piacere (verbo)
Si presenta con una notevole frequenza nelle opere di D., ivi compresi il Fiore e il Detto, e in particolar modo in quelle in poesia, nelle quali, al pari del sostantivo, costituisce uno dei termini-chiave. Per quanto concerne la morfologia, non si rilevano forme peculiari; al più, sarà da segnalare un caso come piacere' le, Rime CIII 65.
1. L'accezione più generale del verbo, e che si può considerare quella ‛ fondamentale ', in quanto tutti gli altri usi vi sono sostanzialmente riconducibili, è quella d'indicare la sussistenza di una " situazione psicologica di gradimento o compiacimento da parte del soggetto senziente " che deriva da un processo (che può variare da un polo puramente fisico-sensoriale all'opposto polo totalmente razionale-intellettivo) di accettazione di alcunché sentito come ‛ conforme ' (perché bello, buono, ecc.), e che di conseguenza assume la funzione logica di ‛ origine ' del processo stesso (e, sintatticamente, di ‛ soggetto ' del verbo).
Un'accezione così generale (e semanticamente poco specificata) si ritrova naturalmente in contesti propri dell'argomentazione filosofico - teologica, come per es. in Pg XVIII 20 L'animo, ch'è creato ad amar presto, / ad ogne cosa è mobile che piace, / tosto che dal piacere in atto è desto (perspicuo l'impiego assoluto del verbo, in concomitanza con il presente indicativo, qui ‛ atemporale-aoristico '); Pd VII 73 Ciò che da essa [la divina bontà] sanza mezzo piove / ... Più l'è conforme, e però più le piace; Cv III XV 11 la bellezza de la sapienza... resulta da l'ordine de le virtudi morali, che fanno quella piacere sensibilmente (da confrontare con Rime XCI 38 nullo amore è di cotanto peso, / quanto è quel che la morte / face piacer), e ancora PgXXVIII 91 Lo sommo Ben... solo esso a sé piace.
Assai più spesso il verbo viene usato con un riferimento nel tempo e nello spazio preciso e determinato, con un valore più concreto che può rendersi in senso generico con " essere, riuscire gradito ": Rime LXXXIII 26 lor messione a' bon non pò piacere, / perché tenere / savere fora; C 56, CIII 65, Rime dubbie I 14, XVI 15 Questa membranza, Amor, tanto mi piace / e sì l'ho imaginata, / ch'io veggio sempre quel ch'io vidi allora; Cv III Amor che ne la mente 27 Suo esser tanto a Quei che lel dà piace (ripreso in VI 9, dove poi si spiega che Dio ama più la persona umana ottima che tutte l'altre [§ 10], e in XIII 9); If XIV 133, XIX 111 fin che virtute al suo marito piacque (il verbo qui assume un aspetto durativo, piuttosto che puntuale, con un'estensione semantica da " essere gradito " a " essere praticato ", come anche in XXIV 124, e si confronti XXVII 82, in un'antonimia), e 121; Pg XX 28 Queste parole m'eran sì piaciute, / ch'io mi trassi oltre; XXIV 44 (causativo: " far piacere "); Pd X 105, XVI 119 L'oltracotata schiatta... / già venia sù, ma di picciola gente; / sì che non piacque a Ubertin Donato; XXIV 148 e 154, XXIX 92 (" quanto sia caro a Dio ", Sapegno), e XXX 72 L'alto disio che mo t'infiamma e urge / ... tanto mi piace più quanto più turge. Nel Fiore, quasi sempre con preciso riferimento realistico: CL 6 troppo più piacea loro quel torno; CLXXXII 3 'l cattivo... / sì crederà che 'l fatto su' ti piace; e ancora XXXVI 7, XLVI 6, 7 e 10, LIX 7, LXXXIX 7, CI 7, CVI 10, CXX 9, CXLII 14, CLXXIX 6, CLXXXIII 11, CCII 6; nel Detto (v. 145): su' comincio e fine / mi piacque e piacerà, / che 'n sé gran piacer ha.
