CROCE, Piede di
Locuzione che in senso stretto definisce ogni oggetto che serva a porre una croce sulla mensa dell'altare, in senso lato qualsiasi congegno con cui si possa fissare o portare una croce sopra o presso l'altare.Nelle fonti medievali i termini latini più frequenti per definire il piede di c. sono pes e basis, il cui carattere generico, in particolare nel secondo caso, mette in evidenza il fatto che esistevano tipi di piede di c. non specifici, per es. in forma di altare mobile, di cassetta per le reliquie o di pisside. Negli inventari i piedi di c. dovettero essere inclusi, in quanto oggetti con funzione subordinata, sotto la voce relativa alla croce d'altare, non di rado senza una specifica menzione. Le indicazioni relative a questi oggetti sono di regola assai concise, limitandosi alla loro menzione e all'individuazione del materiale.Mentre si ha notizia di una cospicua serie di piedi di c. perduti ma menzionati negli inventari dei tesori dell'epoca, si conservano solo pochissimi esemplari documentati dalle fonti dell'11°-13° secolo. Il numero dei piedi di c. citati nelle fonti è peraltro generalmente minore rispetto a quello delle croci e questo dato corrisponde anche al rapporto numerico fra le opere conservate: ca. settecento crocifissi della sola epoca romanica e meno di sessanta piedi di c. di tutto il pieno Medioevo. Nei manoscritti miniati e nelle opere di oreficeria sono invece rare le rappresentazioni di croci poste sull'altare per mezzo di un sostegno. Evidentemente la croce, ancora oltre il sec. 13°, non faceva necessariamente parte della caratterizzazione figurativa dell'altare e veniva piuttosto sostituita dal calice e/o dall'evangeliario. In ogni caso, i piedi di c. conservati non hanno nessun riscontro con il tipo di sostegno piramidale a più piani diffuso nelle rappresentazioni miniate; probabilmente si tratta in questo caso di un tópos formale, nella cui struttura riecheggiano i ricordi della grande croce gemmata del Golgota.A partire dal sec. 9° si trova nelle fonti l'ammonimento a porre sulla mensa solo ciò che è assolutamente necessario alla celebrazione eucaristica, segno che doveva essersi sviluppata una tendenza ad ammettere sull'altare anche altri oggetti, come per es. reliquiari e candelabri. È significativo in proposito che già nell'arte bizantina dei secc. 5° e 6° si trovino, nella combinazione della croce con il candelabro, anticipazioni formali del piede di c. del pieno Medioevo. Nel caso del c.d. arco di Eginardo (perduto e noto solo attraverso un disegno, Parigi, BN, fr. 10440, c. 45), realizzato su commissione del biografo e consigliere di Carlo Magno per la chiesa di S. Servazio a Maastricht fra l'823 e l'830, l'iscrizione che ne assicurava la destinazione a contenitore di reliquie e a piede di c. poté motivarne e legittimarne l'esposizione sull'altare insieme alla sua croce. Come caso eccezionale, ben lungi dalla regola, l'arco di Eginardo e la relativa croce potrebbero costituire un antecedente dell'uso, instauratosi solo a partire dalla fine del millennio, di collocare frequentemente una o più croci sulla mensa.Anche senza considerare queste prime forme di commistione tra il piede di candelabro e il piede di c., le strette analogie tra le due tipologie di oggetti, così come quelle evidenti per es. con alcuni reliquiari, si spiegano con l'affinità funzionale fra questi diversi arredi liturgici e con la loro prossimità all'altare o collocazione su di esso. Al di là di riferimenti diretti a modelli classici (per es. archi di trionfo, colonne monumentali), la loro struttura formale è spesso derivata dai prototipi tardoantichi dei candelabri e a volte deliberatamente vi si conforma. Si spiegano così anche le interferenze tra le forme e le incertezze nella denominazione tra i due oggetti, caratteristiche soprattutto della letteratura critica più antica. Inoltre candelabro e croce d'altare sono in relazione reciproca per quanto riguarda sia collocazione sia significato simbolico; nel pieno Medioevo tuttavia potevano trovarsi sulla mensa dell'altare anche singolarmente.I piedi di c. conservati si possono riportare a pochi tipi fondamentali, la cui forma si lega di regola anche a un significato per quanto riguarda la sfera dei contenuti. Il tipo a base quadrilatera permette, in quanto schema d'ordine geometrico-numerico, il legame simbolico con un'ampia