piante alpine
Sopravvivere alle quote più alte e in difficili condizioni
Piccole, striscianti, a cuscinetto e spesso ricoperte da una fitta peluria, le piante di alta quota – dette alpine dal nome delle nostre massime montagne: le Alpi – hanno adottato diverse strategie per sopravvivere negli ambienti dove mancanza d’acqua liquida, vento, neve e ghiaccio creano condizioni molto difficili per la sopravvivenza della maggior parte degli organismi
A partire da circa 2.000 m di altitudine, e procedendo verso le quote più alte, le condizioni climatiche dell’ambiente alpino (o più genericamente montano) si fanno via via più rigide. Negli ambienti montani le temperature vanno spesso al di sotto di 0 °C per lunghi periodi dell’anno, tanto che la quantità di acqua disponibile allo stato liquido è limitata per lo più al periodo estivo. Registrando, con appositi strumenti, la temperatura e l’umidità dell’aria nell’arco di 24 ore, si noterà che tali valori cambiano bruscamente dal giorno alla notte e nel corso della giornata. Questo soprattutto perché l’aria rarefatta consente alla luce del Sole di rimanere così intensa da riscaldare l’ambiente molto rapidamente.
È lo stesso motivo per cui quando una nuvola copre il disco solare o tramonta il Sole la temperatura a queste quote si abbassa bruscamente. Inoltre, in tali zone non è raro che spirino forti raffiche di vento, soprattutto sulle creste più alte.
Negli ambienti alpini, perciò, vivono esclusivamente alcune piante adattate a resistere in condizioni così estreme. Esse hanno solo 2 o 3 mesi a disposizione per emettere nuove gemme o rametti, fiorire, produrre frutti e semi. Alcune mantengono le loro foglie sotto la neve per tutto l’inverno in modo da avvantaggiarsi per la ripresa primaverile. Altre invece cominciano a fiorire quando sono ancora sotto la neve che le protegge.
Anche un occhio poco esperto sarà in grado di riconoscere le numerose strategie di sopravvivenza che questi vegetali adottano. Tra le altre c’è il nanismo: mano a mano che si sale, rododendri, mirtilli e ginepri, per esempio, diventano sempre più piccoli e più isolati tra loro fino a essere sostituiti da arbusti minuscoli e infine da piante erbacee che sono meno ostacolate nella loro crescita da acqua, vento, freddo e neve. Prevale inoltre la forma strisciante o appressata alla superficie delle rocce, come in alcuni salici, o quella ‘a cuscinetto’ di alcune piante associate insieme a formare piccoli e compatti cuscini verdi, come la Saxifraga. Entro il cuscino o a ridosso delle rocce si creano infatti ambienti più caldi e umidi, dove finiscono per accumularsi anche piccoli residui di suolo.
La Potentilla nitida è un altro esempio di pianta a cuscinetto che, come varie piante alpine, ha foglie ricoperte di peli che limitano la perdita dell’acqua. Secondo quanto riportato da una leggenda, è il colore rosa dei suoi fiori a provocare l’arrossamento delle cime dolomitiche al tramonto.
Passeggiando in montagna non è raro incontrare una piccola pianta arbustiva dai fusti striscianti che forma tappeti più o meno estesi appressati alla roccia. È il camedrio alpino (Dryas octopetala) che cresce anche nelle regioni artiche. Durante il Quaternario era ampiamente diffuso in Europa, come testimoniano i resti fossili. Si riconosce per le foglie di color verde scuro dai margini provvisti di piccoli denti e per i frutti raggruppati insieme in globi piumosi. Il suo nome latino suggerisce il numero di petali (otto) del fiore bianco, mentre al suo interno un anello arancione, ricco di sostanze zuccherine, fa capire che l’impollinazione è affidata a insetti (mosche, api e vespe), che sono attratti dal colore vivido.
Sempre ad alta quota sarà possibile incontrare anche la stella alpina (Leontopodium alpinum), piccola pianta della famiglia delle Composite, con foglie argentee e ricoperta interamente da una lanugine biancastra e vellutata. Bisognerà cercarla, ma solo per ammirarla, soprattutto nei tratti scoscesi, ripidi e pietrosi perché non è comune lungo i sentieri. La lanugine che la riveste forma uno schermo di protezione dalla luce intensa che limita soprattutto la quantità di vapore acqueo emesso durante la traspirazione.