Usato assolutamente, in Pg VIII 53 giudice Nin gentil, quanto mi piacque / quando ti vidi non esser tra ' rei, prende il valore di " essere contento (compiacersi) ".
1.1. Un'ulteriore specificazione del verbo in direzione oggettiva è quella di " essere, riuscire gradito " (detto particolarmente di alcunché di bello), e quindi " essere desiderato (per la propria bellezza) " - in quest'area si situa in particolare il participio ‛ piacente ', spesso attributivo -, come in Vv XX 5 10 e 11 Bieltate appare in saggia donna pui, / che piace a li occhi sì, che dentro al core / nasce un disio de la cosa piacente; XXVI 7 9 la donna mia... / Mostrasi sì piacente a chi la mira,/ che dà per li occhi una dolcezza al core (da confrontare col § 3), 12 10 e XXXVIII 1; Rime XC 58 non s'accorge ancor com'ella piace, / né quant'io l'amo forte (e si veda anche il v. 23); Cv II VII 5 ‛ soave ' è tanto quanto... abbellito, dolce, piacente e dilettoso (cfr. X 7 tre cose... massimamente fanno la persona piacente); Pg I 85 Marzïa piacque tanto a li occhi miei / ... che quante grazie volse da me, fei; Pd XI 84 Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro / dietro a lo sposo, sì la sposa piace; e infine XXXI 90.
Qui pure alcuni casi del Fiore e del Detto, con costante riferimento concreto: per il Fiore, cfr. CLXV 12 non vada troppo ritta né tro' china, / sì ch'ella piaccia a chi la terrà mente; / e se la roba troppo le traina, / levila un poco, e fiene più piacente; e ancora XIX 2 (la piacente, unico caso di sostantivizzazione del participio), CLVIII 2, CXCII 9, CXCIII 3, e anche CXLVII 14 e CLXI 14; per il Detto, cfr. i vv. 171 La sua piacente cera, 176 e 186.
2. ‛ Piacere ' prende spesso una connotazione d'intenzionalità sino a divenire una forma edulcorata (cortese-desiderativa) di ‛ volere ', che si ritrova naturalmente col congiuntivo ottativo Vn XXII 10 10 se venite da tanta pietate, / piacciavi di restar qui meco alquanto (e anche XLII 3, in una ‛ preghiera indiretta '); Rime L 12 se a voi convene / ad iscampo di lui mai fare impresa, / piacciavi di mandar vostra salute (perspicuo il passaggio semantico da " vi sia gradito " a " vogliate che " nel senso di " vi pregherei che "), e 14, LXVI 14; If X 24 O Tosco che per la città del foco / vivo ten vai così parlando onesto, / piacciati di restare in questo loco; XIII 87, Pg I 70, II 109 Se nuova legge non ti toglie / memoria o uso a l'amoroso canto / ... di ciò ti piaccia consolare alquanto / l'anima mia, e XXI 79; una costruzione analoga, in un certo senso ancora più ‛ cortese ', è quella con la ‛ preghiera sottintesa ' da una subordinata ottativa, parentetica o no, introdotta da ‛ se ': Rime LXX 2 Ditemel, s'a voi piace, in cortesia; Pg IV 85 se a te piace, volontier saprei, dov'è da rilevare la concomitanza del condizionale, e anche Detto 364 Ragion... se Dio piace, ad amo / ch'ell'aggia non m'ha crocco (in un sintagma ormai cristallizzato: cfr. B. Wiese, Altitalienisches Elementarbuch, Heidelberg 1904, 260; B. Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze 1963, 168), mentre sono abbastanza diversi If XIII 81 parla, e chiedi a lui, se più ti piace; XV 36, Pg V 59, e XXIV 139 S'a voi piace / montare in sù, qui si convien dar volta (analogo a If XXI 109); anche in Fiore XCIX 1, CXXXII 12, CXLVIII 11 e CXCVI 8.
