Piacenza
Città di origine antichissima, fu una delle prime colonie romane, posta a difesa del passaggio sul Po che protesse validamente durante le varie incursioni barbariche. Dominata quindi dai Bizantini, passò in seguito sotto il potere longobardo. Fu poi sede di un comitato franco e, in epoca ottoniana, di un vescovo- conte: in questo periodo gradualmente, in P., vennero affermandosi le prime autonomie cittadine.
Durante le lotte per le investiture P. si affiancò al partito imperiale finché una rivolta popolare, che instaurò un governo autonomo, sia pure sotto l'egida vescovile, legò le sorti della città alla causa papale; fu infatti sede del concilio in cui Urbano II bandì la prima crociata (1095).
Agl'inizi del sec. XII il comune di P. appare già formato e in piena espansione nel contado. Durante le lotte dei comuni con Federico Barbarossa la città si affiancò alla Lega Lombarda e fu sede dei preliminari della pace di Costanza. Nel sec. XIII quindi il comune di P. gode della più piena autonomia, e continua la sua espansione combattendo con alterne vicende i comuni limitrofi; partecipa alla lega contro Federico II, subendo le rappresaglie imperiali dopo la sconfitta di Cortenuova. Dalla metà del sec. XIII si fanno aspre le lotte di fazione: si susseguono infatti prima il predominio ghibellino, poi, dopo la scomparsa di Manfredi, una fazione politica che aderisce al partito angioino, quindi le alterne riscosse dei fuorusciti finché, agl'inizi del sec. XIV, P. è sotto la signoria guelfa di Alberto Scotti, il quale deve combattere con i fuorusciti ghibellini aiutati da Enrico VII. Prevale lo Scotti, ma nel 1313 la città cade sotto la signoria di Galeazzo Visconti. Pur dopo molti contrasti, fomentati dallo stesso papa che voleva P. baluardo guelfo contro Milano, la signoria viscontea si affermerà stabilmente nella città.
Tranne il luogo del De vulg. Eloq., di cui v. oltre, nessuna menzione diretta di P. è dato rintracciare nell'opera dantesca, e, seppur probabile, non v'è prova di un soggiorno del poeta nella città emiliana. Qualche riferimento indiretto è stato sin troppo posto in rilievo: la vedova di Nino Visconti, Beatrice d'Este, era stata promessa a un figlio di Alberto Scotti, signore di P.; il padre di Venedico Caccianemico fu podestà in P. nel 1275, e furono podestà piacentini Corrado III da Palazzo e Catalano de' Malavolti. L'unica sicura tradizione legata al nome di D. è il lungo soggiorno in P. di un lontano parente, Lapo Alighieri, secondo due atti messi in luce dal Livi (D. a Bologna, Bologna 1921). Questo Lapo era figlio di Cione degli Alighieri, cugino del poeta, ed era stipendiarius del comune; sarà escluso con D. dall'amnistia di Baldo di Aguglione del 1311.
Lunga e fortunata fu la tradizione di studi danteschi in P., a partire da Filippo da Reggio (che si volle, invece, piacentino), il quale insegnò nell'università viscontea che ebbe sede in P., dal 1399 al 1402. Più tardi, nel sec. XVIII, si distinsero due studiosi piacentini, Salvatore Corticelli e Felice A. Franchi; nell'età moderna furono studiosi di D. alcuni notissimi letterati piacentini, anzitutto Pietro Giordani, e poi Ildebrando Della Giovanna, Egidio Gorra, Giuseppe Taverna, Luciano Scarabelli. Tra i dantisti del Novecento gioverà citare almeno i nomi di Stefano Bersani, Francesco Ercole, Vittorio Osimo, Giovanni Negri, Carlo Steiner; piacentino fu anche uno dei maestri della filologia dantesca, Mario Casella.
Nella biblioteca Comunale Landi Passerini è conservato uno dei più importanti cimeli della codicologia dantesca, il celebre codice Landiano, uno dei capisaldi del testo del poema (v. COMMEDIA: Tradizione del testo); nella Comunale sono anche due codici miscellanei, con frammenti del poema. Nel 1921, a P., è stata pubblicata una buona edizione della Vita Nuova, a cura di Costantino Ghelfi.
Bibl. - P. a D. nel 7° Centenario della nascita. Studi raccolti a cura della Sezione di P. della Deputazione di Storia Patria per le Provincie Parmensi, Piacenza 1967 (con scritti di E. Nasalli Rocca, C. Artocchini, E. Cremona, R. Schippisi, ecc.). **
Lingua. - I Placentini sono citati in VE I X 9 assieme ai Ferraresi per esemplificare le varietà linguistiche in atto all'interno di una stessa regione, qui la ‛ Lombardia ' (v.). L'esempio serve dunque a indicare l'estensione (almeno lungo uno degli assi) che D. attribuisce nel De vulg. Eloq., senza mai essere esplicito, a questa nozione geografica: è infatti probabile che (come per la Toscana, Siena e Arezzo) siano enucleati punti volutamente distanti se non proprio estremi della regione stessa. Essendo comunque che il Piemonte con ogni probabilità non fa parte per D. della Lombardia, e a sé sta anche la Marca genovese, o insomma la Liguria, ne viene che P. sarà stata scelta perché situata nel cuneo di confine con queste due regioni, come dall'altra parte Ferrara che confina con la Romagna.