serie di raggruppamenti a quattro, per es. con gli evangelisti, i fiumi del paradiso, le lettere di Adam, i bracci della stessa croce. A un'immagine del mondo ordinata regolarmente e razionalmente secondo misura e numero rimanda anche il tipo a base circolare, che ha la croce posta al vertice della copertura a calotta. Piedi di c. del tipo circolare e, ancor di più, triangolare mostrano direttamente la loro derivazione da modelli di candelabro. Il piede di c. di tipo architettonico associa elementi di città resa in forma sintetica al carattere sepolcrale del Golgota, luogo d'origine della croce. Tutti i tipi presuppongono, tanto nella forma quanto nel contenuto, la croce da essi sostenuta, costituendo sempre con essa un'unità.Le basilari affinità del piede di c. con l'iconografia dell'altare, in particolare dell'altare con la croce, lo fanno generalmente apparire come un prolungamento dell'altare stesso. A ciò corrisponde la funzione quasi di piede di c. che assume lo stesso altare, con la croce in medio ecclesiae. All'inverso il piede, particolarmente nel caso di un sostegno di una croce portatile, rispecchia la reale disposizione dell'altare rispetto alla croce. Dal sec. 11° l'unione fra altare e croce trionfale si allentò e crocifissi monumentali, spesso arricchiti di altre figure, vennero collocati in alto, in posizione dominante lo spazio della chiesa. Per contro, nella struttura iconologica complessiva una croce sulla mensa illustra, dalla prospettiva dell'altare, le relazioni fra sacrificio della croce e sacrificio della messa: da ciò emerge la valenza centrale, nel vero senso della parola, del piede di c. anche nella complessa interpretazione di un'iconografia in cui i significati si sommano.Si può individuare una generale tendenza di sviluppo iconografico in base alla quale si pongono cronologicamente all'inizio della serie delle opere conservate quegli oggetti che chiaramente rivelano un nesso fra l'altare e una croce trionfale posta nelle vicinanze su un alto sostegno, mentre alla fine della serie si trovano quei pezzi che testimoniano il dissolversi dell'unità fra tipo e struttura figurativa. Caratteristico di tale processo è a partire dal sec. 13° il tramutarsi del piede di c. da oggetto sempre più raramente correlato alla croce anche nel contenuto a oggetto in primo luogo funzionale e subordinato alla decorazione, di cui è esempio il tipico sostegno gotico.I piedi di c. conservati mostrano un'ampia gamma di tecniche e materiali, tuttavia non è possibile, basandosi solo sugli esemplari disponibili, comprendere appieno i complicati nessi di funzioni e significati propri di questa tipologia di oggetti. Sebbene la quasi totalità dei pezzi conservati sia in rame, bronzo od ottone, croci e relativi piedi dovettero certamente essere realizzati pure con altri materiali e anche da questo punto di vista sono evidenti le connessioni con oggetti di diverso tipo, per es. con pissidi, altari mobili o reliquiari. Inoltre proprio la relativa scarsità di sostegni di croci del pieno Medioevo conservatisi rende altamente probabile l'ipotesi che venissero eseguiti anche in materiali più deperibili, per es. pietra, legno, avorio, come del resto testimoniano le fonti. Gli esemplari superstiti, che per i secc. 11° e 12° risultano veramente eccezionali, crescono di numero a partire dal 13° secolo.
Bibl.: P. Springer, Kreuzfüsse. Ikonographie und Typologie eines hochmittelalterlichen Gerätes (Bronzegeräte des Mittelalters, 3), Berlin 1981; D. Kötzsche, Nordwestdeutschland, spätes 11. Jahrhundert Kreuzfuss mit auferstehendem Adam, in Ex aere solido. Bronzen von der Antike bis zur Gegenwart, a cura di P. Bloch, cat. (Münster-Saarbrücken 1983), Berlin 1983, pp. 62-64, nr. 37; id., Niedersachsen (?), 2. Viertel 12. Jahrhundert Kreuzfuss mit Erzengeln, ivi, pp. 64-66, nr. 38; Ornamenta Ecclesiae. Kunst und Künstler der Romanik, a cura di A. Legner, cat., 3 voll., Köln 1985: I, nrr. B57, C46, F19; III, nrr. H29, H34; O. ter Kuile, in Koper & Brons, cat., den Haag 1986, pp. 22-25, nrr. 15-16; R. Marth, Untersuchungen zu romanischen Bronzekreuzen. Ikonographie-Funktion-Stil, Frankfurt a.M.Berlin-New York 1988; Suppellettile ecclesiastica, a cura di B. Montevecchi, S. Vasco Rocca (Dizionari terminologici, 4), I, Firenze 1988, pp. 69-78; Das Reich der Salier. 1024-1125, cat. (Speyer 1983), Sigmaringen 1992, pp. 365-371.