PINELLI, Pier Dionigi
PINELLI, Pier Dionigi. – Nacque a Torino il 25 maggio 1804 da Antonio Ludovico Maria e da Angela Carelli.
Il padre, importante giurista, fu avvocato fiscale generale del Senato di Torino e nel 1809, dopo l’occupazione napoleonica della città, procuratore imperiale presso la Corte d’appello di Roma.
La famiglia, originaria di Cuorgné nel Canavese, fu nobilitata da Carlo Felice di Savoia nei primi anni Venti dell’Ottocento. Pier Dionigi ebbe due fratelli: il maggiore, Alessandro (1798-1868), fu giudice del Senato di Piemonte e primo presidente della Corte d’appello di Genova, mentre il minore, Ferdinando Augusto (1810-1865), fu militare e deputato di Cuorgné alla Camera del Regno di Sardegna e poi del Regno d’Italia rispettivamente nella quarta e nell’ottava legislatura.
In giovanissima età Pier Dionigi seguì a Roma il padre. Tornato a Torino dopo il 1815, vi compì gli studi universitari e si legò in stretta amicizia con Vincenzo Gioberti, suo quasi coetaneo. Insieme a Gioberti, animò alcuni circoli che, nel chiuso clima politico della Torino della Restaurazione, riaprirono gli spazi del dibattito letterario e filosofico.
Laureatosi a diciannove anni, nel 1823, si dedicò alla professione di avvocato a Torino ma, dopo l’arresto di Gioberti, avvenuto nel 1833, e la sua partenza per la Francia, si trasferì a Casale Monferrato, senza tuttavia rinnegare i suoi legami con l’ambiente torinese che continuò a frequentare assiduamente. Mantenne inoltre, per circa un quindicennio, un costante contatto epistolare con l’amico esule, tenendolo informato delle vicende di comuni amici e intessendo un dialogo anche su tematiche filosofiche e – per quanto consentito dalle maglie della censura – politiche.
Dal 1836 collaborò agli Annali di giurisprudenza, il principale periodico giuridico del Piemonte subalpino, per il quale scrisse numerosi articoli e note a sentenza, in ambito prevalentemente civilistico.
Dopo un viaggio a Parigi, compiuto fra settembre e ottobre 1841, si adoperò per il rientro di Gioberti in Italia, confidando nel progressivo aprirsi di qualche maggiore spazio per l’azione politico-culturale. Promosse anche una sottoscrizione per una nuova edizione delle opere di Gioberti che ebbe un notevole successo e consentì al filosofo di godere, dopo molti anni, di una reale autonomia finanziaria. Il 24 settembre 1845 perse la moglie, Marianna Prato, appena ventisettenne, con la quale aveva da pochi mesi avuto una figlia, Angela.
Come altri membri dell’élite subalpina, Pinelli riservò molta attenzione ai temi della modernizzazione economica e agricola, alla quale dedicò, nel 1846, un appassionato intervento, il Progetto d’una grande associazione italiana per la bonificazione dei terreni incolti in tutta la penisola (in Antologia italiana. Giornale di scienze, lettere ed arti, 1846, vol. 1, pp. 428-437). Il 21 gennaio 1848 fondò il settimanale Il Carroccio, di cui fu direttore per alcuni mesi. Il periodico, di orientamento liberale moderato, ebbe la collaborazione di diversi esponenti politici piemontesi, come Filippo Mellana, Giovanni Lanza e Carlo Cadorna.
Alla fine di agosto 1847, fu vicepresidente del congresso generale dell’Associazione agraria subalpina che si svolse a Casale, in quanto direttore del locale comizio provinciale agrario, e sottoscrisse l’indirizzo con il quale si invitò Carlo Alberto a sostenere l’indipendenza italiana e a concedere la creazione della guardia nazionale. In quella fase dell’evoluzione costituzionale del Regno di Sardegna, Pinelli fu riconosciuto come figura di spicco. Dopo l’emanazione dello Statuto albertino, nel marzo 1848, accettò un posto di ‘primo uffiziale’ al ministero della Pubblica Istruzione. Politicamente, egli si collocava in un’area liberale moderata, strettamente monarchica e ostile alle forze democratiche.
