PICCALUGA, Filippo in arte Nino
– Nacque a Casorate Primo, in provincia di Pavia, il 10 giugno 1890, e fu battezzato il giorno dopo nella parrocchia di S. Vittore, figlio di Luigi e di Maria Bettolino. La sua formazione avvenne negli ambienti musicali di Milano. Debuttò giovanissimo, a 18 anni, nell’ottobre 1918, al Politeama Duca di Genova della Spezia, Turiddu in Cavalleria rusticana, e nel gennaio 1919 fu Des Grieux nella Manon Lescaut al Teatro Coccia di Novara. Si produsse poi a Molfetta e Salerno, Loris in Fedora, per poi compiere la prima tournée all’estero, al Teatro Kedivale del Cairo, Dick nella Fanciulla del West, Cavaradossi in Tosca. Ritornato in Italia, in quello stesso anno cantò a Ravenna, Carrara e Faenza; e il 4 novembre 1920, al Comunale di Lugo di Romagna, tenne il ruolo eponimo nella prima assoluta dell’Aviatore Dro, opera futurista di Francesco Balilla Pratella, diretta da Pasquale La Rotella, prima donna (nella parte di Ciadi) Augusta Concato, ch’egli sposò il 15 settembre 1921 nella parrocchia di S. Eufemia a Verona.
Augusta Concato era nata a Verona nel 1895. Dopo gli studi con il soprano Amalia Conti Fioroni, debuttò al Sociale di Brescia nel 1918, Leonora nella Forza del destino, iniziando una brillante carriera, che si protrasse almeno fino alla metà degli anni Trenta. Comparve al Comunale di Bologna (protagonista femminile in Mefistofele di Boito, 1919; Dejanice di Catalani, 1920; La Leggenda di Sakùntala di Alfano, 1921), al San Carlo di Napoli (in Manon Lescaut e nel Tabarro di Puccini, 1927; Andrea Chénier di Giordano, 1928, che ripeté l’anno successivo con Loreley di Catalani, Maggiolata veneziana di Selvaggi, Cavalleria rusticana; poi ancora nel 1930 in Carnasciali di Laccetti, Madama Butterfly, Simon Boccanegra; nel 1931 nella Figlia del Re di Lualdi, La fanciulla del West, Un ballo in maschera; nel 1932 nella Fanciulla del West e nella Dafni di Mulè), alla Scala (nel 1922 nel Tabarro, ripetuto nel 1929 e nel 1924 con La leggenda di Sakùntala). Fu inoltre al Costanzi di Roma, alla Pergola di Firenze, al Regio di Torino e al Regio di Parma, si produsse in Spagna (Madrid e Barcellona), fu in Sudamerica e a Melbourne in Australia. Incise per Fonotipia e per Parlophon. Si segnalò soprattutto come valida interprete del repertorio del naturalismo italiano, cui si dedicò spesso con il marito.
Tra il 1921 e il 1922 Piccaluga fu a Milano, prima al Teatro dal Verme come Paolo nella Francesca da Rimini di Zandonai, indi alla Scala, dove nel 1922 fu Luigi nel Tabarro, a fianco della moglie, il falso Dimitrij nel Boris Godunov di Musorgskij, diretto da Arturo Toscanini, Giuseppe Hagenbach nella Wally di Catalani; nella stagione 1923/24 fu Des Grieux, ancora sotto la direzione di Toscanini, il Re nella Leggenda di Sakùntala diretta da Vittorio Gui, con la Concato protagonista. Vi tornò nella stagione 1931/32, Avito nell’Amore dei tre re di Montemezzi, poi nella successiva, Don Giovanni nella prima assoluta di Una partita di Zandonai e Principe Chovanskij nella Chovanščina di Musorgskij. Nel 1924 fu in tournée in Australia, cantando allo His Majesty’s di Sidney e di Melbourne e al Royal Theatre di Adelaide, Cavalleria rusticana, Madama Butterfly, Andrea Chénier, Carmen e La bohème. Nel 1925, dopo essere comparso al Politeama Verdi di Carrara e al Municipale di Reggio nell’Emilia, fu per la seconda volta in tournée in Sudamerica. Al ritorno nel 1926 fu la Politeama Verdi di Sassari con La Wally e Andrea Chénier, e quello stesso anno fu presente alla Salle Garnier di Montecarlo, Pinkerton nella Madama Butterfly, mentre al Liceu di Barcellona fu Paolo nella Francesca da Rimini, che ripeté l’anno successivo al Rossini di Pesaro. Nel 1928 fu per la terza volta in Sudamerica, producendosi al Colón di Buenos Aires con La bohème, Cavalleria rusticana e Loreley, e poi al Municipal di Rio de Janeiro, Don José nella Carmen. Tra dicembre 1929 e gennaio 1930 fu negli Stati Uniti, prima al Biltmore Theatre di Los Angeles, poi al Russ Auditorium di San Diego e al Columbia Theater di San Francisco, dove aggiunse al proprio repertorio Il trovatore. Tra il 1930 e il 1931 cantò principalmente in Italia, esibendosi tra l’altro al Teatro del Casinò di San Remo (Carmen), al Verdi di Trieste (Loreley), all’EIAR di Roma (Carmen), al Politeama Genovese (Pagliacci), al Verdi di Bolzano e al Civico di Merano (Il trovatore). Nella prima parte del 1932 fu in tournée in Olanda: al Carré di Amsterdam e al Groote Schouwburg di Rotterdam si produsse in Un ballo in maschera, accanto ai consueti ruoli del suo repertorio. Nella seconda parte dell’anno fu al Civico di Merano, al Cagnoni di Vigevano, alla Fenice di Venezia, Paolo nella Francesca da Rimini, e all’Alfieri di Asti. Nel 1933 fu la Politeama Estivo di Milano e all’Argentina di Roma, mente nel 1935 fu ancora in Olanda, poi rientrò in Italia, cantando di nuovo al Civico di Merano e al Sociale di Busto Arsizio. A metà degli anni Trenta si ritirò per motivi di salute.
