PIANO
. Geometria. - È quella superficie la cui nozione astratta è suggerita alla comune intuizione da un qualsiasi specchio di acque tranquille, e che, insieme col punto (v.) e la retta (v.), costituisce il sistema degli enti fondamentali della geometria. Euclide, al principio del I libro degli Elementi, dopo avere chiamato "superficie" ciò che ha soltanto lunghezza e larghezza ('Επιϕάνεια δέ ἐστιν ὃ μῆχος καὶ πλάτος μόνον ἔχει), dice nel 7° dei suoi "termini" (ὅροι), che il piano è quella superficie che giace egualmente rispetto alle sue rette ('Επίπεδος ἐπιϕάνειά ἐστιν ἥτις ἐξ ἴσου ταῖς ἐϕ' ἑαυτῆς εὐϑείαις κεῖται). Di questa definizione, come dell'analoga definizione euclidea della retta (v.), altrettanto ambigua e oscura, sono state tentate, fin dai primi commentatori degli Elementi, svariate interpretazioni, su cui sarebbe inutile insistere. Piuttosto importa notare che qui si presenta una questione relativa all'infinità delle rette, che la definizione presuppone giacenti nel piano. Tale questione è più direttamente suggerita dalla definizione di piano, che già si trova fra quelle attribuite ad Erone e che fu poi ripresa, forse indipendentemente, da R. Simson: il piano è quella superficie, che è caratterizzata dalla proprietà di contenere per intero la retta che congiunge due punti quali si vogliano di essa. Ora K. F. Gauss osservò che questa definizione involge un postulato o un teorema, in quanto il piano già si ottiene proiettando una retta da un punto esterno. Fu perciò proposto di adottare, come definizione del piano, quest'ultima costruzione, cercando poi di dimostrare per una parte che la superficie così costruita risulta indipendente dal punto e dalla retta, scelti a base della costruzione, e, per l'altra, che ogni retta avente comuni due punti con codesta superficie vi giace per intero (proprietà fondamentale del piano). Le indagini istituite a questo scopo (A. L. Crelle, J. B. Fourier, F. Deahna, J. Bólyai e N. I. Lobacěvskij, G. Veronese), contribuirono dapprima a maturare e poi ad illustrare, sotto varî aspetti, quella moderna riforma del concetto stesso di "geometria razionale", che si riconnette all'esplicito riconoscimento della vanità logica d'ogni tentativo di definizione reale dei concetti fondamentali (in particolare di quello di piano) e della necessità d'introdurre codesti concetti (o altri da cui essi possano derivare logicamente) come primitivi, caratterizzandoli con un opportuno sistema di postulati (v. definizione; postulato).
Quando il concetto di piano si assume come primitivo (insieme col punto e la retta), i postulati, che lo caratterizzano, si riducono ai tre seguenti (di cui il primo - proprietà fondamentale - e il secondo riguardano le sue proprietà di appartenenza, il terzo le sue proprietà superficiali):
1. il piano contiene per intero ogni retta, che ne congiunge due punti; 2. tre punti non allineati determinano un piano e uno solo, cui essi appartengono; 3. ogni retta di un piano lo divide in due parti, in guisa che il segmento congiungente due punti di esso (entrambi esterni alla retta considerata) ha comune con codesta retta un punto, o nessuno, secondo che i due punti prefissati giacciono da parti opposte o dalla stessa parte rispetto alla retta.
La scelta dei concetti primitivi per la costituzione della geometria in sistema ipotetico-deduttivo presenta, almeno teoricamente, una certa arbitrarietà, per quanto essa poi risulti vincolata da considerazioni d'ordine didattico o, in senso largo, estetico. Fra i possibili assetti della geometria razionale, in cui il concetto di piano si fa derivare da altri concetti assunti come primitivi, basterà qui accennare al seguente: si adotta come primitivo il concetto di movimento rigido dello spazio in sé stesso, e si caratterizza l'insieme o gruppo (v.) di tutti i possibili movimenti con un conveniente sistema di postulati, nell'ordine di idee di H. L. Helmholtz e S. Lie; dopo di che i piani si possono definire come quelle superficie, che godono della proprietà di essere trasformate ciascuna in sé stessa da una doppia infinità di movimenti, fra loro a due a due permutabili (traslazioni).
Quando lo spazio sia riferito a un sistema di coordinate cartesiane x, y, z, il piano risulta definito come il luogo dei punti, le cui coordinate soddisfano un'equazione di 1° grado
dove a, b, c, d denotano quattro numeri, determinati a meno di un arbitrario fattore di proporzionalità.
I segmenti, che il piano sega sugli assi x, y, z, a partire dall'origine, sono dati rispettivamente da
sicché se il piano non passa per l'origine (cioè se non è d = 0) si può dare all'equazione (1) la forma (equazione segmentaria del piano):
Le reciproche cambiate di segno dei segmenti p, q, r, cioè le
si chiamano le coordinate plückeriane del piano (associate alle coordinate cartesiane x, y, z adottate per i punti); e, in forza della (1), la condizione perché un punto di coordinate x, y, z e un piano di coordinate u, v, w si appartengano, risulta espressa dall'equazione
la quale, per la sua simmetria rispetto alle due terne di variabili x, y, z e u, v, w, costituisce il fondamento analitico della legge di dualità nello spazio (v. dualità).
Quando le coordinate x, y, z sono ortogonali, i coefficienti a, b, c delle variabili nell'equazione (1) del piano sono proporzionali ai coseni direttori della direzione a esso perpendicolare o normale; e questi coseni direttori sono dati precisamente da
dove il doppio segno corrisponde alla libertà di scelta del verso positivo da assegnare convenzionalmente alla normale. Se ambo i membri della (1) si dividono per
e si pone
la (1) assume l'aspetto (equazione normale del piano)
dove ρ dà la misura (con segno) della distanza del piano dall'origine (considerata dall'origine verso il piano, in relazione al verso adottato come positivo sulla rispettiva normale).
Bibl.: F. Enriques, Prinzipien der Geometrie, in Encyckl. der math. Wiss., III A, B, i, Lipsia 1907; M. Zacharias, Elementargeometrie und elementare nichteuklidische Geometrie in synthetischer Behandlung, ibid., III A, B, 9, ivi 1913; U. Amaldi, Sui concetti di retta e di piano, in F. Enriques, Questioni riguardanti le matematiche elementari, 3ª ed., I, i, Bologna [1924].