TOUCY, Philippe
(de). – Di origine provenzale, si stabilì nel Regno di Sicilia al seguito di Carlo I d’Angiò. Mancano notizie precise sulla famiglia di provenienza e se ne ignorano data e luogo di nascita.
Toucy fu soprattutto un alto funzionario e un militare di carriera. Il 9 giugno 1271, Carlo I lo nominò successore del grand’ammiraglio Guglielmo Stendardo e poi capitano generale di tutta la flotta del Regno e della Contea di Provenza.
Dai tempi dei Capitula federiciani (agosto 1239) la carica di grand’ammiraglio aveva una durata vitalizia e, almeno all’inizio, l’appartenenza familiare e il rapporto fiduciario e di vicinanza alla persona del re fu determinante per l’assegnazione. La scelta di Toucy dipese soprattutto da questo rapporto, più che da una competenza strettamente professionale; il documento in cui nel luglio del 1274 Carlo I si premura di inviare un tal Franceschino Grimaldi di Genova a bordo della flotta, impegnata nella campagna in Acaia, sembrerebbe confermarlo. Carlo I era infatti del parere che Toucy potesse trarre beneficio dai sapienti consigli di Franceschino, essendo il genovese non solo uomo fidato, ma verosimilmente anche più esperto di cose marittime.
L’importanza dell’alta carica avvantaggiò economicamente Toucy. I capitula angioini sull’ammiragliato (27 marzo 1269) avevano infatti chiarito che spettava al grand’ammiraglio l’esazione dell’introitus marinarie Messane pari a 2000 tarì, e aggiungevano la possibilità per chi ricopriva l’ufficio di disporre di alcuni immobili nella città di Messina. I due introiti divennero puramente teorici dopo la guerra del Vespro (1282-1302), ma Toucy riuscì a beneficiarne durante il suo mandato.
Nei primi anni del dominio angioino infatti i capitoli furono rispettati, e gli emolumenti (100 salme annue di frumento e di vino, un’oncia d’oro al giorno da parte della Curia) erogati con regolarità. A ciò si aggiunsero altri introiti, in natura o commutati in denaro (derivanti dal diritto di prelazione su tutte le imbarcazioni vecchie inservibili alla navigazione e dall’equipaggiamento dismesso) e la disponibilità di un certo numero di valletti e inservienti.
L’esercizio di tutte le funzioni connesse all’ammiragliato, comprese quelle di esazione e prelievo (in tutta la sua giurisdizione, eccettuata Messina che già versava lo ius marinarie e ovviamente le località esenti), accompagnò Toucy per l’intera durata del suo mandato (1271-76). Nel 1271-72 Toucy prese anche parte a una delegazione che si recò a Tunisi con il compito di riscuotere il tributo dovuto alla Casa d’Angiò. La missione diplomatica si concluse con successo; con una parte del denaro riscosso il grand’ammiraglio pagò per conto di Carlo I una somma residua di 12.000 once d’oro al maestro Pierre de Auteuil, chierico e Secreto di Sicilia, e a Jean de Troussevache. In quegli anni furono numerosi anche gli ordini di allestimento ed equipaggiamento della flotta.
I mandati seguivano le varie necessità del Regno: dai servizi, per esempio, di supporto logistico nel trasferimento a Corfù del capitano dell’Isola, Giordano Sanfelice e del suo seguito, e di Guiart d’Argenteuil, castellano del Castello nuovo di Corfù, e di sessanta suoi inservienti (1272-73), al trasporto di mezzi e animali in luoghi di destinazione extraregnicoli (come, per esempio, quello di quaranta cavalli a Symia, in Asia Minore, o a Zara, in Dalmazia); o ancora dall’allestimento di galee regie di stanza nei porti pugliesi al loro utilizzo nel trasferimento di prigionieri greci dal porto di Valona, in Albania, al porto di Brindisi (1272-73).
Toucy prese in effetti parte attiva ai progetti angioini di espansione in Acaia. Nell’ambito di tali operazioni nel corso del 1273 chiese e ottenne da Carlo I di avere tra l’equipaggio un notaio, Luca di Giovinazzo, già notaio dell’armata, così come pure chiese di effettuare per il tramite dell’erario dell’oste in Albania, Jean de Congey, la contabilità di quanto era stato impiegato e assegnato nell’allestimento della flotta di supporto alla campagna militare in Acaia. In questo contesto, Carlo I impose a Toucy un costante rapporto con i tesorieri Bertold de Courtlieu e Jean Armentières, preposti al controllo delle spese militari.
A loro Toucy faceva pervenire le richieste per l’allestimento e il mantenimento della flotta, gli ordini di pagamento dell’equipaggio e ogni altra ragionevole richiesta sorta durante le operazioni militari, incluso ciò che egli poteva personalmente richiedere in qualità di grand’ammiraglio. Il dettaglio della spesa quotidiana veniva registrato su due quaderni simili, uno dei quali con sigillo dei tesorieri veniva trattenuto da Toucy.
Nell’operato di Toucy degli anni Settanta, significativa fu anche l’attività di giurisdizione militare: procedette contro l’insubordinazione e la diserzione di marinai e controllò l’operato dei soldati-marinai saraceni ingaggiati tra l’equipaggio (1273). Esercitò, inoltre, le facoltà di districtio per quei mercanti che si erano resi responsabili di reati: Carlo I gli ordinò, per esempio, di arrestare tale Pietro de Vico, di Zara, e un Francesco di Barletta, entrambi latitanti, responsabili di una truffa ai danni del miles Geoffroy de Milly. Quello di Toucy fu però anche un potere concorrente nell’ambito dell’amministrazione.
