piacimento
Termine del linguaggio letterario, documentato già nei poeti della scuola siciliana; in D. ricorre pochissime volte, con valori che si situano tutti all'interno dall'area semantica coincidente con quella del ben più frequente ‛ piacere ' (ovviamente sostantivo; v.), di cui è sinonimo.
In Rime XCI 41 il gran disio ch'io sento / fu nato per vertù del piacimento / che nel bel viso d'ogni bel si accoglie (che il Contini appunto spiega: " bellezza, come il corrente piacere ") si ha un esempio dell'accezione di p. considerato sotto il suo aspetto oggettivo di " cosa bella (che procura piacere) " e quindi di " bellezza " tout court, che è perspicua anche in un passo del Detto (quand'ella m'appare / sì grande gioia mi dona / … tant'ha in le' piacimento, V. 43.
Alquanto differente, ma sempre riferentesi all'ambito del godimento estetico, e quindi della ‛ bellezza ', è il caso di Cv I V 13 Quella cosa dice l'uomo essere bella, cui le parti debitamente si rispondono, per che de la loro armonia risulta piacimento, da confrontare con III XV 11.
Se l'accento si pone invece sull'aspetto soggettivo del ‛ piacere ' si arriva a stabilire un'equazione per cui ‛ ciò che piace ' è ‛ quello che si vuole ', ‛ quello che è gradito ', come appare da Fiore XIV 5 Pregher ti fo che ti sia piacimento, e Detto 44 Non so se piacimento / le fia ched i' la serva, mentre si ha un valore assoluto (libitum) in Cv I V 8 le scritture antiche... non si possono transmutare... che non avviene del volgare, lo quale a piacimento artificiato si transmuta (cioè viene " elaborato " secondo la volontà di chi l'adopera, cfr. ARTIFICIATO); lo stesso sintagma, con un valore ambiguo, in quantomolto più concreto, si ha in Fiore CCXIX 5 (uom che ti si'a piacimento).