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PIEMONTE

di Giuseppe Caraci - Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)
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PIEMONTE (XXVII, p. 171)

Giuseppe Caraci

Estensione. - Il trattato di Parigi (10 febbraio 1947) ha imposto all'Italia la cessione di 670 kmq. di territorio piemontese nei settori del Piccolo S. Bernardo (3,22 kmq.), della Conca del Moncenisio (81,79 kmq.), della Valle stretta e M. Chaberton (47,07 kmq.), del Monginevra (17,09 kmq.) e della valle del Roia (520,83 kmq.). La superficie del compartimento è così diminuita da 29.357 a 28.687 kmq. Inoltre col decreto legge 7 settembre 1945 fu costituita la regione della valle d'Aosta (3262 kmq.; v. aosta, in questa App.) che forma ora una circoscrizione autonoma: rimangono al Piemonte, come unità amministrativa-regionale, 25.425 kmq. In tal modo il compartimento, che era al primo posto fra quelli italiani per estensione territoriale, passa al secondo (a poca distanza) dopo la Sicilia. Il numero dei comuni che era di 1070 alla data dell'ultimo censimento della popolazio1ie (aprile 1936), è tuttavia salito, nel giugno 1948, a 1159.

Ecco i dati complessivi della popolazione per il periodo 1936-1948:

Il movimento naturale della popolazione (medie annuali in ‰) nel periodo fra le due guerre, e dopo la seconda Guerra mondiale, è così sintetizzato:

Le cifre dell'ultima colonna sono le più basse fra quelle relative ai compartimenti italiani; essi esprimono un fenomeno di impoverimento, o stasi demografica, che si accentua fortemente nel dopoguerra.

Condizioni economiche (p. 179). - Ecco i dati statistici relativi alle principali culture pel triennio postbellico, confrontato col quadriennio prebellico:

La riduzione della produzione dei cereali tra i due periodi è dovuta maggiormente alla sensibile diminuzione dei rendimenti unitari che passano: per il frumento da 19,2 a 11,9 q. l'ha., per il granoturco da 26,2 a 15,3 q. l'ha., per il riso da 48,0 a 40,6.

La consistenza del bestiame quale risulta dal censimento 1942 rivela un aumento in tutte le voci, eccettuati gli equini (94,6 mila nel 1938; 84,6 nel 1942). I bovini contavano (1942) 1116,5 mila capi; gli ovini 157,0; i suini 219,4 e i caprini 98,2.

In progresso, negli anni anteguerra, l'industria; nel 1939 il Piemonte contava 110.800 esercizî industriali, con 604.137 addetti, di cui 480.313 operai: prevalevano le industrie meccaniche (11.037 esercizî con 142.903 addetti), alimentari (35.501 con 52.946 addetti), del vestiario e abbigliamento (21.356 con 41.121 addetti), del cuoio e delle pelli (9081 con 22.235 addetti), tessili (4789 con 143.739 addetti) e chimiche (6005 con 57.471 addetti).

Storia (p. 185). - L'opposizione al fascismo si accentuava particolarmente, anche in Piemonte, in alcune cerchie di intellettuali e di operai. Scontenti erano anche rimasti i Valdesi per il concordato; e preoccupata, di tanto in tanto, nelle ricorrenti tensioni con la Francia, la popolazione di questa regione di frontiera. Perciò la dichiarazione di non belligeranza fu bene accolta. Le forniture militari per l'interno e per l'estero diffusero nei centri industriali un certo senso d'euforia. L'annuncio della dichiarazione della guerra, le primissime per quanto insignificanti incursioni aeree notturne, le notizie dell'impreparazione militare rivelatasi sul fronte alpino, provocarono qualche turbamento ma seguì quasi subito l'armistizio con la Francia e solo qualche isolato allarme aereo ricordava l'esistenza dell'Inghilterra. Ma ben presto il Piemonte, zona di reclutamento alpino, dovette constatare dolorosamente il largo contributo di sangue cui era chiamato in Albania, in Libia, in Russia e quindi nella guerriglia in Croazia; cresceva il malumore dei ceti operai e piccolo-borghesi contro i borsaneristi, gli speculatori di guerra; i nuclei di antifascisti si collegavano nell'estate 1942 tra loro, prendevano contatti con quelli d'altre regioni d'Italia, si trasformavano in partiti clandestini. Il sentimento monarchico s'affievoliva: la coscienza popolare oramai non distingueva molto tra fascismo e monarchia, pur avversando quello e provando più compatimento che odio per questa. I bombardamenti nottuni del novembre-dicembre 1942 su Torino indussero una forte massa di cittadini allo sfollamento permanente o serale, accrescendo il disagio dei trasporti e dei lavoratori e abbassando il morale delle stesse popolazioni rurali o dei centri minori. Nel marzo 1943 s'ebbero gli scioperi alla Fiat di Torino. Il 25 luglio fu acclamato come la fine non solo del fascismo ma anche della guerra, che, invece, continuava aggravando il disagio dei lavoratori e degli sfollati (enormemente accresciutì dopo i bombardamenti notturni del luglio e dell'agosto 1943).

