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COMMYNES, Philippe de

di Federico Chabod - Enciclopedia Italiana (1931)
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COMMYNES, Philippe de

Federico Chabod

Nacque probabilmente nel 1447, nel castello di Renescure, presso Hazebrouck (Fiandra). Entrato, nel 1464, nella corte di Borgogna come scudiero di Carlo, allora conte di Charolais, continuava fino al 1472 nei suoi servizî presso il borgognone: prendendo in tal modo parte alla Lega del bene pubblico contro Luigi XI, alle lotte di Carlo contro Liegi, assolvendo missioni diplomatiche a Calais, nel 1470, in Bretagna e in Castiglia nel 1471. Ma già nel 1468, durante il convegno di Péronne, egli aveva avvicinato Luigi XI, gli aveva anzi reso preziosi servizî, calmando l'irascibile Carlo e facendo - pare - pervenire al re virtualmente prigioniero consigli sul da fare. Infine, la notte dal 7 all'8 agosto 1472 abbandonava la corte borgognona, e raggiungeva il re di Francia, al cui servizio doveva rimanere per sempre.

Lautamente ricompensato dal suo nuovo sovrano (ne ebbe il principato di Talmont, larghe sovvenzioni in denaro, che gli permisero di acquistare nel 1473, al momento del suo matrimonio con Elena di Chambes, la signoria di Argenton, cariche pubbliche, rendite e signorie minori), C. si sdebitò tuttavia largamente, Assai caro a Luigi XI, nonostante brevi periodi di oscuramento nel favore regio, il C. gli servì infatti per delicate mansioni: sia negl'intrighi contro il duca di Borgogna, sia nelle trattative con gl'Inglesi, sia nei rapporti con gli stati italiani (veniva in Italia, la prima volta, già nel 1478). Ma la buona fortuna veniva meno con la morte di Luigi XI. Strettosi col duca di Orléans, in aperta opposizione alla reggente Anna di Beaujeu; compromessosi in un complotto, il C. veniva arrestato, rinchiuso per cinque mesi nel castello di Loches, processato e condannato nel 1489 a dieci anni di relegazione. E se la successiva riconciliazione tra il duca d'Orléans e Carlo VIII gli permetteva di rientrare a corte, di prender parte nuovamente alla vita politica del suo paese (p. es., alle trattative che condussero al trattato di Senlis), non gli riuscì tuttavia di riavere l'influenza di prima nella vita politica. Carlo VIII lo condusse seco in ltalia; si servì di lui soprattutto per trattare con Venezia; ma consigli ed esortazioni del C. - d'altronde avverso alla campagna d'Italia - cadevano spesso nel vuoto; e al vecchio consigliere di Luigi XI non mancavano invece fiere rampogne. Né l'avvento al potere di Luigi XII valse a ridargli fortuna: servì ancora in qualche occasione, ma la sua vita, più che da grandi incarichi . pubblici, fu riempita da piccole beghe private. Il 18 ottobre 1511, moriva, nel castello di Argenton.

