldati viscontei.
Ma in sostanza il B. rimase fedele alle tradizioni guelfe della sua casa. Già nel 1394, dopo la morte del fratello Niccolò Filippo, Bonifacio IX aveva concesso al B., a Gentile suo fratello e a Galeotto figlio di Niccolò Filippo il vicariato di Castel Durante, Sant'Angelo in Vado, Mercatello, Sassocorvaro, Castel della Pieve, Montelocco. Santa Croce, Sorbetolo, Valbona e altre terre minori. Lo stesso pontefice nel 1402conferì al nipote del B., Ermanno, figlio di Niccolò Filippo, l'abbazia di San Cristoforo e lo elevò poco dopo alla sede vescovile di Imola. Il B. stesso il 1º nov. 1401 era stato investito dell'alto ufficio di senatore di Roma che tenne fino all'ottobre dell'anno seguente e al quale fu chiamato un'altra volta sotto il pontificato di Innocenzo VII, tra il 1406 e il 1407. Innocenzo VII concesse al B., nel marzo del 1406, anche il dominio di Pennabilli in Val Marecchia.
Nel 1408il B. muniva i castelli della Val Metauro contro le incursioni delle truppe durazzesche che avevano occupato l'Umbria, e nel luglio accoglieva nelle sue terre il pontefice Gregorio XII che, con alcuni cardinali, si rifugiava a Rimini sotto la protezione di Carlo Malatesta. Il papa veniva da Lucca dopo il mancato incontro con Benedetto XIII, e il vescovo di Imola, Ermanno Brancaleoni, con il B. suo zio s'erano fatti garanti della sua incolumità. Già il 2 luglio 1408 Firenze aveva mandato a Lucca presso Gregorio XII Rinaldo degli Albizzi e Cristofano degli Spini per garantirgli sicurezza per il trasferimento a Pisa dove si doveva svolgere l'incontro, e per dimostrare la buona fede offriva dodici ostaggi, che furono poi messi nelle mani del B. e del vescovo di Imola, persone di fiducia sia del pontefice che della Repubblica.
Ma contrasti all'interno della propria famiglia misero improvvisamente fine alla vita del Brancaleoni. Il suo governo aveva suscitato malcontento nei nipoti che si vedevano esclusi da ogni partecipazione attiva alla gestione degli interessi comuni. Modificando l'ordinamento delle comunità a lui soggette, il B. aveva raccolto tutto il potere nelle sue mani, e sebbene il pontefice nel 1404, dopo la morte del fratello Gentile, avesse concesso il vicariato anche ai figli di lui, di fatto il B. governava da solo, servendosi del figlio Lamberto quale vicario. Il malcontento crebbe a tal punto che, approfittando dell'assenza di Lamberto che col figlio Carlo era andato a Verona ad accompagnare la sorella Dina promessa sposa di Francesco Bevilacqua, i figli di Niccolò Filippo, Galeotto, Alberico ed Ermanno con un colpo di mano s'impadronirono dello zio e lo rinchiusero nel cassero di Castel Durante da prima, poi in quello di Sant'angelo in Vado. Firenze, alla notizia, intervenne per ottenere la liberazione del suo fedele. Il 22 marzo 1410mandò Dino di messer Guccio ai tre fratelli i quali risposero all'ambasciatore: "che per buoni respecti, intorno ai quali assegnarono ragioni e cagioni assai, per allora non potevano prendere partito dello spaccio di messer Piero Francesco, et che intorno a questa materia manderebbono prestamente loro ambasciata pienamente informata di loro intentione" (Arch. di Stato di Firenze, Legazioni e Commiss., Rapporti di Oratori, 2, c. 1v). Nonostante questo autorevole interessamento, il B. non poté riottenere la libertà e venne colto dalla morte in carcere qualche mese dopo.
Bibl.: F. Nerini, De Templo et Coenobio Sanctorum Bonifacii et Alexii historica monumenta, Romae 1752, p. 551 n. 79; Commissioni di Rinaldo degli Albizzi, a cura di C. Guasti, I, Firenze 1867, pp. 166 s.; Ser Guerriero da Gubbio, Cronaca, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXI, 4, a cura di G. Mazzatinti, p. 14; Paolo di Tommaso Montauri, Cronaca senese,ibid., XV, 5, a cura di A. Lisini e F. Jacometti, p. 719; Diario Romano di Antonio di Pietro dello Schiavo, ibid., XXIV, 5, a cura di F. Isoldi, pp. 15, 17; F. Bartoloni, Documenti inediti dei "Magistri aedificiorum Urbis", in Arch. d. Deput. rom. d. stor. patria, LX (1937), pp. 195 s.; P. P. Torelli, Sulle antiche memorie di Castel Durante oggi Urbania, in Antichità picene, XIII, Fermo 1791, pp. 180-185; V. Lanciarini, Il Tiferno metaurense e la provincia di Massa Trabaria, Roma 1890, pp. 343-65; A. Salimei, Senatori e Statuti di Roma nel Medioevo, Roma 1935, pp. 156, 159; E. Rossi, Memorie ecclesiastiche di Urbania, Urbania 1936, p. 275; G. Franceschini, I Brancaleoni di Castel Durante, in Atti e mem. d. Deput. di stor. patria per le Marche, s. 7, IV (1949), pp. 88-103; A. Ascani, Due cronache quattrocentesche, Città di Castello 1966, p. 105; A. Esch, Bonifaz IX. und der Kirchenstaat, Tübingen 1969, ad Indicem.