Tali proposizioni ottative si possono trovare anche con l'imperfetto: Cv I III 3 piaciuto fosse al dispensatore de l'universo che la cagione de la mia scusa mai non fosse stata!, e IV XI 10 (da confrontare con Fiore LVII 7 Piacesse a Dio ch'i' v'avesse in gonnella).
Di qui si passa a ‛ piacere ' (sempre con il dativo del soggetto logico) col valore contestuale di " volere " (in senso assoluto), " stabilire (ad libitum) ", per cui è naturale che in molti casi il soggetto di questa volizione assoluta sia il ‛ Signore ' per eccellenza, cioè Dio: Vn XIX 8 25 Diletti miei, or sofferite in pace / che vostra spene sia quanto me piace / là 'v'è alcun che perder lei s'attende, e XXIII 1; If XXVI 141 a la quarta levar la poppa in suso / e la prora ire in giù, com'altrui piacque (stesso modulo in Pg I 133, per il quale i commentatori sono incerti nel riferire altrui a Catone ovvero a Dio; ancora com'a lui piacque in If XXXIV 70, riferito a Virgilio; a lei [Pd XXII 22], riferito a Beatrice; come le piace [If XV 96], riferito alla Fortuna, e come ti piace [Pd XXIV 38], riferito a s. Pietro, e anche in Fiore XVI 10; un po' diverso invece If X 5 O virtù somma, che per li empi giri / mi volvi... com'a te piace, / parlami; si confrontino gli usi analoghi del tipo quando le piace [Rime LXXX 18], riferito a una donna disdegnosa; quando vi piace, in uno scambio di battute tra il cavalleresco e il comico, in Fiore CCXX 12, e quando gli piacesse, riferito al dio d'Amore, in VIII 13); Pg II 95 quei che leva quando e cui li piace; Pd VI 23, XI 110, e XXIX 17 perché suo splendore / potesse... dir " Subsisto ", / in sua etternità di tempo fore, / fuor d'ogne altro comprender, come i piacque, / s'aperse in nuovi amor l'etterno amore (cfr. VII 30 al Verbo di Dio discender piacque / u' la natura... unì a sé in persona, per cui va istituito un confronto con eletto fu in quello altissimo... consistorio de la Trinitade, che 'l Figliuolo di Dio in terra discendesse, Cv IV V 3); qui anche Pd III 83 è formale a esto beato esse / tenersi dentro a la divina voglia, / per ch'una fansi nostre voglie stesse; / sì che... a tutto il regno piace / com'a lo re che 'n suo voler ne 'nvoglia; fondamentalmente analogo infine VII 47 a Dio e a' Giudei piacque una morte (il Sapegno parla di " intenzione "); ancora, nel Fiore, con una forte connotazione ironica, Or par che sia piaciuto al Salvatore / d'averci qui condotti (CXXXII 9), mentre sono senz'altro seri i casi di XLVII 9 e di CX 4 questo non piace a Dio né non n'ha cura; con altri soggetti, sempre in posizione di superiorità rispetto a D., come Beatrice: Vn XVIII 4 lo fine del mio amore fue già lo saluto di questa donna... che le piacque di negarlo a me, e Pd XIV 9 Beatrice, / a cui sì cominciar piacque; a Virgilio: If XI 112 'l gir mi piace, XIX 37 Tanto m'è bel, quanto a te piace (da correlare col se tu vuo' di Virgilio al v. 34), XX 57 un poco mi piace che m'ascolte (e anche If XXXIV 17, dove però il verbo s'interpreta meglio nell'area di " sembrar bene, opportuno ", per cui confronta più avanti).