Eletto deputato nella prima Camera subalpina alle elezioni del 27 aprile 1848, si schierò contro le ipotesi di istituzione di un’assemblea costituente per l’unione della Lombardia al Regno di Sardegna con l’opuscolo La mia opinione e un po’ di storia intorno alla discussione e alla votazione nella Camera de’ deputati sulle leggi per l’unione della Lombardia e delle provincie di Padova, Vicenza, Treviso e Rovigo agli Stati sardi (Torino 1848).
Entrò poi come ministro degli Interni nel governo Alfieri di Sostegno-Perrone di San Martino (15 agosto - 16 dicembre 1848), chiamato a gestire la drammatica fase politica seguita alla sconfitta di Custoza e all’armistizio di Salasco, che aveva imposto una battuta d’arresto alle speranze di allontanare gli austriaci dalla Lombardia.
Analogamente agli altri esponenti della Destra moderata, Pinelli riteneva che fosse del tutto illusoria una ripresa della guerra all’Austria senza l’appoggio della Francia. Questa sua posizione lo pose in urto politico e personale con il suo antico amico Gioberti, che si stava accreditando come leader della Sinistra e denunciò le ambiguità del governo nell’opuscolo I due programmi del ministero Sostegno (Torino 1848).
La rottura divenne presto definitiva e Pinelli non entrò nei successivi governi Gioberti (dicembre 1848 - febbraio 1849) e Chiodo (febbraio - marzo 1849), entrambi sostenuti dalla Sinistra. Alle elezioni del gennaio 1849 fu sconfitto a causa del prevalere dei candidati della Sinistra, ma poté rientrare alla Camera in un’elezione suppletiva del 21 marzo dello stesso anno. Assunse l’incarico di ministro dell’Interno nel dicastero del generale Gabriele de Launay (marzo - maggio 1849), che dovette gestire la drammatica fase seguita alla ripresa della prima guerra d’indipendenza, segnata dalla sconfitta di Novara e l’abdicazione di Carlo Alberto (23 marzo 1849). All’interno del governo De Launay, Pinelli fu la personalità di maggiore rilievo. Il suo ruolo nella repressione dell’insurrezione di Genova, insorta nell’aprile 1849, e la sua politica di stabilizzazione moderata lo portarono a scontrarsi duramente con la forte opposizione parlamentare della Sinistra e nuovamente con Gioberti che, dopo aver accettato l’incarico di ministro senza portafoglio, lo rimise polemicamente.
Pinelli fu confermato come ministro dell’Interno nel successivo governo presieduto da Massimo d’Azeglio, succeduto nel maggio 1849 a de Launay e, in questa veste, proseguì la repressione delle iniziative mazziniane. In ottobre però d’Azeglio gli chiese di rimettere il mandato, per favorire un accordo con la Sinistra di Urbano Rattazzi. La rimozione di Pinelli, peraltro, fu caldeggiata anche da esponenti del moderatismo subalpino come Camillo Benso di Cavour che, pur politicamente a lui vicini, lo ritenevano privo di tatto e di tattica parlamentare.
Dopo le elezioni del 9-11 dicembre 1849, che consolidarono la Destra liberale, Pinelli fu eletto presidente della Camera, il 29 dicembre 1849, con 79 voti su 125, segnando l’affermazione di una maggioranza moderata favorevole allo sviluppo delle istituzioni parlamentari nel solco di una rigida fedeltà allo Statuto.
L’anno successivo Pinelli giocò un ruolo importante nel contrasto con la S. Sede apertosi a seguito delle leggi Siccardi sulla separazione tra Stato e Chiesa e divenuto incandescente nell’agosto 1850, allorquando al ministro dell’Agricoltura e Commercio, Pietro De Rossi di Santarosa, furono rifiutati in punto di morte i conforti religiosi per non aver rilasciato una piena sconfessione delle leggi Siccardi e il governo piemontese reagì con provvedimenti di espulsione di ecclesiastici e l’arresto dell’arcivescovo di Torino, Luigi Fransoni.
Il 19 agosto 1850 Pinelli partì per Roma, insieme a Michelangelo Tonnello, per ottenere la rimozione di Fransoni. Nei colloqui con Pio IX e con la segreteria di Stato cercò di raggiungere una composizione pacifica ma, di fronte all’intransigenza del pontefice, rinunciò a proseguire le trattative e l’8 ottobre 1850 lasciò Roma, pochi giorni dopo che la magistratura piemontese aveva deliberato l’espulsione di Fransoni dallo Stato sabaudo.