Piccaluga morì a Milano il 3 febbraio 1973, nella Casa di riposo Giuseppe Verdi di Milano, mentre la moglie era deceduta a Carate Brianza nel 1964. Dal matrimonio nacque Luigi (Gigi) Concato, autore e chitarrista jazz. Il nipote, Fabio Concato, nato nel 1953, è oggi uno dei cantautori più apprezzati in Italia e nel mondo.
Le prime incisioni di Piccaluga furono realizzate per Columbia nel biennio 1919/20. Tra il 1921 e il 1922 per lo stesso marchio registrò un’altra serie di incisioni con pagine da Manon Lescaut, Pagliacci, Dejanice e La fanciulla del West. Nel 1922 lavorò per Fonotipia a Milano, includendo anche tre brani dall’Otello di Verdi, Esultate, Ora e per sempre addio e Niun mi tema. Nel 1925, a Milano, registrò per Columbia le due romanze di Cavaradossi nella Tosca, e nel 1928 per Odeon produsse una nuova incisione di Niun mi tema e per Fonotipia affrontò l’“Addio alla madre” della Cavalleria rusticana. Le ultime incisioni risalgono al 1928 per la Parlophon di Berlino e comprendono tra l’altro l’aria di Manrico (Ah! sì, ben mio coll’essere... – Di quella pira) nel Trovatore, l’aria di Riccardo in Un Ballo in maschera, gli unici documenti sonori di Piccaluga di Andrea Chénier, Carmen e Turandot, oltre al “Lied di Ossian” nel Werther di Massenet (Ah! non mi ridestar).
Voce franca e robusta, ben timbrata, dal colore intenso e tendenzialmente scuro, Piccaluga fu un buon esempio di quel tipo di tenore lirico-spinto di matrice verista che si impose a partire dagli anni Venti. In possesso di un’ampia regione centrale, di cui però non abusò, evitando fastidiose dilatazioni, Piccaluga disponeva di un buon registro grave e di una gamma acuta sicura, ben saldata al resto della voce e dotata di un certo squillo. Abbracciò il repertorio della Giovane Scuola, dal Puccini di Manon Lescaut, Tosca, La bohème, La fanciulla del West, Madama Butterfly, Il tabarro, al Mascagni della Cavalleria rusticana, al Leoncavallo dei Pagliacci, al Giordano dell’Andrea Chénier, al Catalani di Loreley e soprattutto della Wally, oltre allo Zandonai della Francesca da Rimini e alla Carmen di Bizet, che, cantata in italiano, come allora usava, era assimilata al repertorio verista.
Nel corso della carriera dovette misurarsi con altri tenori del calibro di Giovanni Martinelli, Aureliano Pertile, Francesco Merli, Galliano Masini – senza dimenticare dei fuoriclasse come Beniamino Gigli, che seguiva abitualmente il verismo, o Giacomo Lauri-Volpi, interprete di riferimento di numerosi titoli pucciniani, tra cui La fanciulla del West – pur senza porsi al loro livello sotto il profilo artistico e vocale. Piccaluga praticò un canto sanguigno e corrusco, poco attento alle sfumature e all’approfondimento del fraseggio. Fu tuttavia elemento utilissimo, come osservò il celebre direttore d’orchestra Gino Marinuzzi, capace di assicurare recite che incontravano il favore del pubblico. Tra le incisioni sono più convincenti quelle relative al repertorio naturalista: ma i suoi dischi assumono soprattutto il valore di documento di una grande voce e del gusto imperante nell’intervallo tra le due guerre.
Fonti e bibl.: Registro dei battesimi della Parrocchia di S. Vittore di Casorate Primo, v. XXXV, n. 67, p. 108; C. Marinelli Roscioni, Le otto stagioni di Toscanini alla Scala, Quaderni dell’I.R.TE.M., serie 5, 14, Roma 1993, pp. 232 s.; Gino Marinuzzi. Tema con variazioni. Epistolario artistico di un grande direttore d’orchestra, a cura di L. Pierotti Cei Marinuzzi, G. Gualerzi, V. Gualerzi, Milano 1995, p. 472; K.J. Kutsch - L. Riemens, Großes Sängerlexikon, IV, Bern - München 1997, p. 2732; P. Padoan, Voci venete nel mondo. I cantanti lirici veneti nella storia dell’opera e del canto, Taglio di Po, pp. 101 s.; G. Landini, N. P., note di copertina per N. P. in Il mito dell’opera, collana di CD, Bologna, Bongiovanni, GB1079-2, s.d.; Augusta Concato, in La voce antica, http://www.lavoceantica.it/Soprano/ Concato%20Augusta.htm (4 gen. 2016).