Non mancarono i conflitti di autorità e di competenze con altri funzionari. Il 22 luglio 1274, Carlo I scrisse infatti a tutti gli ammiragli della flotta, ai protontini, ai comiti, alle figure professionali variamente imbarcate, ai marinai e a tutte le persone presenti nell’oste, tanto del Regno di Sicilia, quanto della Contea di Provenza, di obbedire al grand’ammiraglio e capitano generale Toucy. In particolare vi furono problemi con gli ammiragli di Marsiglia e Nizza (la cui giurisdizione veniva comunque mantenuta) a proposito delle flotte allestite per contrastare la pirateria genovese.
Sin dai primissimi anni Settanta, il rapporto fiduciario con il re e la partecipazione alla conquista angioina avevano favorito il consolidamento della posizione di Toucy come signore feudale del Regno, radicato in Puglia.
Il 2 maggio 1271 aveva ottenuto la terra di Nardò, i casali di Fulcignano (diruto, presso Galatone), di Segine, di Belvedere (oggi, Bosco di Belvedere) con relativo palazzo, e di Torricella; rimasero esclusi dalla concessione i diritti feudali sul litorale e sulla costa. Successivamente, nella primavera del 1273, parte di questi beni furono rassegnati alla Curia regia, ma Toucy ricevette in cambio le terre feudali del deceduto Anselme de Toucy, signore di Mottola, di Ceglie Messapica, di Soleto e di Galatina. Si aggiunsero anche i beni di Giurdignano, Palmariggi, Maglie, Giuggianello, Morigino (ora frazione di Maglie) e Serrano (ora frazione di Carpignano Salentino). Il casale di Fulcignano venne invece permutato con le terre di Campana, nel giustizierato di Val di Crati, mentre il bosco e il palazzo di Belvedere e Torricella rimasero in capo a Toucy anche dopo un contrasto con Simon de Beauvoir, signore di Martignano. Insieme alle terre di nuovo acquisto, Toucy continuò a mantenere anche i possedimenti d’Oltralpe, soprattutto in Borgogna, dove la moglie Pontia gli aveva portato in dote alcuni beni, tra cui il castello de La Roche di incerta localizzazione.
Agli inizi di aprile del 1272, la Curia regia registra una controversia di Toucy con l’abate del monastero di S. Maria de Valle Iosaphat di Messina. Toucy aveva spogliato il cenobio dei diritti su un mulino e un contiguo boschetto, ritenendo che gli spettassero in ragione dello ius Ammiratiae. Un anno prima, era anche accaduto che Carlo I avesse richiamato Toucy perché insidiava Simon de Beauvoir, signore di Martignano, nella difesa della foresta e del palazzo di Belvedere. A Simon era stata inizialmente affidata la custodia del palazzo, ma Toucy ne era diventato feudatario, insieme ad altri beni. Ciò aveva fatto sì che i due si fossero molestati a vicenda, sin quando Carlo I aveva ordinato nel settembre 1273 a Simon de Beauvoir di non insidiare oltre Toucy nel possesso dei casali di Belvedere e di Torricella. Il 18 agosto 1272, Carlo I era anche intervenuto ordinando al grand’ammiraglio di restituire una tarida sequestrata al nocchiere Giovanni Lissaro di Venezia e pretesa invece da Toucy in ragione del diritto di prelazione sui naufragi.
Lungo tutti questi anni, Carlo I tentò di realizzare un generale controllo economico sull’ammiragliato; controllo che rispondeva anche a un’esigenza politica per porre rimedio ai consueti ritardi e inadempienze nell’ultimazione delle opere nei cantieri navali.
Richieste di rendicontazione finanziaria aveva indirizzato a Toucy già dall’estate del 1271 e un’altra ancora la chiese nella primavera del 1273 a Bertold Courtlieu, tesoriere dell’armata, circa le somme percepite dal grand’ammiraglio per pagare i dieci inservienti previsti nei Capitula Ammiratiae.
Alla messa a punto di questo complesso e articolato sistema militare e amministrativo fu dunque legata per alcuni anni la figura di Toucy, che morì in un luogo non noto, prima della fine del 1276 (probabilmente nel mese di novembre) o comunque prima del 12 gennaio 1277.
Philippe aveva sposato Pontia, della famiglia de la Roche, da cui ebbe due figli, Narjaud (v. la voce in questo Dizionario) e Oddo. Suoi consanguinei furono anche il citato Anselme e un Eudes de Toucy.
Fonti e Bibl.: I Registri della Cancelleria angioina, a cura R. Filangieri, I-L, Napoli 1950-2010, ad indicem.
C. Minieri Riccio, Cenni storici intorno i grandi uffizii del regno di Sicilia durante il Regno di Carlo I d’Angiò, Napoli 1872, p. 25; P. Durrieu, Les Archives angevines de Naples. Étude sur les registres du roi Charles Ier (1265-1285), II, Paris 1887, pp. 191, 223, 230, 245, 390; L. Cadier, Essai sur l’administration du royaume de Sicile sous Charles Ier et Charles II d’Anjou, Paris 1891, pp. 178, 184-186; J. Göbbels, Das Militärwesen im Königreich Sizilien zur Zeit Karls I. von Anjou (1265-1285), Stuttgart 1984, pp. 180, 182-184, 191 s., 197; B. Pasciuta, Ammiraglio, in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, I, Roma 2005, pp. 32 s.; R. Lamboglia, La magistratura del Grand’Ammiraglio in età primo-angioina tra «tradizione», «innovazione» e «professionalizzazione», in Les grands officiers dans les territoires angevins – I grandi ufficiali nei territori angioini, a cura di R. Rao, Roma 2016, pp. 84 s., 91, 99 s., 105 s., 111 s., 117 s., https://books.openedition.org/ efr/3045 (19 novembre 2019).