Al momento della pubblicazione dell'armistizio la 4a armata (gen. Vercellino) stava ripiegando dalla Francia verso il Piemonte attraverso le Alpi e la Liguria, ma i Tedeschi avevano preceduto i lenti movimenti italiani, e, tra il 9 e il 12 settembre, muovendo specialmente dalla Liguria, s'impadronirono dei centri militarmente vitali del Piemonte e di contingenti di militari che deportarono; quindi organizzarono a proprio vantaggio la macchina produttiva. Nelle città i gruppi politici si coordinavano: a metà ottobre già esisteva il CLN regionale a contatto con le bande partigiane, cui si tentava di dare una certa unità, pur tra diffidenze e in un ambiente difficilissimo. Ma, falliti i tentativi di organizzazione militare del gen. Operti (che disponeva della cassa della 4a armata), il timore delle deportazioni e delle coscrizioni e l'avversione al nazifascismo, avevano aumentato la consistenza delle bande costituitesi efficienti nell'Ossolano, in val Sesia (Moscatelli), nel Biellese, nella val di Susa, nelle valli di Lanzo e di Cuneo, nell'alta val Chisone già nell'inverno 1943-44 provocando i primi rastrellamenti e feroci rappresaglie su paesi come Boves e Giaveno. Il CLN diventava l'organo propulsore della resistenza civile e militare (v. resistenza, in questa App.). Gli operai fecero scendere la produzione industriale a livelli bassissimi, mentre l'aviazione alleata, in bombardamenti diurni, sovente molto approssimativi, batteva per lo più obiettivi civili e linee di comunicazione recando sensibili danni anche a città minori (p. es., Alessandria e Novara) e a centri isolati. Al principio del 1945 mentre il CLN regionale (in cui emergevano A. Ugolini, P. Greco, F. Antonicelli, E. Libois, P. Passoni, M. Andreis e V. Foa) si preparava a diventare giunta di governo, furono meticolosamente predisposti i piani per la insurrezione; a metà aprile s'ebbe lo sciopero generale "contro la fame e il terrore", dieci giorni dopo il piano E. 27 entrava in azione. Mentre le valli furono presto liberate, le distruzioni impedite e ostacolato il ripiegamento tedesco, Torino richiese tre giorni di lotta: alla fine, con la mediazione dell'Arcivescovo, i Tedeschi motocorazzati si ritirarono (28 aprile 1945) abbandonandosi alle consuete stragi (p. es., a Grugliasco), ma il 3 maggio anche il 75° corpo d'armata si arrese. Le sinistre, il 2 giugno 1946, contribuirono in modo determinante a dare una maggioranza di 311.584 voti a favore della repubblica (la D.C. ebbe 759.482 voti, il P.S.I.U.P. 601.896, il P.C.I. 447.698, l'U.D.N. 118.584, l'U.Q. 46.494, il P. d'A. 42.039, il P.R.I. 13.199) e confermarono le proprie posizioni nelle elezioni amministrative, mentre tutti i partiti subiscono una diminuzione più o meno forte a favore della D.C. nelle elezioni del 18 aprile 1948 (per la Camera dei Deputati: D.C.: 1.145.055 voti; Fronte democratico popolare: 761.130; Unità Socialista: 267.593; Blocco Nazionale: 62.187; M.S.I.: 18.380; P.R.I.: 9.431).

Danni di guerra ai monumenti e alle opere d'arte. - In complesso i danni subìti a causa della guerra dai monumenti del Piemonte non sono eccessivamente gravi. Oltre quelli subìti da Torino (v. in questa Appendice), che è stata la città più danneggiata del Piemonte, ad Alessandria sono state colpite l'abside e la Sacrestia della chiesa di S. Lorenzo, pregevole soprattutto per le sue decorazioni rococò, e, meno gravemente la settecentesca chiesa di S. Alessandro e quella romanica di S. Maria in Castello; a Felizzano la cappella del Cimitero decorata con affreschi del Trecento; a Mondovì la chiesa di S. Maria Maggiore, la cappella di S. Rocco e ad Alba il Duomo quattrocentesco.

Bibl.: C.F. Parona, Il Piemonte e i suoi paesaggi, Torino 1935; F. Sacco, Il glacialismo piemontese, in L'Universo, 1938, pp. 217-31, 337-52; A. Fossati, La popolazione piemontese in rapporto alle condizioni economiche del territorio, in Riv. di Polit. econ., 1939, pp. 51-65; V. Ciarocca, Tipi d'imprese agrarie del Piemonte e loro risultati economici nel quadriennio 1933-36, Torino 1939; F. Burzio, Piemonte, Torino 1939. V. anche resistenza. Per le opere d'arte v. M. Bernardi, Le opere d'arte italiane colpite dalla guerra. Il Piemonte, in Illustrazione Italiana, numero di Natale del 1945; E. Lavagnino, Danni di guerra ai monumenti dell'Italia Centrale e Settentrionale, in la Rass. d'Italia, settembre-ottobre 1947.

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