Riferito a D. stesso, riassume la connotazione di volontà non assoluta, ma ‛ cortese ' e addirittura quasi scherzosa, in Rime CXIV 7 messer Cino... perch'i' ho di voi udito / che pigliar vi lasciate a ogni uncino, / piacemi di prestare un pocolino / a questa penna lo stancato dito, e anche, alquanto diversi, Vn XXXVIII 5 e Rime dubbie V 17; abbastanza particolare Pg XVIII 129 Io non so se più disse o s'ei si tacque / ... ma questo intesi, e ritener mi piacque (" Quasi dicat: hoc unum notavi, ut memoriam faciam ad arguendum violatores sacrorum ", Benvenuto).
Qui vanno pure gli esempi del Fiore, nei sonetti I 7, XIV 13, XLVIII 14, LXXII 10, CXCIII 9 e CCXXXII 4.
Sostanzialmente di ‛ cortesia ' (e quindi col valore di " desiderare ") sono i casi di Vn XVIII 2 domandai che piacesse loro (" cosa le donne desiderassero "); Rime XLII 9 Poi piacevi saper lo meo coraggio, / e io 'l vi mostro (da confrontare con Fiore LXXXVIII 1); e infine If V 94 Di quel che udire e che parlar vi piace, / noi udiremo e parleremo a voi (tutti i primi versi dell'episodio di Francesca sono pervasi da una raffinata cortesia che è allo stesso tempo commista alla preghiera più accorata).
Nell'area di p. inteso in. senso volontaristico rientra anche Cv II Voi che 'ntendendo 52 Amor, segnor verace, / ecco l'ancella tua; fa che ti piace, se, sulla base del confronto istituito da Barbi-Pernicone con le parole della Vergine al momento dell'annunciazione (" Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum ", Luc. 1, 38), va interpretato come " fa quel che ti piace " (si confronti il Dizionario del Battaglia, che³ 3.); si può anche intendere tuttavia " fa che ti piaccia " col senso di " ti sia gradita ", e allora andrebbe considerato sotto 1., ma pare ipotesi meno probabile.
3. Un valore intermedio tra l'oggettivo e il soggettivo è quello di " sembrare bene, opportuno ", come in Vn XXVIII 2 avvegna che forse piacerebbe a presente trattare alquanto de la sua partita da noi, non è lo mio intendimento di trattarne qui (e cfr. XXIX 4 questa [‛ ragione '] è quella ch'io... veggio, e che più mi piace); Cv I III 6 La ragione per che ciò incontra... brievemente or qui piace toccare (notevole l'omissione del soggetto logico), e If XXXIV 17 noi fummo fatti tanto avante, / ch'al mio maestro piacque di mostrarmi / la creatura ch'ebbe il bel sembiante (da rilevare la variante parve: cfr. Petrocchi, ad l.).
4. Il verbo può avere infine una successiva determinazione nel senso di " compiacere ", " fare l'altrui voglia ": se è dubbio il caso di Rime LXXXVII 17 Amor si metta per piacere altrui (" Qui piacere non è verbo, come crede il Giuliani ", Barbi-Pernicone), valgono invece gli esempi di Pg XX 2 contra 'l piacer mio, per piacerli, / trassi de l'acqua non sazia la spugna (da confrontare col miglior voler del v. 1); Pd VIII 38, e IX 14; assai interessante, per il riflessivo ‛ etico ', Pg XXVII 103 Per piacermi a lo specchio, qui m'addorno (" per avere complacentia di me quando io mi specchierò ", Buti); con tutt'altro ambito connotativo, Fiore CLXX 5 L'uom che si piace, fa gran scipidezza, mentre un po' differente è LXXXV 1 A me sì piace assai / che l'oste avete bene istabulita.
5. Per il caso di If V 104 Amor... / mi prese del costui piacer sì forte, che il Paparelli (Questioni dantesche, Napoli 1967), discostandosi dall'interpretazione tradizionale, ha proposto d'interpretare come forma verbale, si veda PIACERE (sost.).