Alla metà di aprile 1852 era malato e circolavano apertamente voci di una sua sostituzione sullo scranno di presidente della Camera bassa.
Morì a Torino il 22 aprile 1852.
Gioberti, che aveva già avviato la stampa di un opuscolo polemico contro Pinelli, l’Ultima replica ai municipali, decise, dopo varie incertezze, di far distruggere le oltre 1200 copie già pronte.
Fonti e Bibl.: Torino, Museo nazionale del Risorgimento, Carte Pier Dionigi Pinelli. Lettere di e a Pinelli sono inoltre conservate in diversi fondi dell’Archivio dell’Istituto per la storia del Risorgimento di Roma (http://www. risorgimento.it/php/page_gen.php?id_sezione=3&id_menu_sx=15, 10 giugno 2015). Inoltre: Memorie della baronessa Olimpia Savio, a cura di R. Ricci I, Milano 1911, pp. 124 s., 243; Lettere di Vincenzo Gioberti a P.D. P. (1833-1849), a cura di V. Cian, Torino 1913; Lettere di P.D. P. a Vincenzo Gioberti (1833-1849), a cura di V. Cian, Roma 1935; Il Regno di Sardegna nel 1848-1849 nei carteggi di Domenico Buffa, a cura di E. Costa, I-III, Roma 1966-1970, ad ind.; C. Cavour, Epistolario, V, Firenze 1980, ad ind.; VI, Firenze 1982, ad ind.; VII, Firenze 1982, ad ind.; C. d’Azeglio, Lettere al figlio, 1829-1862, a cura di D. Maldini Chiarito, Roma 1996, ad ind.; M. d’Azeglio, Epistolario (1819-1866), a cura di G. Virlogeux, V, Torino 2002, ad ind.; VI, Torino 2007, ad ind.; VII,Torino 2010, ad ind.; Epistolario di Urbano Rattazzi, a cura di R. Roccia, I, Roma 2009, pp. 35, 88-90.
P. Castiglioni, Cenni biografici di P.D. P., Torino 1852; Elogio biografico del commendatore P.D. P. presidente della Camera dei Deputati e primo segretario del Gran Magistero dell’Ordine mauriziano, Mondovì 1853; C. Boncompagni di Mombello, P.D. P. e Vincenzo Gioberti, Torino 1880; T. Sarti, I rappresentanti del Piemonte e d’Italia nelle tredici legislature del Regno, Roma 1880, pp. 663 s.; A. Bozzola - T. Buttini, Stato e Chiesa nel Regno di Sardegna negli anni 1849-50 e la missione Pinelli a Roma, in Il Risorgimento italiano, 1920, vol. 13, pp. 217-260; 1921, vol. 14, pp. 81-106, 294-375; A. Moscati, I ministri del ’48, Salerno 1948, pp. 181-192; M.F. Mellano, Il caso Fransoni e la politica ecclesiastica piemontese (1848-1850), Roma 1964, pp. 65 s., 214 s.; G. Martina, Pio IX (1846-1850), Roma 1974, ad ind.; R. Romeo, Cavour e il suo tempo, III, 1842-1854, Roma-Bari 1977, ad ind.; M. Brignoli, Massimo d’Azeglio. Una biografia politica, Milano 1988, pp. 179 s., 183 s., 200, 229, 235; M.C. Morandini, Educazione, scuola e politica nelle «Memorie autobiografiche» di Carlo Boncompagni, con l’edizione critica delle «Memorie», Milano 1999, pp. 55 s., 59, 62, 65, 91; Ead., Scuola e nazione. Maestri e istruzione popolare nella costruzione dello Stato unitario, 1848-1861, Milano 2003, pp. 192 s.; L’altro Piemonte e l’Italia nell’età di Urbano Rattazzi, a cura di R. Balduzzi - R. Ghiringhelli - C. Malandrino, Milano 2009, pp. 7, 99, 138, 204, 258; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/presidenti/pinelli-pier-dionigi (31 luglio 2015).