Vedi PHOINIKE dell'anno: 1965 - 1965
PHOINIKE (gr. Φοινίκη, lat. Phoenice, albanese Finik)
Antica città dell'Epiro, fu identificata da L. M. Ugolini, presso il villaggio di Finik, a metà strada circa, tra Santi Quaranta e Delvino.
Essa, al dire di Polibio (ii, 8, 4), era la città più fortificata e più potente dell'Epiro. Le sue antichità comprendono due zone: quella dell'acropoli, sulla cima di un colle lungo e stretto, dalla caratteristica forma di carena di nave rovesciata, e il villaggio di Finik, posto ai piedi del colle stesso. Sul colle sono visibili le mura, appartenenti a tre cinte: quelle dell'acropoli, quelle dell'ampliamento dell'acropoli, e infine quelle della città fortificata. Sono costruite con grossi blocchi parallelepipedi, talora enormi o con blocchi quasi cubici o trapezoidali. Le mura si possono datare alla fine del IV e al principio del III sec. a. C. Nell'interno dell'acropoli si osservano resti di muri, sia greci che romani.
Nel villaggio sono incerti resti di muri greci. Numerosi, invece, i muri romani, incorporati nelle case moderne. Alcuni di essi sono in opus reticulatum e mattoni, altri in opus incertum: discendono fino all'età tardoromana. Alcuni monumenti e opere d'arte sono stati rimessi in luce dalla Missione Archeologica Italiana d'Albania, diretta da L. M. Ugolini, in due campagne di scavi, nel 1926 e nel 1927. Soprattutto si notano: 1) il thesauròs, costruzione appoggiata per tre lati a un cocuzzolo del monte, di forma rettangolare (m 4,65 × 3,50), con muri conservati per un'altezza massima di m 1,50. L'ingresso aveva due ante, una delle quali manca, e in età bizantina è stata ricostruita con pietre piccole legate con calce. La costruzione dell'edificio è in blocchi regolari, con specchiature, e spesso con bugne di presa; a quanto sembra, era ipetrale. Sul pavimento sono tracce di un lastricato, al centro è la colymbethra a forma di croce greca (attualmente distrutta dagli abitanti dei dintorni), per la trasformazione, in età bizantina, dell'edificio in battistero cristiano. A destra dell'ingresso è una lunga gradinata, della quale sono conservati tre gradini, il più alto dei quali, fornito di anathyrosis (piano di posa per un blocco superiore), mostra chiaramente di aver servito come base di un muro, quindi la gradinata stessa doveva essere usata come un sedile unito direttamente al tempio. Presso il thesauròs sono tracce di muri. 2) Cisterna A; è una costruzione trapezoidale, quasi quadrata (m 17,60 × 18,20 × 18,92), dell'altezza conservata di 4 o 5 metri. La parte settentrionale si addossa al colle, a S il muro è rinforzato da quattro pilastri o lesene. La struttura è in opera a sacco, rivestita in opus incertum, e fasce di mattoni. All'interno i muri sono intonacati in coccio pesto. Età: II-III sec. d. C. 3) Cisterna B; costruzione di forma quadrilatera un po' irregolare, ben conservata nella parte inferiore. I muri sono a blocchi trapezoidali o parallelepipedi non molto grandi, e di dimensioni variabili. Il pavimento è in mattoni, con pilastri, pure in mattoni, che dovevano sostenere una copertura. La costruzione originaria risale alla fine del V sec. a. C.; in età romana fu restaurata, vi furono aggiunti il pavimento, i pilastri e l'intonaco interno in cocciopesto. 4) Cisterna C; posta al disotto di quella A. È costruita con blocchi quadrangolari, o a sei lati. Assai mal conservata: V-IV sec. a. C. 5) Scala; è addossata al muro O della Cisterna C. Sono conservati cinque gradini, dell'altezza di m 0,25 e della profondità di m 0,40, molto rozzi. Il più basso ha una larghezza di m 1,70, l'ultimo è largo m 1,40. Questa scala, probabilmente non è molto posteriore all'età della Cisterna C. 6) Edifici minori. È stata scavata parte di un corridoio che immette in alcuni piccoli ambienti; inoltre sono stati rimessi in luce resti di vani in opera a sacco e opus incertum, alcuni muri, un basamento quadrato, e pochi resti di un acquedotto in mattoni. 7) Necropoli. Le tombe sono situate sulle falde meridionali e su quelle settentrionali del colle, in località Scarsela. Le sepolture sono a inumazione e a cremazione. Le prime comprendono tombe a cassa di lastre di forma regolare e levigate, tombe a cassa di rozze lastre, e tombe con protezione di tegoloni (a cappuccina). Quelle a cremazione comprendono tombe a cassa di tegoloni con urna fittile all'interno. Appartengono tutte all'età ellenistica. Le opere d'arte ritrovate a Ph. si riducono a un torsetto virile di tarda derivazione policletea e a una testa, pure maschile, dell'età degli Antonini.
Bibl.: Fonti: Strabo, VII, 324; Ptolomaues, III, 14, 7; Polybios, II, 5, 8; XXVI, 27; XXXII, 22; Hierocl. Synecdemos, 652; Procopius, De aedificiis, IV, i; Livius, XXIX, 12; F. Ch. Pouqueville, Voyage de la Grèce, II, Parigi 1920; W. M. Leake, Travels in Northern Greece, I, Londra 1835, p. 66 ss.; L. M. Ugolini, Albania antica, II, L'acropoli di Fenice, Roma 1932.