Nel momento di forzato abbandono della politica attiva, C. aveva cominciato i Mémoires, redatti per la prima parte (libri I-VI) tra il 1489 e il 1491, e continuati poi per la seconda (libri VII-vIII) tra il 1495 e il 1498. Era una semplice esposizione di quanto C. ricordava, destinata, secondo egli dice, a servire all'arcivescovo di Vienna, Angelo Cato, per una storia latina di Luigi XI. Ne risultò invece l'opera più viva della storiografia francese del sec. XV. Non è che il C. sia già fuori senz'altro dalle concezioni medievali: se infatti per lui è ormai svanito l'ideale cavalleresco, che anima invece ancora i suoi contemporanei Chastellain e La Marche, per tutto quel ch'è visione d'insieme del mondo egli è invece pienamente penetrato dello stesso spirito religioso, talora quasi apocalittico, della storiografia medievale. La volontà di Dio signoreggia sempre. Ma sotto a questa vòlta uniforme e monotona, il C. scopre l'uomo e i motivi umani dell'agire: avvezzo al gioco diplomatico, sottile valutatore di uomini, quando si avvicina alla realtà di ogni giorno e penetra nella vita delle corti, nel groviglio degli eventi, dimentico quasi di Dio e delle leggi divine, si affisa in questo o in quel carattere, ne scopre l'intimo e lo rivela al lettore con uno stile privo di lenocinî letterarî, spesso incisivo e di grande efficacia rappresentativa. Nei peccati degli uomini si può bene rinvenire l'origine degl'improvvisi rivolgimenti che atterriscono gli uomini, quando C. si sofferma in considerazioni generali; ma quand'egli ritorna a narrare, non più i peccati o le virtù morali, ma gli errori o l'abilità dei principi spiegano le grandi catastrofi e le subite fortune. Nel centro dei Mémoires stanno cosi due figure: Luigi XI e Carlo il Temerario, giudicati non senza passione, ma nel complesso con un'acutezza di giudizio degna dei grandissimi storici fiorentini.

Anche come fonte d'informazione, i Mémoires hanno un valore assai notevole. Si è voluto insistere su errori di cronologia, su omissioni volute, di cui C. si sarebbe reso colpevole: ma in realtà le pecche non sono tali, né per numero né per importanza, da legittimare una critica negativa. Nemmeno lo si può accusare di eccessiva parzialità: se pure taluni giudizî severi sulla politica di Carlo VIII e dei suoi consiglieri siano da accogliere con certe riserve. Nel complesso, quindi, l'opera di C. rimane una fonte di primissimo ordine per lo studio della politica francese ed europea della seconda metà del sec. Xv.

Edizioni: L'Editio princeps, che contiene solo i primi 6 libri, uscì a Parigi nel 1524; i libri VII-VIII uscirono nel I528. Oggi, si deve rimandare soprattutto all'ediz. curata da B. de Mandrot, nella Collection de textes pour servir à l'étude et à l'enseignement de l'histoire, nn. 33 e 36, (voll. 2, Parigi 1901-1903); e anche a quella curata da J. Calmette, e basata su altro manoscritto, apparsa nei Classiques de l'histoire de France au Moyen âge (Parigi 1924-25, voll. 3). Ma si deve ricorrere ancora all'ediz. della Dupont, nei testi della Société de l'histoire de France (voll. 3, Parigi 1841-1848), per le copiose note storiche; e, pure, per i documenti aggiunti e le note storiche a quelle di T. e D. Godefroy (Parigi 1649) e di Lenglet-Dufresnoy (voll. 4, Parigi 1747).

Bibl.: J. de Kervyn de Lettenhove, Lettres et négociations de Ph. de C., voll. 2, Bruxelles 1867-74; W. A. Arnold, Die ethisch-polit. Grundanschauungen des Ph. von C., Dresda 1873; Ch. Fierville, Doc. inédits sur Ph. de C., Parigi 1881; A. Duméril, Comines et ses "Mémoires", in Annales de la Fac. de Bordeaux, VI (1885), pp. 93-146; V. L. Bourrilly, Les idées politiques de Commynes, in Revue d'histoire moderne et contemp., I (1894), pp. 93-123; B. de Mandrot, L'autorité hist. de Ph. de C., in Revue hist., LXXIII e LXXIV; A. Molinier, in Les sources de l'histoire de France des origines aux guerres d'Italie, V, Parigi 1904, p. 5-22. E, sempre, C.-A. Sainte-Beuve, Causeries du lundi, 3ª ed., Parigi 1857, I, pp. 240-259.

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de auditu locuz. lat. – Espressione corrispondente all’ital. «per sentito dire»: riferire de auditu. Anche, «per avere udito direttamente», nell’espessione giuridica testimone de visu et de auditu (v. de visu).
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